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Cronache

I giudici, ‘negate le garanzie alle testi del caso Ruby’

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Il processo sul caso Ruby ter è servito per rimediare ad un “errore”. Le giovani ex ospiti delle serate di Arcore, tra cui Karima El Mahroug, andavano indagate più di dieci anni fa, perché c’erano già “plurimi indizi” su presunti versamenti corruttivi da parte di Silvio Berlusconi. E non potevano, dunque, essere ascoltate nei primi due processi come testimoni semplici. Si è trattato di una “omissione di garanzia” che ha “irrimediabilmente pregiudicato” il procedimento, spazzando via le accuse. È la questione giuridica, non “mero sofisma”, alla base delle motivazioni che hanno portato la settima penale di Milano, il 15 febbraio, ad assolvere il leader di Forza Italia e gli altri 28 imputati, con solo qualche posizione minore prescritta. Una sentenza, hanno scritto i giudici Tremolada-Pucci-Gallina nelle 197 pagine, che in nome dello “Stato di diritto” ha riparato “in via postuma” gli effetti della “mancata assicurazione di una garanzia fondamentale”: il diritto “alla difesa”, il diritto “al silenzio” di testimoni indagati. Il tutto con “dispendio” di “energie processuali”. Già col verdetto di tre mesi fa, e con la pubblicazione di una sintesi delle motivazioni, era stato confermato che sul processo aveva pesato il provvedimento dei giudici che cancellò le false testimonianze, a dibattimento in corso e in accoglimento di un’istanza dei legali del Cavaliere, Federico Cecconi e Franco Coppi.

Le 21 ragazze, Ruby compresa, finite imputate nel filone ter, per i giudici, dovevano essere già indagate quando furono sentite nei processi Ruby e Ruby bis, perché su di loro c’erano “indizi”. Vennero, invece, sentite non “legittimamente” come testi non assistite da avvocati e senza la facoltà di non rispondere. Per questo non solo non si configurano le false testimonianze, ma “neppure il reato di corruzione in atti giudiziari” collegato, perché non ci sono più i testimoni pubblici ufficiali “corrotti”. E di conseguenza nemmeno “l’ipotizzato corruttore” Berlusconi. Per l’avvocato Cecconi “è importante rilevare come questa sentenza evidenzi criticità comuni all’intero filone giudiziario partito dal cosiddetto Rubygate nel 2011, in quanto nei vari procedimenti sono state interrogate persone senza le dovute garanzie difensive”. Da un lato, i giudici spendono molte pagine per chiarire come sia avvenuto il “crollo dell’impianto accusatorio” sul fronte procedurale, senza dovere analizzare il merito delle imputazioni che parlavano di 10 milioni di euro pagati dal Cavaliere per comprare la reticenza delle cosiddette ‘ex olgettine’ sulle serate a luci rosse.

Dall’altro, elencano tutti quegli indizi, tra cui intercettazioni, testimonianze, documenti, che avrebbero dovuto portare la Procura (all’epoca i fascicoli erano gestiti da Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano) a iscrivere, già come indagate per corruzione, le ragazze, prima che si sedessero, a partire dal 2012, sul banco dei testi. E anche i giudici di quei dibattimenti, scrive il Tribunale, dovevano porsi la questione. “Se le imputate fossero state correttamente qualificate”, si legge ancora, allora “si sarebbe potuto discutere della configurabilità” dei reati di induzione a non rendere dichiarazioni “nei confronti del solo Berlusconi” o di corruzione in atti giudiziari. C’erano “plurimi indizi delle importanti elargizioni economiche” per Karima da parte dell’ex premier. Già nell’ottobre del 2010 parlava, intercettata, “ai suoi parenti e amici della promessa, da parte di Berlusconi, di 5 milioni di euro se lei avesse dichiarato il falso, accettando di passare per una bugiarda o una ‘pazza’”. Poi, nel gennaio 2011 c’erano state le “febbrili convocazioni”, scrivono i giudici, di tutte le giovani ad Arcore, davanti a Berlusconi e ai suoi legali. E tra i tanti elementi indiziari anche le “dichiarazioni” di Imane Fadil, che parlò di una “rete di relazioni e contatti” per comprare “il silenzio”. Quei 21 nomi dovevano finire nel registro degli indagati perché “la ricerca della prova segue l’iscrizione della notizia di reato”. Per l’aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio, invece, all’epoca c’erano solo “meri sospetti”, non erano necessarie le iscrizioni, come hanno confermato due giudici in udienza preliminare, e le testimonianze erano pienamente “utilizzabili”. Per questo la Procura sta valutando di ricorrere in appello.

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Teatro San Carlo in lutto, è morta la giornalista Giulia Romito: aveva solo 44 anni

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Lutto nel mondo del giornalismo e della cultura a Napoli per la scomparsa a soli 44 anni di Giulia Romito, ufficio stampa del Teatro di San Carlo di Napoli. Professionista stimata, prezioso punto di riferimento per i colleghi e il mondo della musica nazionale e internazionale, la perdita di Giulia Romito ha suscitato profonda commozione in tutti coloro che l’hanno conosciuta. I funerali si terranno domani alle 12 nella chiesa di San Ferdinando, detta degli artisti, in piazza Trieste e Trento, a pochi passi dal suo teatro.

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Penalisti: da magistrati su riforma chiusura corporativa

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“L’Anm ha assunto una posizione di totale chiusura corporativa rifiutando ogni dialogo in merito alle riforme che modifichino lo status quo, affermando una sorta di “metafisica del processo” nella quale l’unitarietà delle carriere costituirebbe, come si legge nella mozione finale dell’ultimo Congresso, addirittura un dato “ontologico” Insomma una sorta di “dogma”. E’ quanto afferma, l’avvocato Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere Penali commentando la riforma della giustizia approvata ieri dal Consiglio dei Ministri.

“Noi più laicamente riteniamo che come ogni riforma anche questa debba essere oggetto di un confronto politico laico, aperto e democratico, proprio perché la legge non ha nulla di rivelato ed è sempre correggibile. Cercheremo di spingere perché questa riforma segua il suo corso con rapidità”, aggiunge Petrelli che sul tema della ‘costituzionalizzazione’ del ruolo della avvocatura aggiunge: “l’Unione delle Camere Penali ha sempre ritenuto che la funzione dell’avvocato penalista trovi il suo baricentro costituzionale e la sua più piena tutela e valorizzazione proprio nell’art. 24 che afferma la ‘inviolabilità del diritto di difesa’. E’ sulla inviolabilità della funzione difensiva che occorre agire affinchè ne sia effettivamente tutelato l’esercizio, a garanzia delle libertà di ogni cittadino. E’ nelle norme poste dal Legislatore a presidio di quella funzione e nella cultura che le circonda che si misura il rispetto per l’avvocatura”.

 

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B&b sconosciuto al fisco, redditi evasi per 226mila euro

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In una villa con piscina, a Parma, portavano avanti dal 2017 il loro bed and breakfast, senza però dichiarare mai i redditi di locazione dell’attività. In seguito ai controlli fiscali della Guardia di Finanza, è finita nei guai una coppia di parmigiani, che nel periodo 2017-2022 non ha dichiarato redditi per oltre 226mila euro. L’attività era pubblicizzata sulle piattaforme Booking e Airbnb, pur essendo totalmente sconosciuta al fisco. Infatti, a fronte di oltre 250 recensioni lasciate sul web da decine di turisti italiani e stranieri, i coniugi parmigiani hanno omesso di dichiarare redditi per cinque anni di fila. Nonostante l’assenza della documentazione contabile, le fiamme gialle sono però riuscite a ricostruire il totale dei canoni di locazione percepiti in nero, sia attraverso l’analisi dei flussi finanziari sia avvalendosi delle informazioni provenienti dalle società di prenotazione online.

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