Collegati con noi

Economia

Governo sonda Eni su gas nazionale. Pressing sui fondi

Pubblicato

del

Come aumentare, in prospettiva, la produzione nazionale. E dove trovare, nel frattempo, le risorse necessarie per tamponare anche i maxi-rincari di luce e gas anche nel secondo trimestre, nella speranza che i prezzi scendano un po’ con l’arrivo della primavera. E’ questo il rebus che cerca di risolvere il governo – che ha sondato anche l’Eni – per centrare l’obiettivo di portare in Consiglio dei ministri venerdi’, come nei piani, il nuovo decreto contro il caro-bollette. Il governo guarda agli interventi a breve, per tamponare il caro energia e bollette, ma punta anche ad interventi strutturali, come quelli di riattivare produzione di gas italiano. Mario Draghi, dopo la visita ai laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso, vola a Parigi da Emmanuel Macron e domani sara’ impegnato prima con il Consiglio Ue straordinario sulla crisi in Ucraina e poi al vertice Ue-Africa. Ma a Palazzo Chigi il lavoro non si e’ mai fermato, coordinato dal sottosegretario Roberto Garofoli, insieme ai due ministri in prima fila sul dossier energia, Roberto Cingolani e Daniele Franco. In mattinata i tre incontrano l’ad di Eni, Claudio Descalzi, e esplorano le concrete possibilita’ di aumentare la produzione nazionale di gas. Nella riunione il manager ha illustrato lo scenario relativo all’andamento dei prezzi dell’energia – che tra gli altri Nomisma vede in discesa dando sostanzialmente per certa la “fine di questa spirale crescente dei prezzi” – ma anche le prospettive sulla produzione e la fornitura del gas a livello europeo e italiano. Al centro del confronto con l’ad del gruppo energetico ci sara’ stato anche il progetto del governo di aumentare la produzione nazionale, legato al ruolo che puo’ giocare Eni – che oggi ha buona parte della produzione nazionale – in questa partita. Da un lato vanno spinte al massimo le capacita’ dei siti gia’ attivi, ma si starebbe guardando anche alla ripartenza di giacimenti, lungo l’Adriatico e in Sicilia, gia’ scoperti ma in parte sottoposti a divieti fra moratoria del blocco alle trivellazioni e estrazione entro le 12 miglia oltre ai tempi della burocrazia. Spetterebbe quindi al governo sbloccare la situazione con deroghe dettate dall’emergenza nell’ottica di un’operazione di sistema. L’altro tema sul tappeto, che ancora non avrebbe trovato soluzione, e’ quello del “prezzo equo” sul quale misurare gli eventuali extraprofitti delle imprese che producono energia da impianti a fonti rinnovabili. Non si sarebbe ancora arrivati alla definizione di questo parametro, che secondo il decreto Sostegni ter si dovrebbe applicare dal primo febbraio al 31 dicembre: se ne e’ discusso a lungo nelle riunioni a Palazzo Chigi con Arera e Gse, anche perche’ dal superamento di questo scoglio dipende anche una parte delle risorse che l’esecutivo conta di avere a disposizione (1,5 miliardi la stima “conservativa” della relazione tecnica al Sostegni ter). La quadra sui fondi da impiegare ancora non c’e’, ma l’obiettivo sarebbe quello di recuperare 6-7 miliardi – andando anche un po’ oltre per i piu’ ottimisti. Uno sforzo che ancora non basta secondo i partiti: “C’e’ maggiore rischio per la nostra economia di veder fallire migliaia e migliaia di imprese piuttosto che di un nuovo scostamento che consenta di avere risorse per sostenere l’aumento dei costi di produzione”, dice il capodelegazione M5s al governo Stefano Patuanelli, insistendo con la necessita’ di valutare il ricorso al deficit. “Bisogna passare dalle parole ai fatti” incalza il leader della Lega Matteo Salvini, mentre Giorgia Meloni assicura il sostegno a “qualsiasi proposta seria del governo”. Che a questo punto pero’ non puo’ limitarsi a “provvedimenti tampone” ma deve attuare una “politica seria di approvvigionamento energetico”.

Advertisement

Economia

Giovanni Petrella nuovo presidente di Banca Sella Holding

Pubblicato

del

Maurizio Sella passa il testimone della presidenza di Banca Sella Holding al preside della facoltà di Scienze Bancarie della Cattolica Giovanni Petrella (foto Imagoeconomica in evidenza) e mantiene la presidenza di Banca Sella e Banca Sella Patrimoni. Lo si legge in una nota diffusa a seguito dell’assemblea annuale di Banca Sella Holding, nel corso della quale Maurizio Sella ha affermato che “è il momento giusto per cambiare la presidenza della capogruppo, senza far venire meno il mio contributo alla crescita e alla governance, presente e futura del gruppo”. A guidare la capogruppo è stato confermato Pietro Sella, al vertice di Banca Sella Holding dal 2004.

I cambiamenti apportati – spiega Banca Sella Holding – si inseriscono “nel solco della tradizione e della lunga storia imprenditoriale della famiglia Sella, che ha sempre privilegiato l’interesse dell’azienda e la capacità di innovare e crescere in modo solido e duraturo”. In quest’ottica si inserisce la decisione presa “con “spirito lungimirante” da Maurizio Sella, che ha compiuto 83 anni. Sella ha ritenuto infatti che fosse arrivato il “momento giusto” per cambiare la presidenza di Banca Sella Holding, “senza naturalmente far venire meno il lavoro, la visione, la competenza, l’esperienza e la passione umana e imprenditoriale, nonché il suo apporto all’impresa e alla governance presente e futura del gruppo”.

“Su sua proposta – viene spiegato – egli è stato quindi nominato vicepresidente della capogruppo Banca Sella Holding, mantenendo la presidenza di Banca Sella e di Banca Patrimoni Sella, dove è stato rieletto nei giorni scorsi”. Quanto al presidente Giovanni Petrella il gruppo ne sottolinea la “grande competenza”, la “conoscenza approfondita del gruppo” e la “piena condivisione dei suoi valori fondanti e identitari”. Petrella siede nel consiglio d’amministrazione di Banca Sella Holding dal 2012, è membro del comitato rischi, che ha presieduto per 6 anni, e dal 2016 è presidente di Sella Sgr. Ad affiancare Giovanni Petrella e Maurizio Sella siedono nel Cda della Holding Eva D’Onofrio, Andrea Lanciani, Giuseppe Marino, Laura Nieri, Alessandro Rinaldi, Ernesto Rizzetti, Cristina Santucci, Caterina Sella, Pietro Sella e Sebastiano Sella.

Continua a leggere

Economia

A 15 anni in azienda, l’opposizione insorge

Pubblicato

del

Alla vigilia del primo maggio e nelle ore in cui anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna a puntare il dito contro la mancata sicurezza nei luoghi di lavoro, spunta una norma al decreto Pnrr-Scuola, ora all’esame della Commissione Cultura del Senato, in cui si anticipa l’alternanza scuola – lavoro al primo biennio degli istituti tecnici. “Cioè quando si hanno 15 anni e si è ancora in età di obbligo formativo”, spiega la senatrice del M5S Barbara Floridia, la prima a denunciare questa misura messa a punto dal governo.

Nel decreto, esattamente nell’allegato B del provvedimento, si dice testualmente che “nel primo biennio, oltre alle attività orientative collegate al mondo del lavoro e delle professioni, è possibile realizzare, a partire dalla seconda classe, i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”, cioè i Pcto che è l’acronimo usato per definire l’alternanza Scuola-Lavoro. Il che significa, insiste Floridia, che si potranno “spedire adolescenti sui luoghi di lavoro”, potenzialmente anche “in cantieri o ambienti ad alto rischio”, quando “dovrebbero essere protetti, formati, tutelati”. Significa, insomma che l’Esecutivo intende “mettere la logica dell’impresa prima di quella dell’ istruzione, della sicurezza e dei diritti”.

E nel dir questo, cita “tragedie” come quelle che “hanno colpito proprio studenti in alternanza come Giuseppe Lenoci e Lorenzo Parelli”. Anche i sindacati, nelle varie audizioni in Commissione, hanno espresso forti perplessità nei confronti del decreto e della misura che anticipa i tirocini a 15 anni. La più dura è stata la Flc Cgil secondo la quale in questo modo “si privilegiano i raccordi con il mondo del lavoro e i contesti produttivi, mentre le attività didattiche risultano culturalmente impoverite, subordinate e funzionalizzate alle istanze formative avanzate dal contesto socioeconomico di appartenenza”. Ma non basta. Oltre a considerare gli studenti “solo in termini di braccia per lavorare” e non di persone alle quali va trasmessa una cultura e una formazione di base, come afferma il senatore di Avs, Tino Magni, la norma “esprime tutta la visione classista del governo e in primis del ministro della Scuola Valditara”, sottolinea il già ministro del Lavoro Andrea Orlando. “Anticipare il momento della scelta alla fase in cui un ragazzino è molto giovane – osserva Orlando – significa schiacciarlo nella sua dimensione di provenienza, alla sua origine sociale”.

Con buona pace della discussione sulla riforma della scuola, continua l’esponente Dem, che puntava proprio “a posticipare la scelta per evitare automatismi sociali”, cioè che il figlio dell’operaio fosse costretto a fare per forza l’operaio. Dice no ad una “professionalizzazione precoce di ragazze e ragazzi” anche la capogruppo Pd in Commissione, Cecilia D’Elia, che chiede, come Floridia, il ritiro della norma, mentre invita a investire di più “sul capitale umano, cioè su cultura e scuola”. “A 15 anni, ancora in età da obbligo formativo – insiste Magni – si deve stare a scuola e non in fabbrica o nelle aziende”. Un “ritorno” alla “scuola di classe” dove “c’era chi poteva studiare, mentre gli altri erano braccia per lavorare”, non è accettabile. “In vista del primo maggio”, è l’appello del capogruppo M5S in Commissione, Luca Pirondini, “Meloni trovi il coraggio” e “chieda al suo ministro Valditara il ritiro immediato di questa norma indecente”, perché “la scuola non è un serbatoio di forza lavoro gratuita. È il luogo in cui si formano i cittadini”.

Continua a leggere

Economia

Campi Flegrei, il Consiglio dei Ministri approva misure urgenti: sospesi tributi, mutui e versamenti fino al 31 agosto

Pubblicato

del

Il Consiglio dei Ministri ha approvato una serie di misure urgenti per far fronte agli ulteriori effetti dei recenti fenomeni bradisismici che continuano a interessare l’area dei Campi Flegrei, nel Napoletano. Le decisioni sono contenute nella seconda parte di un decreto che introduce interventi di natura economica e fiscale per sostenere cittadini e imprese colpiti dall’emergenza.

Sospensione di tributi e contributi

Tra i provvedimenti più rilevanti è prevista la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari e contributiviin scadenza dal 13 marzo 2025 al 31 agosto 2025. Il governo ha deciso di alleggerire la pressione fiscale per chi vive e opera in un’area messa duramente alla prova dai continui episodi di sollevamento del suolo.

Stop anche alle ritenute e alle addizionali

Nello stesso periodo sono sospesi i termini dei versamenti delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche. Una misura che punta ad alleggerire ulteriormente il carico economico per lavoratori e famiglie residenti nella zona.

Mutui e finanziamenti bloccati senza sanzioni

Il decreto prevede inoltre la sospensione del pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere erogati dalle banche, sempre dal 13 marzo al 31 agosto 2025, senza applicazione di sanzioni o interessi. Si tratta di una misura fondamentale per evitare che il peso degli impegni finanziari aggravi la già delicata condizione di numerose famiglie.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto