Collegati con noi

Politica

Gli insulti a Di Maio, la polveriera mediorientale ed il nanismo politico della nuova classe dirigente italica

Pubblicato

del

Allora vediamo un pochino che cosa ci hanno portato in dono i tre re Magi per questo inizio 2020. Il primo dono é un attacco missilistico statunitense con l’assassinio del generale Qassam Soleimani ovvero il capo dei Pasdaran iraniani che si trovava a Bagdad per cercare un accordo segreto con l’Arabia Saudita per chiudere con la diplomazia una guerra civile atroce nello Yemen foraggiata Islam sciita e Islam sunnita (leggasi Iran e Arabia Saudita) che sta mietendo centinaia di migliaia di morti (migliaia sono bambini) e riducendo un popolo di 22 milioni di esseri umani alla fame.

Matteo Salvini. Quando era ministro degli Interni in visita negli Usa

Il secondo dono ce l’ha fatto il sultano Turco Recep Taypp Erdogan che ha obbligato a votare (è un gioco per lui) il Parlamento della Turchia l’invio di truppe a Trípoli per aiutare il governo riconosciuto dall’Onu (quello di Fayez al Serraj) a ricacciare in Cirenaica l’esercito del generale Khalifa Haftar. Sarà una nuova mattanza in Libia. Sarà la pietra tombale su una soluzione diplomatica di una guerra civile nata dopo che gli americani, i francesi e gli inglesi il 19 marzo del 2011 decisero di portare la loro democrazia nel Paese che Muammar Gheddafi aveva reso stabile con il suo regime feroce e dittatoriale sí, ma comunque frutto di un equilibrio tribale di quelle terre del nord Africa.

Guerra civile in Yemen. Molti i bambini che muoiono sotto le bombe e per il colera

Ora la Turchia appoggia Serraj, la Russia (che in Siria è alleata dei turchi e degli iraniani in funzione anti Isis) appoggia Haftar e l’Egitto è pronto a mandare il suo esercito contro Haftar. L’Iran, invece, vuole colpire gli USA per ritorsione rispetto all’atto di guerra subìto ed ha deciso di andare avanti nel programma di arricchimento dell’uranio per diventare una potenza regionale nucleare. Russi, egiziani e turchi sono già sul terreno in Libia e partecipano alla guerra civile in atto. Israele è pronta a difendersi con ogni mezzo (Israele è un Paese con armi nucleari) da qualunque aggressione da qualunque parte dovesse arrivare.

 

Luigi Di Maio. È il ministro degli Esteri del Governo italiano, sbeffiaggiarlo e insultarlo serve a indebolire e mettere in ridicolo l’Italia non il politico a capo del M5S

 

L’Italia è al centro di questo pandemonio geopolitico, in questa polveriera pronta ad esplodere. Davanti a questo scenario che assomiglia all’anticamera di una guerra globale uno si aspetta che gli italiani, la classe dirigente di questo Paese, ragioni come Paese, come unico sistema Paese. E invece la preoccupazione principale è la campagna elettorale in Emilia, insultare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, screditarlo in Patria per farlo apparire debole in una Europa nana politica e farlo sembrare irrilevante sullo scacchiere internazionale.

La politica estera italiana. Siamo un Paese Nato e dunque sappiamo dove e con chi siamo, ma siamo anche un grande Paese che lavora per la pace in Medioriente da sempre. I Governi cambiano ma la politica estera non è mai in discussione

L’Italia è da sempre un Paese protagonista della diplomazia e costruttore di pace nel Mediterraneo e nel Medioriente. Non è bello e non è intelligente sperare che “la Befana ci porti un ministro degli Esteri” come dice Matteo Salvini per svilire il ruolo di Luigi Di Maio. Salvini sa benissimo che l’Italia ha un ministro degli Esteri e un Governo in carica, sa che è quello scelto dal Parlamento e dovrebbe sapere che in politica estera certe mosse propagandistiche di politica interna le paga l’Italia, non Di Maio o il M5S o il Governo Conte. Se è il leader politico che pretende di essere, svolga il suo ruolo con serietá e serenità. Si candidi pure a sostituire l’Esecutivo in carica ma senza sputtanare il Paese. Dica quello che direbbe qualunque diplomatico italiano (la nostra diplomazia è tra le più rispettate al mondo): e cioè che l’Italia è contro la guerra ed è per la soluzione pacifica e il superamento di qualunque conflitto in corso o possibile con la pace. Perché solo la pace consente progresso e benessere in un’area che è una polveriera. Domani (quando sarà e se gli italiani lo vorranno) Salvini potrebbe diventare premier di un Paese ridotto in macerie, vaso di coccio tra tanti Paesi che hanno da decenni economie di guerra. Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni facciano ragionare anche il loro alleato. Spieghino a Salvini che oggi, in politica estera, non ci sono linee politiche divergenti ma solo sensibilità diverse. Che poi è la verità. L’Italia ha bisogno di pace almeno in politica estera. In Italia scannatevi pure a colpi di slogan e spot sui social per le campagne elettorali regionali, ma ricordatevi che all’estero abbiamo 10mila e passa soldati in zone teatro di guerra che rischiano la vita. Certe vostre prese di posizione interne mettono questi uomini e donne che indossano le divise della Repubblica italiana in pericolo.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

Advertisement

Politica

Intenzioni di voto degli italiani: Meloni stabile, M5s in risalita

Pubblicato

del

Il mese appena trascorso è stato caratterizzato da numerosi eventi di rilievo, sia a livello internazionale che nazionale, che hanno avuto un impatto sulle intenzioni di voto degli italiani. Tra gli eventi più significativi, il fallito attentato a Donald Trump negli Stati Uniti e la sostituzione della candidatura di Joe Biden con quella di Kamala Harris. Inoltre, l’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione UE ha evidenziato una divisione nel centrodestra italiano, con Forza Italia a favore e Fratelli d’Italia e Lega contro.

La premier Giorgia Meloni ha assicurato che il ruolo dell’Italia in Europa non subirà contraccolpi, ma la divisione tra gli alleati è evidente. Il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha dichiarato che “l’Autonomia non è un dogma” e ha espresso preoccupazioni per le regioni del Sud. Ha inoltre sottolineato che il commercio estero deve rimanere una competenza nazionale, contrastando ulteriormente la posizione della Lega.

La questione dell’Autonomia differenziata, le riforme della giustizia e l’aggressione di militanti di CasaPound a un giornalista hanno suscitato ampie polemiche. Il presidente del Senato, La Russa, è stato criticato per le sue posizioni che sembravano giustificare l’aggressione.

Nonostante questi eventi, le ricadute sugli orientamenti di voto sono state limitate.

Di seguito, le intenzioni di voto per le Politiche:

  • Fratelli d’Italia (FdI): 27,9%
  • Partito Democratico (PD): 22,6%
  • Movimento 5 Stelle (M5S): 13,0%
  • Forza Italia (FI): 8,8%
  • Lega: 8,0%
  • Alleanza Verdi e Sinistra (Avs): 6,4%
  • +Europa: 1,6%
  • Italia Viva (Iv): 2,3%
  • Azione: 3,0%

La valutazione dell’esecutivo e della premier Meloni ha subito lievi cali. Il governo ha un indice di approvazione del 43%, un punto in meno rispetto al mese scorso, mentre Meloni ha un indice di 44, anch’esso in calo di un punto. L’indice di approvazione dei leader politici è rimasto sostanzialmente stabile, con l’eccezione di Antonio Tajani, il cui indice è sceso di due punti a causa delle recenti polemiche con Matteo Salvini.

La politica internazionale sembra influire poco sulle opinioni degli elettori italiani, con i cambiamenti nelle intenzioni di voto che rimangono minimi. Tuttavia, le dinamiche interne ai partiti e le divisioni nel centrodestra potrebbero avere implicazioni future sulla stabilità del governo e sulle alleanze politiche. ​

Continua a leggere

Politica

Antonio Tajani: l’autonomia non è un dogma

Pubblicato

del

Negli ultimi tempi, si sono moltiplicati i segnali di un’offensiva all’interno di Forza Italia. Oggi, il segretario del partito, Antonio Tajani, ha chiarito la sua posizione affermando che “l’Autonomia non è un dogma”. Questa dichiarazione, resa durante un confronto in Consiglio dei ministri con Roberto Calderoli, padre della riforma, sembra rappresentare quella scossa che Pier Silvio Berlusconi aveva chiesto a Forza Italia, passando da un “partito di resistenza a uno più di sfida”.

Dopo numerose critiche mosse da alcuni membri di Forza Italia, in particolare dal governatore calabrese Roberto Occhiuto, al provvedimento bandiera della Lega, Tajani ha assunto una posizione più decisa rispetto al passato. Serrando i ranghi anche rispetto a una fronda interna, di cui la battaglia in nome del Sud condotta da Occhiuto è un esempio, Tajani ha affermato: “L’Autonomia differenziata non è un dogma di fede, è una riforma voluta dalla sinistra nel 2001 e spinta dalla Regione Emilia-Romagna: ora vigiliamo sull’applicazione. Vigilare non vuol dire mettersi di traverso ma fare le cose fatte bene”.

Tajani ha aperto alla posizione di Occhiuto, riconoscendo le preoccupazioni delle regioni del Sud: “La riforma deve essere a vantaggio di ogni cittadino italiano”. Ha chiarito che non mette in discussione “l’impegno preso da FI” con gli alleati, ma ha sottolineato che “serve un’ulteriore riflessione”. Tajani ha anche espresso preoccupazioni in quanto ministro degli Esteri, affermando che “il commercio estero deve restare competenza nazionale, le Regioni non possono sostituire lo Stato”.

Queste dichiarazioni segnano un cambio di ritmo per Forza Italia, il cui ruolo all’interno del governo appare ora più dialettico e di pungolo. Prima di Tajani, altri dirigenti del partito avevano preso le distanze dall’Autonomia. Licia Ronzulli, ad esempio, ha criticato il decreto sulle liste d’attesa appena convertito, definendolo “una misura tampone, ma insufficiente”.

Un altro fronte aperto è quello del decreto Carceri: il compromesso raggiunto dalla maggioranza ha sacrificato ben sette emendamenti forzisti su nove. La linea securitaria di Fratelli d’Italia e Lega, che nega anche la semilibertà per chi ha ancora quattro anni da scontare, ha prevalso. In commissione, i dirigenti forzisti hanno abbozzato: “Non si può ottenere tutto subito”, ha detto Maurizio Gasparri. Tuttavia, lunedì sarà illustrata l’iniziativa comune di FI con i Radicali per affrontare “la questione penitenziaria”.

Recentemente, fonti forziste hanno sbarrato la strada alla proposta della Lega di aumentare la raccolta pubblicitaria Rai per abbassare il canone, affermando che “non è nel programma”.

Le parole di Tajani arrivano mentre il consiglio dei ministri affronta il nodo dell’Autonomia con una informativa del ministro Roberto Calderoli. “Ad oggi sono state trasmesse al governo le richieste delle Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria”, ha riferito Calderoli. Tajani ha chiesto di visionare la relazione e Calderoli, in tono gelido, ha assicurato: “La invio a tutti”.

In conclusione, le dichiarazioni di Tajani rappresentano un tentativo di Forza Italia di ritagliarsi un ruolo più critico e costruttivo all’interno del governo, affrontando temi delicati come l’Autonomia differenziata e la questione penitenziaria, cercando al contempo di mantenere un equilibrio con gli alleati.

Continua a leggere

In Evidenza

Svolta sulle Autostrade, allo Stato parte dei pedaggi

Pubblicato

del

Una parte dei pedaggi autostradali andrà nelle casse dello Stato anziché in quelle delle società concessionarie. E’ con questa novità che si sblocca la partita delle concessioni, che aveva tenuto il stallo per qualche giorno il disegno di legge annuale sulla concorrenza. Il provvedimento, che spazia dalla proroga dei dehors alle sanzioni per taxi e Ncc abusivi, incassa così il via libera del consiglio dei ministri.

Che suggella anche un nuovo tassello della delega fiscale. Ottiene infatti il via libera definitivo l’undicesimo decreto attuativo, che contiene nuove scadenze per le dichiarazioni e qualche nuovo aggiustamento al concordato preventivo, il meccanismo con cui il governo conta di incassare risorse da usare per la manovra. In particolare, slitta dal 30 settembre al 31 ottobre la scadenza per l’invio delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’Irap. Viene inoltre ampliato da 30 a 60 giorni il termine per il pagamento degli avvisi bonari ricevuti a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni.

Per favorire l’adesione al concordato, invece, arriva la flat tax incrementale sul maggior reddito concordato, con aliquote variabili dal 10 al 15% in base al punteggio Isa (che indica l’affidabilità fiscale). Vengono anche rivisti gli acconti, con una minore maggiorazione. Approvato anche il “superamento definitivo del redditometro”, annuncia il vicepremier Matteo Salvini, intestando alla Lega questa “grande vittoria”, che dà lo “stop al Grande Fratello fiscale”. Un risultato su cui cui rivendica il proprio merito anche Fi.

“Viene introdotta una nuova misura, che stanerà i grandi evasori”, spiega da FdI il capogruppo alla Camera Tommaso Foti ricordando l’impegno del partito di Giorgia Meloni per un “fisco amico”. Il viceministro dell’Economia, esponente di FdI e ‘regista’ della delega, Maurizio Leo, che un paio di mesi fa aveva firmato un decreto che lo reintroduceva, poi sospeso, non ne fa menzione nel suo commento: illustra le altre misure e parla di “passo significativo verso una maggiore efficienza e semplificazione del sistema fiscale”.

Nel ddl concorrenza, che è uno dei 69 obiettivi per ottenere la settima rata del Pnrr, la principale novità è la riforma delle concessioni autostradali: arriva – per quelle in scadenza dal 2025 – un nuovo modello tariffario, già sperimentato in 4 concessioni (Ativa, Satap A21, Salt e A10 Fiori), che distingue la tariffa in 3 componenti, di cui due di competenza del concessionario e una, il cosiddetto extragettito, destinata al concedente e i cui proventi saranno utilizzati per realizzare gli investimenti, senza incrementare i pedaggi.

Il nuovo modello prevede anche che le future concessioni non supereranno i 15 anni. “L’obiettivo è realizzare opere pubbliche e tenere sotto controllo i pedaggi”, spiega Salvini, che in cdm porta anche una delibera che dà mandato all’avvocatura per depositare il ricorso contro i divieti unilaterali di Vienna al Brennero. Tante le altre misure del ddl concorrenza, dalla portabilità delle scatole nere alle start up innovative, dalle sanzioni per fronteggiare l’abusivismo nel settore dei taxi e Ncc alle misure per contrastare la cosiddetta ‘shrinkflation’, la pratica che consiste nel ridurre la quantità di prodotto, mantenendo inalterato il confezionamento. Ci sono anche la portabilità delle scatole nere e la proroga (per un anno, in attesa delle norme di riordino del settore) dei dehors, che incassa il plauso delle sigle di categoria ma su cui i consumatori minacciano ricorsi. “Con il ddl – commenta il ministro delle Imprese Adolfo Urso – compiamo un altro significativo passo nella giusta direzione, a supporto delle imprese e a tutela dei consumatori”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto