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Cronache

Gup sospende il processo Regeni e dispone nuove ricerche

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Una chiusura totale, un muro di omerta’ che appare insormontabile e che sembra minare, forse in modo definitivo, la possibilita’ di processare in Italia i torturatori e gli assassini di Giulio Regeni. L’ennesima doccia fredda sulla strada della verita’ sulla morte del ricercatore friulano, ucciso al Cairo nel 2016, e’ cristallizzata in una nota di alcune pagine inviata dal ministero della Giustizia al gup di Roma in occasione dell’udienza a carico dei quattro 007 egiziani e che aveva come oggetto il nodo relativo alle notifiche degli atti agli imputati. Il dicastero di via Arenula, rispondendo al giudice che nel gennaio scorso aveva chiesto al governo di verificare la possibilita’ di una “interlocuzione” con le autorita’ del Cairo, mette in fila tutti i “no” ricevuti dalle autorita’ cairote nelle ultime settimane e in particolare il “rifiuto di collaborare nell’attivita’ di notifica degli atti”. Gli egiziani non hanno dato alcun riscontro alla lettera inviata il 20 gennaio scorso dalla ministra Marta Cartabia con la quale ha chiesto un incontro al Cairo sulla vicenda. Inoltre, il 15 marzo il direttore della cooperazione giudiziaria italiana si e’ recato ad un incontro in Egitto durante il quale gli e’ stato comunicato che sulla vicenda la competenza e’ della Procura Generale per la quale il caso Regeni e’ chiuso e non e’ possibile effettuare ulteriori indagini sui quattro indagati in Italia. La Procura generale egiziana ritiene che il memorandum “sulla scomparsa e la morte” di Regeni del 26 dicembre del 2020 “abbia natura decisoria irrevocabile, ovvero che si tratti – scrive via Arenula -, con particolare riferimento alla esclusione della riferibilita’ del reato alla responsabilita’ dei quattro imputati, di una decisione giudiziaria non piu’ suscettibile di impugnazione e che preclude la riapertura di un procedimento nei confronti degli stessi soggetti”. Dal canto loro i carabinieri del Ros, a cui il gup aveva chiesto nuove ricerche sul domicilio degli indagati, hanno comunicato di essere riusciti ad acquisire l’indirizzo del luogo di lavoro dei quattro ma per il codice di procedura penale per questioni internazionali per le notifiche e’ necessario il domicilio. Una situazione di totale chiusura che ha portato il giudice a sospendere il procedimento e disporre un lungo rinvio, al prossimo 10 ottobre, affidando al Ros una nuova delega per effettuare ulteriori ricerca. In quella udienza verra’, inoltre, ascoltato il capo dipartimento affari giudiziari del ministero della Giustizia, Nicola Russo, sugli eventuali sviluppi dopo la nota inviata agli egiziani in seguito all’incontro senza esito avvenuto il 15 marzo. I genitori di Regeni, Claudio e Paola Deffendi, dopo l’udienza non hanno nascosto la delusione per questo ennesimo rinvio. Per bocca del loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini, hanno chiesto al premier Draghi di intervenire in prima persona: “Prendiamo atto dei tentativi falliti del Ministero della Giustizia di ottenere concreta collaborazione da parte delle autorita’ egiziane – ha detto l’avvocato lasciando la cittadella giudiziaria – e siamo amareggiati e indignati dalla risposta della procura del regime di Al Sisi che continua a farsi beffe delle nostre istituzioni e del nostro sistema di diritto. Chiediamo che il presidente Draghi condividendo la nostra indignazione pretenda, senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati. Oggi e’ stata un’ennesima presa in giro”. Prima dell’udienza si e’ svolto un sit in di sostegno ai familiari di Regeni a cui ha preso parte anche la Fnsi. Tra i supporter anche il presentatore tv, Flavio Insinna. “Bisogna esserci. Come ha detto la mamma di Giulio su quel viso ha visto tutto il dolore del mondo, non dobbiamo darci pace fino a quando non si arrivera’ alla verita’. Lo dobbiamo – ha detto – alla famiglia, alla parte buona di questo Paese”.

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Ferito da un colpo di pistola, 14enne in ospedale all’Aquila

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Un ragazzo di 14 anni è finito in ospedale, all’Aquila, dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola. Il giovane ha una ferita da arma da fuoco alla gamba ed è stato sottoposto ad un intervento chirurgico; le sue condizioni non destano preoccupazione. Poco chiara al momento la dinamica dei fatti, che sono avvenuti attorno alle 18 in località Cese di Preturo. Il ragazzo, ricostruiscono i media locali, avrebbe raccontato che, mentre era con degli amici, da un’automobile, sembra un’Audi nera, che li ha affiancati, sarebbe partito un colpo di pistola. E’ stato lo stesso 14enne, una volta tornato a casa, a raccontare quanto accaduto alla madre, che poi lo ha accompagnato in ospedale. Sull’episodio e sulla versione fornita dal ragazzo sono in corso indagini da parte della polizia.

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Blackout ferma anche il tennis a Madrid ma Arnaldi passa

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Anche il torneo di tennis di Madrid si è dovuto arrendere al black out che ha colpito poco dopo le 12.30 di oggi ma l’intera penisola iberica e parte del Sud della Francia. Dopo sole tre partite giocate, il programma è stato sospeso in attesa di un ritorno dell’energia elettrica, lasciando giocatori e pubblico in un limbo fatto di attesa e incertezza, un po’ come in una stazione o in un aeroporto per uno sciopero improvviso. Intorno alle 16.30, gli organizzatori hanno infine deciso di cancellare tutti gli incontri ancora da disputare, nel pomeriggio e in serata, per motivi tecnici e di sicurezza, scombinando i programmi di tante stelle della racchetta già stressate, anche se lautamente ricompensate, dai ritmi infernali del circuito.

Una delle poche eccezioni ha riguardato Matteo Arnaldi. L’azzurro stava portando a casa il secondo set contro il bosniaco Damir Dzumhur quando si sono spenti i tabelloni e tutte le apparecchiature a servizio del match. I due giocatori sono rimasti interdetti e la partita è stata sospesa ma quello che sembrava un inconveniente localizzato alla Caja Magica, sede del torneo, si è rivelato un problema di ben altra dimensione. L’azzurro ha però potuto in qualche modo finire opera, battendo il rivale per 6-3, 6-4 per accedere agli ottavi di finale, ma della sua vittoria non resterà traccia se non nella memoria dei due protagonisti e dello scarso pubblico presente, perchè tutto era andato in tilt. Nel primo set, Arnaldi e Dzumhur hanno faticato mezz’ora per completare i primi sei game, poi l’italiano ha fatto il break per chiudere 6-4.

Nel secondo, Arnaldi non si è fatto distrarre dall’interruzione, guadagnando la sua prima volta agli ottavo in un Masters 1000 e anche qualche ora di riposo in più rispetto al prossimo avversario, che sarà uno tra lo statunitense Tiafoe e il francese Muller. Non è andata altrettanto bene al bulgaro Grigor Dimitrov, che stava avendo la meglio sul britannico Jacob Fearnley: lo stop energetico ha lasciato una telecamera pericolosamente sospesa sul centro del campo, obbligando a sospendere definitivamente l’incontro. Dopo qualche ora di attesa, i giocatori che dovevano scendere in campo hanno avuto la notifica della cancellazione del programma e tra loro ci sono Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti, che domani, si presume, dovranno affrontare rispettivamente il britannico Jack Draper e il greco Stefanos Tsitsipas. Nel torneo Wta 1000 hanno potuto completare la partita la statunitense Coco Gauff, che ha battuto la svizzera Belinda Bencic, e la sua prossima avversaria, la russa Mirra Andreeva, che ha eliminato l’ucraina Yuliia Starodubtseva. Tutto rinviato invece per la n.1 e la n.2 al mondo, la bielorussa Aryna Sabalenka e la polacca Iga Swiatek, che è la campionessa uscente. (ANSA). 2025-04-28T18:10:00+02:00 RI ANSA per CAMERA04 NS055 NS055

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Prete indagato a Bari, su auto tracce di sangue: è indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso

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Le tracce presenti sull’auto di don Nicola D’Onghia, il 54enne sacerdote indagato a Bari per omicidio stradale e omissione di soccorso nel caso della morte della 32enne Fabiana Chiarappa, erano di sangue. Lo dimostrano i primi risultati degli accertamenti svolti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all’incidente. Ora, per gli inquirenti, resta intanto da capire se quel sangue sia quello della 32enne, rugbista e soccorritrice del 118, ma soprattutto se il possibile impatto tra la auto del sacerdote e Chiarappa abbia causato la morte della giovane o se questa, invece, sia avvenuta prima.

Secondo quanto ricostruito finora, la sera del 2 aprile Chiarappa era in sella alla sua moto Suzuki sulla provinciale 172 che collega i comuni di Turi e Putignano quando, per cause ancora da chiarire, avrebbe perso il controllo del mezzo e sarebbe finita fuori strada, colpendo anche un muretto a secco. Compito della pm Ileana Ramundo, che coordina le indagini dei carabinieri, è ora quello di capire – anche grazie ai risultati dell’autopsia, il cui deposito è previsto tra oltre un mese – cosa effettivamente abbia causato la morte della 32enne, se lo schianto contro il muretto o il successivo impatto con l’auto.

Il parroco, agli inquirenti, ha raccontato come quella sera, mentre percorreva quella strada, ha avvertito un rumore provenire dal pianale della propria auto (“come se avessi colpito una pietra”) ma di non essersi accorto né della moto né della ragazza, anche a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore, intorno alle 20.30, si è quindi fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa. Il parroco ha detto di aver appreso dell’incidente dalla stampa il giorno dopo e per questo, dopo aver consultato i propri legali (è assistito dagli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota), ha deciso di raccontare il tutto ai carabinieri.

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