“Non anticipo nulla su voto on line o non voto on line, sono cose delicate. Gli iscritti saranno coinvolti nella misura in cui vogliono capire cos’è il Movimento 5 stelle, qual è la direzione di marcia, chi siamo, cosa stiamo diventando”. Nel giorno del giuramento di Sergio Mattarella per il secondo settennato al Quirinale, il leader stellato Giuseppe Conte torna sullo scontro che lo contrappone al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Pur restando nel vago in un collegamento in diretta su La7 (il confronto, dice, andrà affrontato “nelle sedi e secondo le modalità opportune”) con il richiamo agli iscritti torna a far leva su quello che i suoi considerano il suo punto di forza: “La nostra base di iscritti e quella elettorale – garantisce a taccuini chiusi un ‘contiano’ del giro stretto – ce l’ha a morte con Luigi”. Ad aprire, per così dire, le ostilità, nella giornata di oggi, due interviste di esponenti considerati molto vicini a Di Maio. L’ex ministro Vincenzo Spadafora, intervistato da Repubblica, nega che l’area punti alla scissione, rilancia le accuse rivolte a Conte di “ingenuità politiche ed errori di comunicazione nelle trattative per il Quirinale” e mette sul piatto le condizioni per un compromesso possibile, quello di un riequilibrio negli organismi dirigenti: “Conte ha la necessità di essere aiutato, non tutte le persone che ha intorno sono all’altezza della difficile fase politica. Fossi in lui cercherei di tenermi più stretto i giocatori migliori, come Luigi”.
La situazione tra Conte e Di Maio era precipitata quando a sollevarsi era stata anche l’ira di Beppe Grillo, chiamato in causa dall’ex premier e dal suo portavoce per dare forza alla candidatura, bruciata in poche ore, di Elisabetta Belloni al Quirinale. Grillo era andato su tutte le furie, si era esposto per la causa e aveva dovuto ammettere, nel giro di poche ore, l’errore di Giuseppe Conte. Eppure i mediatori lavorano anche con lui, tanto che nelle ultime ore, Beppe Grillo ha fatto sapere, anche pubblicamente dai suoi canali social, che servirebbe ricucire. Il Movimento, secondo il comico, avrebbe bisogno sia dell’attuale leader che del Ministro Di Maio. Una scissione, a suo avviso, nuocerebbe gravemente al gruppo, già decimato a causa delle lotte interne: «Devono incontrarsi e parlarsi, non possono farsi la guerra», spiega un senatore pentastellato di lungo corso. Ed è dall’assemblea dei senatori, che ha avuto luogo mercoledì nel tardo pomeriggio, che è partita la richiesta di un necessario e improcrastinabile incontro chiarificatore tra i due contendenti della leadership per abbassare i toni e calmare gli animi.
Sergio Battelli è fra i deputati più esposti nella solidarietà col capo della diplomazia. Sul Corriere della Sera torna ad escludere la scissione ma avverte che non basterà la mediazione di Beppe Grillo a “spegnere completamente questo incendio”. Alla domanda sui sessantasei deputati non rieleggibili in base alle regole interne vigenti sul limite dei due mandati, Battelli sottolinea che “il Movimento tutto dovrà decidere se vale la pena non disperdere le tante capacità acquisite in questi anni oppure no”. A spingere per il confronto in sede di assemblea congiunta dei gruppi parlamentari anche una parte del gruppo al Senato, dal quale è partita in origine (anche, ma non esclusivamente, da qualche parlamentare legato a Di Maio) la spinta in direzione del Mattarella bis. “Si contano sulle dita di una mano – giura una fonte vicina all’ex premier – i senatori che puntano a questa modalità. Sono dimaiani che vogliono il sangue, perché chiaramente è un palcoscenico su cui il ministro può ancora giocare qualche carta, mentre in questo momento fuori dai palazzi appare agli occhi di tutti come quello che cerca di fare le scarpe a Conte”. Spettatore interessato, alla finestra ma molto attivo, Alessandro Di Battista, un tempo “gemello diverso” di Di Maio e figura di raccordo fra i vertici e la base elettorale, con i suoi affollati tour nelle piazze italiane. Uscito dal Movimento dopo il sì dei suoi ex colleghi al governo Draghi, torna a farsi vivo oggi con le anticipazioni sul suo editoriale per Tpi. “Le ragioni per le quali venne fondato il M5S sembrano essersi perse nei palazzi romani”, accusa. Lo scontro Conte-Di Maio, osserva, “non è la fine del mondo. La fine, non del mondo ma solo del Movimento, avverrebbe se, per un quieto vivere ipocrita e perbenista, si evitasse la resa dei conti”. Una resa dei conti che a suo giudizio va “fatta alla luce del sole, davanti agli iscritti e incentrata non su questioni personali ma politiche”. Di Battista ha difeso Conte ma ribadisce che il suo supporto non è gratuito e non si farà usare nello scontro interno: “Per quanto mi riguarda ricordo a tutti, in primis a coloro che oggi mi riscrivono dopo mesi di silenzi, che ho lasciato il Movimento 5 Stelle per la scellerata entrata nel governo Draghi e se non cambiano i comportamenti del Movimento, non cambieranno neppure i miei”.