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Cronache

Il comandante di Sophia,”senza navi meno sicurezza”

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“Con la nostra presenza garantiamo la sicurezza di un’area di interesse strategico non solo per l’Europa, ma soprattutto per l’Italia, che e’ in prima linea”. Nelle ore in cui si dibatte sulle sorti di Sophia, l’operazione militare ‘antiscafisti’ dell’Unione Europea, il suo comandante, l’ammiraglio italiano Enrico Credendino, non ci sta a farsi trascinare nel dibattito. Spiega di attendere l’evoluzione senza commentare, certo dei risultati ottenuti dal giugno 2015. E aggiunge un elemento di riflessione per chi mette in dubbio i vantaggi per l’Italia: meno navi nel Mediterraneo centrale significano meno sicurezza per l’Europa e, soprattutto, per il nostro Paese, che è il piu’ esposto. Possibili le infiltrazioni di terroristi? “Infiltrazioni dalla Libia non sono provate al momento – spiega -, e’ chiaro che senza le navi militari aumenta il rischio che arrivino non solo i migranti, ma qualcos’altro”.

Credendino ridimensiona anche le ricadute del caso apertosi ieri con la Germania: per ora i tedeschi restano, ma il previsto avvicendamento tra le due fregate Augsburg e Berlin e’ congelato, anche per una questione di costi, in attesa che si chiarisca “la situazione dei porti di sbarco e il futuro dell’operazione”. Nel frattempo pero’ “la Germania viene pienamente coinvolta” e resta lo staff attualmente presente, compreso il capo del team di pianificazione. E la missione continuera’ ad operare con due navi, la fregata italiana Luigi Rizzo, che e’ la nave ammiraglia, e una spagnola, sei velivoli e circa mille tra uomini e donne. Il dibatto sull’operazione, prorogata per tre mesi, fino al 31 marzo dal Consiglio europeo, deflagra alla vigilia del forum Shade Med, con il quale il comando dell’operazione convoca a Roma ogni anno i rappresentanti militari dei Paesi partecipanti, organismi come Europol e Eurojust, e organizzazioni umanitarie. C’e’ anche la delegazione tedesca e una rappresentanza della guardia costiera libica, il cui addestramento al pattugliamento e alle operazioni di ricerca e soccorso e’ uno dei compiti di Sophia. Niente, qui, lascia intravvedere aria di smobilitazione. “L’operazione – dice l’ammiraglio – ha funzionato ed e’ stato un esempio di coesione europea”, “ha senz’altro contribuito, anche grazie all’addestramento della guardia costiera e della marina libica, alla riduzione dei flussi migratori, dell’87% l’anno scorso rispetto all’anno precedente, del numero dei morti in mare, che nel 2016 sono stati oltre 4.500 mentre nel 2018 1.305, ma ha anche contribuito ad aumentare la sicurezza nel Mediterraneo contrastando la rete criminale”: 151 sospetti trafficanti sono stati fermati in acque internazionali e consegnati all’autorita’ giudiziaria e 551 imbarcazioni degli scafisti neutralizzate.

Ma il numero che piu’ ricorre nelle dichiarazioni politiche e’ quello dei migranti salvati e fatti sbarcare in Italia: sono circa 45mila, il 9% dei migranti recuperati nel Mediterraneo in tre anni e mezzo dai vari soggetti presenti in mare. Nel 2018 sono stati circa 2.200, piu’ o meno la stessa percentuale, come fanno notare al comando, segno che l’operativita’ non e’ cambiata. “Nel mandato di Sophia non c’e’ il soccorso, che e’ invece un obbligo internazionale, e viene fatto da tutte le navi che sono in mare. Io ho impiegato le navi non per fare i soccorsi ma per i compiti assegnati a Sophia. Ma se Sophia avesse avuto nel suo mandato il soccorso – dice orgoglioso il comandante – ne avrebbe soccorso 500mila, non 45mila”.

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Il divorzio Totti-Blasi, affido condiviso per i Rolex

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Adesso è definitivo: nel divorzio tra Francesco Totti e Ilary Blasi i quattro Rolex della discordia saranno in ‘affido condiviso’. Cioè i preziosi orologi rimarranno nella custodia della conduttrice, ma anche l’ormai ex marito potrà utilizzarli. Insomma: i due dovranno mettersi d’accordo. A deciderlo è stato il Tribunale Civile di Roma, che ha confermato quanto era già stato deciso in via interlocutoria nel 2023, mettendo fine, almeno per ora, a uno degli aspetti della separazione della coppia vip che più aveva fatto discutere gli appassionati di gossip.

Si parla di quattro Rolex Daytona, del valore di circa 80mila euro. Dei veri gioielli, dunque, che inizialmente erano rimasti a Blasi dopo la fine della relazione con l’ex capitano della Roma. Totti, da parte sua, ne aveva chiesto la restituzione. Una vicenda che aveva tenuto banco sulla stampa specializzata, due anni fa, e che era stata alimentata anche dalle provocazioni reciproche dei due ex coniugi. Blasi aveva persino postato un video sui social in cui prendeva in giro l’ex e in cui si immortalava davanti al negozio della Rolex nel centro storico della Capitale. Per quella provocazione si vide recapitare anche una multa per la sosta vietata della sua Smart dalla polizia locale di Roma: 42 euro.

Poca cosa, in realtà, per la popolarissima showgirl, rispetto al valore dei lussuosi orologi. Salomonica quindi la decisione del giudice: i Rolex della discordia devono rimanere nella disposizione di entrambi gli ex coniugi, ed entrambi potranno usarli, ha deciso il magistrato dopo la lettura dei documenti messi a disposizione dalla coppia. Ora le parti dovranno trovare un accordo per l’utilizzo condiviso degli orologi. Con la chiusura di questa fase, resta aperta la possibilità per entrambe le parti di impugnare il provvedimento

La decisione del Tribunale di Roma però riguarda la causa ‘possessoria’, e non già dunque la proprietà ma la disponibilità degli orologi. E anzi la proprietà degli orologi potrebbe scrivere un altro capitolo della saga Totti-Blasi, destinata ancora a guadagnarsi le prime pagine dei rotocalchi: lo scorso maggio la conduttrice era stata fotografata dal settimanale ‘Chi’ sul lago di Como con l’imprenditore tedesco Bastian Muller, col quale ha una relazione. Muller, a quanto pare, avrebbe chiesto a Blasi di sposarla. Ma prima di poterlo fare, Ilary dovrà concludere le pratiche di divorzio con l’ex Pupone.

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Strage del Ponte Morandi di Genova, il pm: schede su controlli copiate e incollate

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Copia e incolla e per giunta fatti male: erano fatte così, secondo l’accusa, le Rimt, ovvero le prove riflettometriche, i cui report servivano poi a programmare la eventuale manutenzione. E’ quanto sostenuto, in sintesi, dal pm Marco Airoldi, che con il collega Walter Cotugno, sta portando avanti la requisitoria nel processo a carico di 57 imputati per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime). Per dimostrarlo l’accusa ha citato la relazione del 2011 sui controllo della pila 9, quella crollata, lato mare. Quella relazione “riporta esiti di precedenti Rimt: inizia con ‘7.1 considerazioni pila 9 lato monte’ e mette questo sul lato mare.

Nella seconda riga riscrivono lato monte. Stessa cosa per la pila 10. Ma non hanno sbagliato a scrivere monte e parlano di valle, hanno proprio preso un pezzo della relazione lato monte e l’hanno incollata. Qualcuno se ne accorge e nella relazione successiva, nel 2013, sostituiscono le parole ma lasciando gli errori nelle righe dopo”. All’udienza di oggi, il pubblico ministero Airoldi ha anche parlato del calo delle spese per le manutenzioni. Come per esempio nel 2012 o nel 2016: nelle rispettive note alle relazioni di bilancio si parla di decremento delle prestazioni edili e professionali oltre che per la manutenzione sulla rete autostradale. Il motivo di tali risparmi era dovuto, per l’accusa, al fatto che non c’era più l’aumento indiscriminato dei pedaggi. E così, per sopperire, da un lato avevano più entrate dall’aumento del traffico e dall’altro perché ritardavano i lavori spalmando i costi.

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Il questore di Parma sull’aggressione ai tifosi del Napoli: “Risposta puntuale e decisa dello Stato”

Di Domenico ringrazia la Digos e respinge le critiche sulla gestione dell’ordine pubblico

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Volevo ringraziare la Digos per l’attività investigativa, ma anche gli operatori delle volanti e i vigili urbani che sono subito intervenuti sul posto”. Con queste parole il questore di Parma Maurizio Di Domenico ha commentato le indagini sull’aggressione avvenuta ai danni di un gruppo di tifosi del Napoli da parte di ultras parmigiani. Un episodio che ha suscitato clamore e critiche, soprattutto in relazione alla gestione della sicurezza durante i festeggiamenti per lo scudetto del club partenopeo.

L’agguato definito “sgradevole”

Il questore ha definito l’episodio uno “sgradevole agguato”, respingendo indirettamente le accuse di mala gestione dell’ordine pubblico e sottolineando la prontezza della risposta istituzionale. “La risposta della Procura è stata puntuale, decisa e soprattutto in tempi molto brevi”, ha dichiarato, richiamandosi alle parole del procuratore capo di Parma Alfonso D’Avino.

Difesa dei principi democratici

Di Domenico ha inoltre ribadito l’importanza del rispetto delle regole democratiche: “Siamo uno Stato democratico, principi fondamentali sono manifestare il pensiero e la libertà di unirsi pacificamente, senza armi soprattutto”. Un richiamo netto alla legalità e alla necessità che ogni manifestazione, anche sportiva, si svolga senza violenza e nel rispetto delle libertà costituzionali.

(Immagine realizzara con sistemi di Ia)

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