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Politica

Idiozie dal Belgio: “Le donne non lavorano? Colpa della mentalità italiana”

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La donna a casa con i figli, il marito al lavoro: “il modello di famiglia mediterranea” discrimina e fa alzare il tasso di disoccupazione femminile. Ad averlo sostenuto, in diretta tv e nel cuore dell’Europa di Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, è stato il ministro per il Lavoro della Regione di Bruxelles-Capitale, Bernard Clerfayt. Intervistato dall’emittente francofona Ln24, Clerfayt si è soffermato sulle ragioni del divario occupazionale tra donne e uomini in città. E ha dato la sua, contestatissima, spiegazione: “Molte donne sono ancora in un modello mediterraneo, che siano italiane, marocchine o turche di origine… È un modello di famiglia in cui l’uomo lavora e la donna resta a casa per occuparsi dei figli”, sono state le sue parole. Nel giro di una manciata d’ore, com’era prevedibile, Clerfayt è finito nel mirino dei social e della politica belga. Una pioggia di critiche ha invaso il suo account Twitter e l’eco delle sue frasi è giunta fino al governo centrale. “Davvero, da dove cominciare? Qual è il modello mediterraneo? E soprattutto, chiudere gli occhi di fronte a ragioni strutturali oggettive è sconcertante”, ha tuonato Zakia Khattabi, ministra per il Clima del governo federale, dirigente del partito dei Verdi.

E, soprattutto, brussellese nata da genitori marocchini. “Caro Bernard Clerfayt, anche in questo caso ci sono oggettivamente e strutturalmente più ostacoli all’occupazione delle donne, soprattutto di origine straniera. È su questo che dobbiamo lavorare invece di ripetere gli stereotipi”, ha incalzato, sempre via Twitter, il segretario di Stato della Regione di Bruxelles-Capitale, Barbara Trachte. Anche chi ha origini italiane non ha fatto mancare la propria voce. “Sig. Clerfayt, mia madre italiana ha iniziato a lavorare in fabbrica a 19 anni e non ha mai smesso. La prego di occuparsi della discriminazione nelle assunzioni e di aumentare gli asili nido pubblici, piuttosto che fare vergognose affermazioni di circostanza”, ha protestato il segretario locale del Partito del Lavoro, Giovanni Bordonaro. Clerfayt, tuttavia, non ha ritrattato. Anzi.

“Nominare un fatto non significa stigmatizzarlo! Sono ben consapevole delle difficoltà che le donne incontrano nell’accesso al lavoro. I dati relativi al tasso di occupazione a Bruxelles mostrano un netto divario tra i due sessi, una realtà spiacevole che desidero combattere”, ha insistito il politico. Che, oltre a fare il ministro del Lavoro di Bruxelles-Capitale (una sorta di nostro assessore), è da ben 22 anni sindaco di Schaerbeek, uno dei quartieri più popolosi e cosmopoliti della città, con un alto tasso di immigrazione turca e marocchina. I dati più recenti sull’occupazione, in effetti, mostrano che a Bruxelles, nella popolazione tra i 20 e i 64, la percentuale delle persone attive tra gli uomini è di 12 punti superiore a quella delle donne (il 79,5% contro il 67,5%). Il divario decresce guardando alle Fiandre e alla Vallonia. E le ragioni non sembrano essere quelle indicate da Clerfayt. “A Bruxelles più di una famiglia su tre è composta da un solo genitore, l’86% dei quali sono donne. I salari dei lavori poco qualificati sono indecenti e non coprono tutti i costi della cura dei bambini. Inoltre, il tasso di copertura degli asili nido nella regione è solo del 30%”, ha ricordato il Partito socialista della capitale.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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