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Economia

Il Governo salva la Popolare di Bari con decreto, ma Di Maio e Conte: fuori i nomi di chi ha preso i soldi

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Due giorni dopo arriva il salvataggio. Giuseppe Conte riconvoca i ministri del suo governo per approvare quel decreto da un miliardo sulla Banca Popolare di Bari che era stato stoppato da Matteo Renzi e Luigi Di Maio. E’ a rischio il “tessuto economico” della citta’ e della Regione, avverte il sindaco del capoluogo pugliese, Antonio Decaro. Varare il decreto prima della riapertura delle borse e degli sportelli, lunedì mattina, serve a mettere al riparo da rischi di liquidità.

E così Italia viva e Cinque stelle si presentano in Consiglio dei ministri: non si puo’ rischiare uno stop. Ma ne’ Renzi ne’ Di Maio depongono le armi, lo scontro tra i leader di Iv e M5s prosegue e rischia ancora di ripercuotersi sul governo, alla vigilia di un vertice assai delicato per la maggioranza. Per non avere sorprese, questa volta il testo del decreto viene distribuito ai rappresentanti di tutti i partiti molte ore prima del Cdm, convocato alle 21. “Stasera chiudiamo”, assicura Conte dopo aver assistito con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al concerto di Natale al Senato. Poi, con parole che sembrano voler rassicurare i cittadini ma anche i partiti di maggioranza, spiega: “Tuteleremo i risparmiatori e non concederemo nulla ai responsabili di quella situazione critica, auspichiamo anzi azioni di responsabilita’ a loro carico”. Di piu’: “E’ in gioco un tessuto produttivo in sofferenza. Faremo di necessita’ virtu’: rilanceremo quella che potrebbe essere la piu’ importante banca del Sud”.

Ma Iv e M5s alzano i toni su ogni dettaglio. Di Maio chiede di “nazionalizzare” la banca, dopo l’intervento pubblico. E torna a chiedere di portare in Cdm “i nomi dei prenditori vicini alla politica che hanno preso soldi e non li hanno restituiti”. Il Movimento si scaglia anche contro Bankitalia, Di Maio rilancia la commissione d’inchiesta sulle banche e chiede di avere i verbali delle ispezioni per sapere se, forse, ci siano stati “omessi controlli”. Gianluigi Paragone afferma che la Banca d’Italia ha sbagliato ad autorizzare l’operazione sulla banca spagnola Tercas “e i responsabili sono stati promossi”.

Nelle stesse ore i renziani, pur accettando di sedersi al tavolo dello stesso Cdm che venerdi’ avevano disertato, fanno le pulci anche il titolo del decreto per il salvataggio: “Si parla di ‘misure per realizzare una banca d’investimento’ – manco fossimo a Wall Street – mentre si sta ricapitalizzando la Pop di Bari. L’ossessione degli slogan deborda pure nei titoli”. “Siamo passati dalla “merchant bank dove non si parla inglese” (cit) dei tempi di D’Alema, alla investment bank”, ironizza Luigi Marattin citando Guido Rossi e tirando in ballo l’ex premier. Renzi, che in Aula al Senato lunedi’ pomeriggio tornera’ all’attacco sulla manovra e sulle banche, chiede le scuse degli alleati di governo: “Ci avevano rovesciato fango, ma avevamo ragione noi”. “Fare autocritica? Banca Etruria ha fatto perdere soldi ai risparmiatori e le banche venete furono ripulite con i soldi degli italiani e rivendute a un euro”.

A questo scontro assistono da Pd e Leu. E’ il segnale che gli alleati non intendono deporre le armi di quello scontro permanente che finora ha fatto fibrillare il governo su ogni tema. Lunedi’ alle 19, dopo il voto sulla manovra al Senato, e’ previsto un vertice a Palazzo Chigi per sciogliere i nodi giustizia (con il braccio di ferro tra M5s e Pd sulla prescrizione) e autonomia (Iv frena il testo del ministro Dem Francesco Boccia). Il Pd, messa in sicurezza la manovra, pretende chiarezza sui singoli temi. Se si riuscira’ o si precipitera’ verso un terremoto politico dopo il voto in Emilia, nessuno in maggioranza sa scommettere.

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Bankitalia,commissari affiancano cda Banca Credito Popolare

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La Banca d’Italia ha nominato due commissari per affiancare i vertici della Banca di Credito Popolare evitando comunqueil loro azzeramento e lasciando la gestione agli organi aziendali dell’istituto di credito di Torre del greco (Napoli). In particolare, come spiega una nota, la Banca d’Italia ha “adottato una misura di intervento precoce”, disponendo “la nomina di Francesco Fioretto e Dino Donato Abate in qualità di Commissari in temporaneo affiancamento al Consiglio di amministrazione attualmente in carica, a far data dal 10 maggio 2024. I due Commissari coadiuveranno gli organi sociali nella realizzazione delle iniziative funzionali al pieno ripristino di un’operatività improntata ai principi di sana e prudente gestione”. “La gestione della Banca di Credito Popolare rimane affidata agli organi aziendali. Banca di Credito Popolare prosegue la propria attività”.

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Economia

Il Btp Valore chiude con una raccolta di 11 miliardi

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La quarta edizione del Btp Valore chiude con 11,2 miliardi sottoscritti da parte dei risparmiatori, che portano il totale del titolo riservato al retail, e lanciato nel giugno 2023, a una raccolta totale di quasi 65 miliardi. Abbastanza per validare la strategia di puntare sulle famiglie italiane nel finanziamento del debito pubblico, anche se con un fisiologico calo delle sottoscrizioni rispetto al record dell’emissione di marzo.

Nell’ultimo giorno di collocamento la domanda è stata pari a 970 milioni per 34.857 contratti, che portano la quarta emissione, iniziata lunedì 6 maggio, a 11,227 miliardi di euro e 384.295 contratti totali. A marzo il totale era stato di 18,316 miliardi, a ottobre 2023 17,19 miliardi e al debutto in giugno 18,191 miliardi. Un calo, quello delle sottoscrizioni dell’ultima emissione ‘speciale’, da mettere in conto vista la scadenza ravvicinata alla precedente, dettata probabilmente di sfruttare la finestra di opportunità di tassi di mercato ancora attraenti per i risparmiatori, che lo saranno di meno con l’approssimarsi della riduzione del costo del denaro da parte della Bce a giugno. La soglia che, a fine 2022, una volta superata aveva innescato la corsa dei risparmiatori a sottoscrivere titoli pubblici era il 3% del Btp triennale, che ora si sta riavvicinando a quel livello. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva sottolineato il segnale di “fiducia” delle famiglie in vista della nuova emissione. “È un titolo che offre rendimenti interessanti, soluzioni interessanti con il pagamento degli interessi ogni tre mesi” – aveva detto Giorgetti – “il successo che abbiamo avuto fino a oggi testimonia questa fiducia. Questa è un’edizione straordinaria che non era prevista, ma vista la grande richiesta abbiamo deciso di replicare”.

L’aver superato i 10 miliardi, pur senza avvicinarsi al precedente record, rappresenta comunque un tassello della strategia che punta sul retail, rivendicata dalla premier Giorgia Meloni a gennaio, “auspichiamo che quelli che stanno messi un po’ meglio ci diano una mano a mantenere il debito italiano in mano italiana”. Per proseguire la strategia il Mef lavora dunque a costituire una curva di titoli dotata di sufficiente liquidità, una sorta di benchmark con obbligazioni che hanno il premio fedeltà (lo 0,8% del capitale investito per l’emissione appena conclusa) e lo step up: cedole che salgono nel tempo, nel caso dell’emissione di maggio dal 3,35% dei primi tre anni al 3,90% per gli ultimi tre. Tassi che offrono, rispetto all’emissione di marzo, qualcosa di più sul primo triennio (era 3,25%) e qualcosa di meno sui restanti tre anni (era 4%).

Una scelta – quella di pagare qualcosa in più in termini di rendimento, ma assicurandosi una platea di investitori aggiuntiva rispetto agli istituzionali – che visto il rientro delle prospettive d’inflazione costituisce una valida alternativa da offrire agli investitori retail rispetto al Btp Italia indicizzato all’andamento dei prezzi. E che aiuta in due direzioni: “dobbiamo rimettere gran parte del debito italiano in mani italiane”, aveva detto Meloni poche settimane fa. Più debito ai risparmiatori italiani vuol dire aver una base di investitori meno volatile – anche se più vulnerabile – se in futuro ci fossero scossoni. In secondo luogo, è un bacino in più cui attingere vista la mole imponente del debito da collocare quest’anno. Ben 360 miliardi di euro solo per il 2024, che da gennaio ad ora sono però già coperti per oltre il 40% grazie anche al contributo dei due Btp Valore collocati nel 2024 e, da ultimo, dell’emissione di Btp a tre, cinque, sette e 30 anni per oltre 9,25 miliardi.

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Imprese pronte a 1,6 milioni di assunzioni entro luglio

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Quasi 494mila assunzioni previste a maggio e in totale 1,6 milioni in tre mesi, fino a luglio: sono i contratti di lavoro che le imprese si dicono pronte a mettere sul piatto, anche in vista dell’estate. Una programmazione che, però, spesso continua a fare i conti con la difficoltà a trovare i profili richiesti: per il 48% dei posti disponibili già questo mese non è facile trovare candidati. Questo significa che circa 238mila posizioni rischiano di restare scoperte.

Lo scenario è delineato dall’ultimo Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Viaggia comunque su ritmi positivi la domanda di lavoro che risulta in crescita di circa 27mila unità rispetto a maggio 2023 (+5,8%) e di quasi 35mila sul corrispondente trimestre dell’anno scorso (+2,2%). Una crescita trasversale nel Paese, ma a fare da traino sono il Sud e le Isole che si presentano come l’area più dinamica con 140mila (+15mila, +11,9%) contratti attesi. Contratti che, nel complesso, sono di durata variabile: da oltre un mese al tempo indeterminato. La disponibilità di posti riguarda sia l’industria che in tutto programma più di 136mila entrate nel mese e oltre 410mila nel trimestre, sia le imprese dei servizi che sono alla ricerca di 357mila lavoratori a maggio e di circa 1,2 milioni fino a luglio.

E tra queste, complice l’avvicinarsi della stagione estiva, spicca la filiera del turismo: tra alberghi e alloggi in generale, bar e ristoranti, sono 119mila le opportunità lavorative offerte questo mese e 405mila nel trimestre maggio-luglio. Molte le offerte che arrivano anche dal commercio, con 69mila entrate programmate nel mese e 220mila nel trimestre. Ma i candidati non sempre sono disponibili. Resta infatti elevato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: a maggio è difficile da reperire il 48,2% dei profili ricercati. Sono diverse le figure quasi introvabili, ma tra le più ricercate ci sono gli operai specializzati, fabbri, saldatori, elettricisti, e i tecnici, ad esempio nel campo della salute.

Tra tutti, al primo posto, come segnala il Borsino delle professioni, si piazzano gli operai addetti ai macchinari dell’industria tessile e delle confezioni (il 78,9% è di difficile reperimento). Invece tra le professioni scientifiche e con elevata specializzazione il primato spetta agli ingegneri (il 58,8% di quelli richiesti non si trova facilmente).

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