Ancora Osimhen a segno e il Napoli è volato via con l’undicesima vittoria di fila. Quantunque l’impressione sia stata quella di un maggior possesso palla del Napoli, l’unica emozione del primo tempo è stato il rigore prima dato e poi tolto alla squadra di Spalletti dopo un intervento basso di Rui Patricio su Ndombele. Una decisione “politica”, a nostro avviso, con la conferma che nel calcio oggi è tutto opinabile. La verità è forse che alle squadre importava soprattutto non soccombere. Nella ripresa qualche emozione in più. Osimhen ha buttato alle ortiche un’occasione d’oro prima di piazzare la palla della vittoria. Il successo del Napoli ha confermato la geografia dei primi posti. La capolista ha ribadito la propria supremazia e i giallorossi sono rimasti fra gli inseguitori, con prospettive limitate. Insomma per i partenopei l’avversario in primis è il Milan (-3), per adesso.
Mourinho, privo di Dybala, Celik, Zalewski e Vujnaldum, aveva schierato sin dall’inizio il rientrante Karsdorp a destra, Camara in mezzo e Spinazzola sull’out sinistro, Zaniolo e Abraham davanti. La scelta non ha pagato. Spalletti aveva confermato Juan Jesus e Olivera in difesa, mentre NDombele aveva rimpiazzato ancora l’infortunato Anguissa, davanti Osimhen, l’uomo del match, ancora una volta. In un Olimpico bollente d’entusiasmo (poco più di 61.000 spettatori), Il Napoli ha cominciato in avanti, ma i primi tiri sono stati di Zaniolo (alto) e Abraham (fuori). Si è andati avanti a sprazzi sui due fronti. Più foga che tecnica e sforzi per non lasciare spazi agli avversari. Sono la colonna sonora è stata alta. Un tentativo basso di Zielinski (parato), un tiro fuori di Lozano e poco altro. Al 38′ un intervento di Rui Patricio su NDombele in tuffo ha indotto Irrati a indicare il dischetto. L’arbitro, chiamato allo schermo dal VAR, si è rimangiato la decisione. Un modesto putiferio, con l’impressione che non fosse il caso di disturbare la quiete pubblica. Un primo tempo abbastanza deludente, insomma.
Nella ripresa, Rui Patricio ha dovuto deviare una bordata di Lozano. Spalletti ha inserito Elmas al posto di NDombele. Mourinho ha fatto entrare Belotti al posto di Abraham. Zaniolo ha portato qualche palla interessante in area, Osimhen si è mangiato una palla d’oro da destra. Spalletti ha fatto entrare Politano e Gaetano. Al 35′ il gol di Osimhen: Politano sulla destra all’attaccante che ha lasciato in surplace Smalling e con una sassata da destra ha cambiato la partita. I romanisti ci son rimasti male, ma il Napoli ha fatto di più e meglio. La rissa finale, come da copione: chi perde non ci sta. Nella mediocrità generale, Lozano e Zaniolo sono apparsi i meno addormentati, ma non ci sono state eccellenze, tranne Osimhen, che ha deciso la partita. Ora in Europa il Napoli dovrà rafforzare il proprio primo posto contro i Rangers, la Roma farsi largo in classifica superando i finlandesi dell’HJK.
Cori di discriminazione territoriale nei confronti di Napoli nel pre-partita dell’Olimpico da parte dei tifosi della Roma e ripetuti nel corso dei primi minuti del match. Sono stati intonati in almeno due circostanze dalla Curva Sud, sulla quale pende anche la diffida fino al 2 novembre decisa dal Giudice Sportivo per punire i cori e gli ululati razzisti rivolti ai milanisti Ibrahimovic e Kessie durante la gara della scorsa stagione contro i rossoneri all’Olimpico. La chiusura per un turno della Sud (coinciderebbe con il derby) scatterebbe qualora gli arbitri o gli ispettori federali segnalassero comportamenti analoghi durante la partita con il Napoli.
Campionessa in campo e fuori al punto da meritarsi l’appellativo di “leggenda”, come l’ha definita la Juventus. Sara Gama ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo, la calciatrice ha detto basta a 36 anni. Triestina come la mamma, ma con il sangue congolese di papà, ha annunciato il ritiro attraverso un lungo videomessaggio: “Oggi quel pallone lo calcio e lo lascio andare. Con orgoglio, con gratitudine, con il cuore pieno: è il mio addio al calcio giocato. L’amore per questo sport e per le sue persone resta con me per sempre” la frase per salutare tutti dopo due minuti di ricordi e di emozioni. Ha provato a racchiuderli in una clip da 120 secondi, ma la sua carriera meriterebbe ben più spazio: è iniziato tutto da Trieste alla Polisportiva San Marco, poi è stata una parabola crescente tra Tavagnacco, Chiasiellis, Pali Blues fino ad arrivare a Brescia e Paris Saint Germain. Nel 2017 ecco la chiamata della Juve. “Un club che ha fatto diventare realtà anche i sogni che non sapevamo di avere” l’ha descritta Gama, ma nel frattempo aveva già vinto uno scudetto, due Supercoppe Italiane e una Coppa Italia, oltre a un Europeo Under 19 con l’Italia.
Già, perché tra azzurro e bianconero, Gama sale davvero alla ribalta del calcio femminile e non solo. Oltre agli indiscutibili valori tecnici, la calciatrice ne ha anche umani, tanto da spendersi in prima persona per alcune grandi battaglie: ha mandato messaggi forti contro il razzismo, si è battuta per le tutele sociali e previdenziali del calcio femminile, è stata eletta vicepresidente dell’Aic nel 2020 e nel 2021 è entrata nella Commissione Nazionale Atleti del Coni. Così, il colosso di giocattoli Mattel l’ha addirittura inserita tra le 17 personalità femminili in occasione della “Giornata internazionale della donna” nel 2018, creando pure una bambola Barbie a lei dedicata. Sui social Gama ha ricevuto applausi e complimenti nel giorno del ritiro, poi c’è una lunga lettera della Juve: “Grazie per quello che ci hai insegnato e per tutto quello che hai fatto indossando la nostra maglia, la tua maglia. Sarebbe stato impossibile desiderare di meglio” l’omaggio dei bianconeri dopo 153 presenze e 12 trofei in otto anni insieme.
Una fuga che può portare allo scudetto, in una Napoli che esulta ma sta attenta alla superstizione, che celebra il successo e il primato solitario ma aspetta l’aritmetica prima di festeggiare. E’ trascorso così il lunedì successivo al 2-0 sul Torino che per gli azzurri ha significato la terza vittoria consecutiva, nella giornata segnata dallo stop dell’Inter che ha rimediato di contro la terza sconfitta di fila tra campionato e coppe. Risultati che segnano il sorpasso, con il Napoli che ora ha il pallino in mano a quattro giornate dalla fine del campionato con tre punti di vantaggio in classifica sui nerazzurri secondi. L’entusiasmo però può essere pericoloso come sottolinea su Instagram il capitano azzurro Di Lorenzo, che da napoletano adottivo scrive: “A meglio parola è chella ca nun se dice”.
‘La migliore parola è quella che non si dice’ è il proverbio partenopeo che accompagna e nasconde la parola scudetto, un sogno che sembrava impossibile e che invece ora diventa una meta a portata di mano. Perché le parole migliori oggi arrivano in campo dai giocatori di una squadra che il tecnico Conte ha saputo far crescere alla perfezione, con una rosa compatta, che sta dimostrando di saper affrontare al meglio anche le assenze e i cui talenti ormai hanno imparato alla perfezione il calcio della serie A.
E’ il caso di Scott McTominay, la nuova star della città, già ribattezzato dai tifosi ‘McFratm’, a indicare che lo scozzese ormai è sentito come un ‘fratello, uno dei loro, e che ieri ha siglato una doppietta arrivando a 11 gol in campionato, numero da capocannoniere tra i centrocampisti visto che ha superato la star del Milan Reijnders, fermo a 10. Lo scozzese ha imparato bene il calcio italiano, dimenticando le galoppate che faceva al Manchester United per specializzarsi nell’interdizione degli attacchi avversari e nell’inserimento nelle aree avversarie. L’ultima dimostrazione ieri contro il Torino quando è stato ancora una volta decisivo. E’ la nuova stella del centrocampo, in una città che per anni ha amato Hamsik, che adora Lobotka ma che ora sogna grazie a McTominay, l’uomo che trova i varchi nelle difese avversarie spesso ipnotizzate dai movimenti di Lukaku e Politano, in grado di aprire gli spazi giusti per gli inserimenti dello scozzese.
Il Napoli ha dimostrato di avere la pelle dura per puntare al titolo. Ora però bisogna continuare per le altre quattro partite, come ha sottolineato ieri Conte. La prossima è in casa di un Lecce che lotta per la salvezza, in uno stadio che ha messo in vendita 1075 posti nel settore ospiti e che sarà invaso dai tifosi azzurri residenti in Puglia e altre regioni vicine. Dopo i giallorossi le sfide contro Genoa, Parma e Cagliari. Nessuna partita di vertice, ma il pericolo resta vivo per una squadra che deve fare anche i conti con una rosa stanca, come dimostrato da Olivera e Lobotka che ieri hanno terminato la gara esausti. E risposte si aspettano anche da Buongiorno, che dopo il dolore alla coscia destra mette di nuovo in pericolo l’equilibrio della difesa di Conte.
”Se pensiamo da dove siamo partiti e guardiamo la nostra classifica a quattro giornate dalla fine del campionato dico che il lavoro della squadra e dell’allenatore è stato incredibile: se arriveremo in fondo sarà tutto merito loro”. A parlare è il direttore sportivo del Napoli capolista Giovanni Manna, premiato oggi a Coverciano come il migliore nel suo ruolo durante la manifestazione ‘Inside the Sport 2025’ promossa da Ussi e Mcl.
”Ringrazio chi mi ha scelto e voluto, per adesso siamo felici di quello che abbiamo fatto – ha aggiunto Manna – L’impegno della famiglia De Laurentiis è stato costante, il prossimo anno giocheremo la Champions e stiamo già programmando, il Napoli ha sempre investito nei calciatori anche se adesso siamo tutti concentrati sul presente”.
Sull’exploit di Mcominay che sta dimostrando di essere decisivo per la squadra e fra i migliori colpi di mercato il dirigente partenopeo ha dichiarato: ”Uno come lui non andava scoperto, sapevamo che era un calciatore importante, serviva solo metterlo al centro di un progetto preciso. Prima che guardi io un giocatore c’è un lavoro dello staff. La Premier è migliore campionato del mondo, con i calciatori migliori. Il livello è alto, c’è tutto, intensità, tecnica, tattica”.