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Gaza ridotta a un cumulo di macerie. Hamas: ‘Risorgerà’

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“Per la prima volta non abbiamo avuto paura, non ci chiedevamo quando ci sarebbe stato il prossimo raid”. Quasi incredulo, Ammar Barbakh, trentacinquenne residente di Khan Yunis, descrive con poche parole il sollievo dei gazawi al risveglio dopo la prima notte senza bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, che in 15 mesi di guerra hanno raso al suolo la maggior parte degli edifici e delle infrastrutture nell’enclave. Una devastazione tale da rendere il cessate il fuoco un momento dolceamaro per milioni di palestinesi, partiti in un lungo controesodo per tornare alle proprie case, consapevoli che ad attenderli ci sarà solo un cumulo di macerie.

Ma Hamas promette: la Striscia e il suo popolo “risorgeranno di nuovo per ricostruire ciò che l’occupazione ha distrutto”. Secondo il ministero della Sanità di Hamas, 47.035 persone sono state uccise e oltre 111mila ferite negli attacchi israeliani sull’enclave dal 7 ottobre 2023, 122 dei quali morti nelle 24 ore prima che entrasse in vigore la tregua. L’agenzia di protezione civile a Gaza stima che più di 10.000 cadaveri siano ancora sotto le macerie degli edifici distrutti.

Da domenica, nell’enclave continuano a entrare centinaia di camion di aiuti e di carburante necessari a dare sollievo alla popolazione sull’orlo della carestia. Ma intanto, resta la devastazione immortalata dalle immagini aeree rilanciate dai media, in mezzo alla quale colonne di palestinesi si sono incamminate sin dalle prime ore di cessate il fuoco per tornare alle proprie abitazioni, che probabilmente non ci sono più. Secondo l’Onu, bisognerà attendere almeno il 2040 per vedere Gaza ricostruita. “È stato un grande shock, tante persone sono scioccate a causa di ciò che è successo alle loro case: è distruzione, distruzione totale”, dice Mohamed Gomaa, che nella guerra ha perso fratello e nipote, citato dal Guardian.

Abdulrahman Riyati, che si trova a Khan Yunis dopo essere stato sfollato da Rafah, dice che ancora non vuole provare a tornare a sud. “È dura per me. Avevo un figlio di 30 anni, è stato martirizzato a Khan Yunis. L’ho portato con me da Rafah ed è morto. È dura per me tornare lì senza di lui”, ha raccontato citato dalla Bbc. Safaa Mahmoud, che vive con le sorelle e il padre in una tenda a Khan Yunis, prova a guardare a tutto questo con ottimismo: “Anche se la nostra bella casa è stata ridotta in macerie, preferisco avere un momento di pace e felicità.

C’è ancora spazio per la tristezza e il dolore che ci accompagneranno per molti anni”. Dall’altra parte della frontiera, Israele si stringe attorno a Emily Damari, Romi Gonen e Doron Steinbrecher, le tre donne ostaggio tornate a casa nel primo giorno di tregua, che hanno riacceso la speranza tra le famiglie israeliane che attendono di poter riabbracciare i propri cari ancora nelle mani dei miliziani di Hamas.

“Sono tornata alla vita”, è stato il primo messaggio che Emily ha voluto affidare ai social. “Amore, amore, amore. Ringrazio Dio, ringrazio la mia famiglia, i miei amici, i migliori che ho al mondo. Sono riuscita a vedere solo un frammento di tutto e mi avete spezzato il cuore dall’emozione. Grazie, grazie, grazie. Sono la persona più felice del mondo”, continua Emily nel post su Instagram, mentre sono proseguiti i controlli medici e psicologici per tutte e tre le giovani tornate in libertà dopo mesi di prigionia. Una di loro, rimasta ferita, ha raccontato di essere stata operata senza anestesia: “Non pensavo che sarei tornata, ero sicura che sarei morta a Gaza”.

“Sta molto meglio di quanto ci aspettassimo”, ha detto Mandy, la madre di Emily, quando ha potuto finalmente riabbracciare la figlia “come avevo sognato di fare per molto tempo”. Ma la strada verso la guarigione è comunque “appena iniziata”, ha sottolineato la madre, chiedendo privacy per la sua famiglia. E ricordando che 94 ostaggi restano prigionieri di Hamas: per questo, il cessate il fuoco deve rimanere intatto “finché l’ultimo degli ostaggi non tornerà a casa dalle proprie famiglie”. Come previsto dall’intesa, alla liberazione delle tre donne le autorità israeliane hanno risposto con la scarcerazione di 90 prigionieri palestinesi, partiti nella notte su due autobus con i vetri oscurati dalla prigione israeliana di Ofer, in Cisgiordania. Un primo passo di un cessate il fuoco che vedrà ogni settimana uno scambio di prigionieri, il prossimo atteso per il fine settimana.

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Wsj, Putin sta espandendo basi e truppe ai confini Nato

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A circa 160 chilometri dal confine con la Finlandia, nella città russa di Petrozavodsk, gli ingegneri militari russi stanno espandendo le basi militari dove il Cremlino prevede di creare un nuovo quartier generale dell’esercito per supervisionare decine di migliaia di soldati nei prossimi anni. E’ quanto scrive il Wall Street Journal. I soldati, molti dei quali ora in prima linea in Ucraina, dovrebbero costituire la spina dorsale dell’esercito russo in chiave anti-Nato. Il Cremlino sta ampliando il reclutamento militare, rafforzando la produzione di armi e potenziando le linee ferroviarie nelle zone di confine.

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Ft: accuse a Orban, 1 miliardo sussidi a media filogovernativi

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Due organi di informazione ungheresi, Magyar Hang e una seconda testata coperta dall’anonimato, intendono presentare oggi una denuncia alla Commissione europea, sostenendo che il governo di Viktor Orbán ha concesso più di un miliardo di euro di sovvenzioni illegali ai media filogovernativi. Lo riporta il Financial Times online. Secondo le due testate, le entrate pubblicitarie sarebbero state convogliate verso giornali, emittenti televisive e piattaforme online filo-Orbán tra il 2015 e il 2023 per per garantire il sostegno al partito al potere Fidesz e per escludere il giornalismo critico.

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Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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