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Cronache

Giulio Regeni, tre anni fa la scomparsa e poi il ritrovamento del cadevere: la verità è ancora lontana

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Il 25 gennaio saranno tre anni dal giorno in cui Giulio Regeni venne prelevato al Cairo, in una stazione della metropolitana, da agenti dei servizi segreti egiziani che lo torturarono e uccisero, credendolo una spia. Tre anni durante i quali i magistrati di Roma stanno cercando, tra mille difficolta’ investigative, di accertare la verita’ su chi ha tolto la vita al giovane ricercatore friulano che si trovava in Egitto per svolgere un dottorato sui sindacati di base locali per l’universita’ di Cambridge. Oltre dieci incontri bilaterali tra inquirenti italiani ed egiziani, per cercare di porre dei tasselli e mettere in fila, come una sequenza drammatica, i fatti che portarono alla morte di Giulio, il cui corpo venne fatto ritrovare il 3 febbraio sulla strada che dalla capitale porta ad Alessandria d’Egitto. Una svolta, a circa trentatre mesi dall’apertura dell’indagine dei pm romani, e’ arrivata il 4 dicembre scorso con l’iscrizione nel registro degli indagati di cinque 007 egiziani. Il Procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco contestano loro il reato di sequestro di persona. Si tratta di ufficiali appartenenti al dipartimento Sicurezza nazionale (servizi segreti civili) e all’ufficio dell’investigazione giudiziaria del Cairo (polizia investigativa).

Una svolta legata all’attivita’ di indagine portata avanti in questi mesi dai carabinieri del Ros e dagli uomini dello Sco. In base agli elementi raccolti gli inquirenti italiani sono riusciti a dare un nome a chi ha messo in atto il sequestro. Una accelerazione a cui non e’ sostanzialmente seguita una ‘apertura’ da parte degli inquirenti cairoti. Nel registro degli indagati sono finiti pezzi da novanta dell’intelligence civile. In particolare il generale Sabir Tareq, i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal e il maggiore Magdi Sharif. Tra i profili emersi anche quello dell’agente Mhamoud Najem. Ufficiali, alti funzionari e agenti che si sono adoperati per mettere sotto controllo Regeni dopo la denuncia di Mohamed Abdallah, figura di spicco nel sindacato degli ambulanti, che aveva raccontato alle forze di sicurezza egiziane del ricercatore italiano, della sua intenzione di svolgere un dossier per conto dell’universita’ di Cambridge e dei soldi, circa 10 mila sterline, da lui promessi per effettuare la ricerca. “E’ una spia”, aveva assicurato Abdallah ai suoi referenti.

Nei giorni scorsi la Procura di Roma ha avviato un nuovo fascicolo di indagine, al momento contro ignoti, alla luce di presunte pressioni ricevute dal consulente della famiglia Regeni in Egitto, per mano proprio di appartenenti alla National Security che avrebbero chiesto di essere informati sulla attivita’ di indagine svolta dai legali del ricercatore. L’attivita’ di controllo su Regeni inizia l’11 dicembre del 2015. Giulio viene fotografato da uno sconosciuto nel corso di una assemblea sindacale. E’ lo stesso italiano a raccontare ad alcuni suoi colleghi questo episodio. I servizi segreti in quei giorni cercano informazioni su di lui al punto che il 15 dicembre un agente della National Security, Najem, collaboratore del colonnello Helmy, si reca presso l’abitazione di Regeni per cercare di mettere le mani su una copia del suo passaporto senza pero’ riuscirci.

Il 7 gennaio successivo, dopo che Regeni era rientrato in Egitto, viene videoregistrato un incontro tra lui e Abdallah a cui gli 007 forniscono l’apparecchiatura. Dopo quell’incontro le comunicazioni tra il responsabile sindacale e uomini degli apparati si intensificano. Regeni dal 22 gennaio viene pedinato: una attivita’ proseguita fino al 25 (data in cui ricorreva l’anniversario della rivoluzione del 2011) quando di Giulio si perdono le tracce.

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Ex vigilessa Sofia Stefani uccisa, la difesa fermato: è stato un incidente

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“Nell’udienza di convalida domani intendiamo rispondere all’interrogatorio e chiariremo ogni aspetto di quello che è successo. E’ stato un incidente, non è stato volontario, non è stato un femminicidio. E’ una tragedia immane per cui siamo tutti devastati”. Lo dice l’avvocato Claudio Benenati, difensore di Giampiero Gualandi, l’ex comandante della polizia locale di Anzola fermato per l’omicidio della ex collega Sofia Stefani, uccisa con la pistola di ordinanza del 62enne, nel suo ufficio del comando.

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Caso Toti, Ilaria Cavo: avvisai presidente che i Testa non mi piacevano

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“Avvisai il presidente che i fratelli Testa non mi piacevano”. E’ quanto detto dalla deputata Ilaria Cavo nel corso della sua audizione come persona informata dei fatti. La giornalista è stata sentita in caserma nei giorni scorsi dal sostituto procuratore Federico Manotti (che insieme al collega Luca Monteverde ha coordinato le indagini) nell’ambito dell’inchiesta per corruzione che ha portato ai domiciliari il governatore. I fratelli Testa, Angelo Arturo e Italo Maurizio, sono indagati anche loro per voto di scambio aggravato dall’aver agevolato la mafia.

Per gli inquirenti i due gemelli sarebbero stati i referenti di un clan mafioso e avrebbero convinto la comunità riesina a votare il partito di Toti e i suoi candidati (tra cui la stessa Cavo) in cambio di posti di lavoro.La parlamentare ha ammesso di averli conosciuti in un ristorante nei pressi di Bergamo mentre andava in settimana bianca. Si offrirono di aiutarla chiedendo a loro volta una mano per avere posti di lavoro “magari dentro Autostrade”. Cavo, ha spiegato in caserma, “nei mesi successivi si fecero troppo insistenti, si comportavano in una maniera che non mi piaceva affatto”.

Per questo chiamò prima l’onorevole Alessandro Sorte, che aveva fatto da tramite, e poi avvisò lo stesso Toti che quei due non le “piacevano”. Un avvertimento, secondo gli inquirenti, non colto dal presidente. In un’intercettazione tra i due fratelli raccontano come Toti li avesse presi sottobraccio durante un evento elettorale chiedendo di “aiutare comunque” Cavo visto che loro erano “dei bulldozer”.

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I passaporti saranno rilasciati anche dalle Poste, accordo col ministero dell’Interno

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“Grazie all’introduzione della nuova agenda prioritaria, a cui si è affiancato un rilevante sforzo messo in campo dalle questure sia in termini di personale che di modelli organizzativi, è stato possibile incrementare sensibilmente il numero degli appuntamenti fissati, appuntamenti che nel solo mese di aprile di quest’anno sono stati 354mila, a fronte dei 230mila dell’aprile 2023. Prevediamo di rilasciare nel 2024 oltre 3,4 milioni di passaporti rispetto ai 2,7 milioni dell’anno precedente. Segno tangibile dell’impegno che abbiamo profuso per fornire risposte efficaci ai cittadini”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha incontrato oggi al Viminale, insieme al direttore generale di Poste Italiane, Giuseppe Lasco, i rappresentanti delle associazioni del turismo organizzato.

La riunione, informa il ministero, “è stata l’occasione per un proficuo confronto sugli esiti di tutte le azioni già avviate per superare le difficoltà attestate nel rilascio dei passaporti, anche alla luce del prezioso contributo che le associazioni hanno potuto offrire sul punto. In particolare, dall’analisi dei dati, è emerso come le misure adottate stiano consentendo di far fronte efficacemente alle problematiche rilevate nei mesi scorsi ed è stata condivisa, da tutti i partecipanti, la soddisfazione per gli importanti risultati conseguiti”.

“Su indicazione del Viminale – ha poi rilevato Lasco – ci siamo adoperati per attivare, nell’ambito del progetto Polis, il servizio di richiesta dei passaporti nei comuni con meno di 15mila abitanti. Dallo scorso marzo abbiamo registrato più di 350 richieste nei 31 uffici postali in cui tale servizio è attivo, servizio che entro fine mese sarà operativo in più di 130 uffici. Oltre l’80% dei cittadini ha richiesto la consegna a casa del passaporto, con un risparmio di tempo e spostamenti importanti anche e soprattutto per l’ambiente. La grande novità, conclusi i passaggi normativi, è che da luglio questo servizio interesserà progressivamente gli uffici postali di tutta Italia, senza distinzioni tra piccoli e grandi centri”. La situazione continuerà ad essere attentamente monitorata dal Viminale, in raccordo con tutti gli attori coinvolti, con i quali proseguiranno momenti di confronto.

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