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Esteri

Gaza festeggia la tregua, Israele abbraccia i primi ostaggi

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Migliaia di persone sono esplose in un fragoroso applauso liberatorio nella cosiddetta Piazza degli ostaggi a Tel Aviv nel momento in cui Romi, Emily e Doron sono state consegnate dalla Croce Rossa all’Idf, dopo 471 giorni di prigionia a Gaza. Lacrime e abbracci hanno cominciato ad allentare la tensione che attanaglia Israele da 15 mesi. E’ il culmine della giornata della storica tregua tra Israele e Hamas dopo una guerra che ha ucciso 46.913 palestinesi e provocato indicibili sofferenze agli ostaggi israeliani e alle famiglie.

Alle 11.15, con tre ore di ritardo, il rombo dei caccia è scomparso dai cieli dell’enclave e il cessate il fuoco è cominciato. I palestinesi hanno gioito sperando di tornare al più presto a vedere le condizioni delle loro case. Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha voluto rendere pubblico il momento in cui il coordinatore governativo dei rapiti Gal Hirsh, dal centro operativo che ha seguito da remoto la complessa operazione di rilascio, gli ha passato l’informazione cruciale. “Gal, mi senti?” “Sì, ciao primo ministro, sono qui con il Mossad, lo Shin Bet, l’Idf e tutta la nostra rete di sicurezza. Voglio informarti che le nostre rapite sono state trasferite nelle mani dell’esercito”.

“È un giorno molto emozionante. Queste sono le prime rapite che riportiamo a casa in questa fase. Gal, dì a Romi, Doron e Emily che tutta la nazione le abbraccia. Hanno passato un inferno. Stanno uscendo dalle tenebre verso la luce”, ha pronunciato a caldo Bibi. Facendosi riprendere in un video, diffuso dal suo ufficio, per immortalare il momento. Ma prima della gioia, le ultime 24 sono state estenuanti per l’intero Paese e per i cittadini di Gaza. Il ritardo nella consegna dei nomi da parte di Hamas ieri sera ha allarmato gli animi da una parte e dall’altra del confine. Il cessate il fuoco, inizialmente previsto per le 8,30 di domenica, ‘è stato spostato alle 11,15. E fino a quell’ora l’aeronautica israeliana ha lanciato ondate di raid sulla Striscia contro diversi obiettivi di Hamas, compresi miliziani armati che sfilavano sui pickup per le strade.

Le autorità di Gaza hanno riferito di 13 vittime. Poi, all’improvviso il silenzio. Il rombo dei caccia è scomparso dal cielo dell’enclave, la gente è uscita per strada a festeggiare, i camion carichi di aiuti umanitari, specialmente cibo e farina, hanno cominciato ad arrivare. Le persone si sono precipitate nei mercati a prendere da mangiare, per le strade le donne hanno offerto dolcetti: il dolore e le sofferenze di un anno e tre mesi di guerra devastante sono stati sostituiti dal giubilo, spontaneo, immediato. Le immagini arrivate dal nord della Striscia hanno mostrato un deserto di macerie, strade sterrate in mezzo, i pickup autorizzati come astronavi di un altro mondo. Da Washington il presidente eletto Donald Trump, alla vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca, ha postato tutta la sua soddisfazione per l’esito dell’accordo sul suo social, Truth: “I rapiti cominciano a uscire oggi da Gaza. Tre meravigliose giovani donne saranno le prime”, ha scritto.

Joe Biden, pronto a lasciare lo Studio ovale, ha celebrato il concretizzarsi dell’intesa tra Hamas e Israele con parole più politiche: “L’entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza, arriva in una regione, il Medio Oriente, profondamente trasformata. Hamas non governerà più Gaza”, ha dichiarato sottolineando che “il leader del gruppo terroristico (Yahya Sinwar) è morto e gli sponsor di Hamas sono stati indeboliti da Israele”. Gioisce anche il presidente Sergio Mattarella: “Ora più che mai è importante l’impegno della Comunità internazionale per garantire la progressiva e piena applicazione della tregua” per una “pace duratura”, ha detto. Nel mentre da Bruxelles il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa ha sottolineato su X che “l’accordo porta un tanto atteso barlume di speranza nella regione. Tutte le parti devono rispettarlo. La pace è l’unica via da seguire”.

Il presidente francese Emmanuel Macron, rivolto al presidente dell’Anp Abu Mazen ha auspicato che venga “ristabilita la governance palestinese a Gaza”. Dal canto suo Hamas, accusata per i ritardi da Israele e pressata dai Paesi mediatori, ha voluto mettere in chiaro la sua posizione: in un video postato sui social, con il viso completamente coperto da una kefiah rossa, il portavoce delle brigate Qassam Abu Obeida, ha affermato che il gruppo è impegnato a rispettare l’accordo di cessate il fuoco e sollecita i mediatori a costringere Israele a rispettarlo.

Nel frattempo, Doron, Emily e Romi, dopo essere state portate nella struttura al confine con Gaza dove hanno potuto incontrare le loro madri, sono state trasferite in elicottero all’ospedale Sheba di Tel Hashomer, dove incontreranno il resto delle loro famiglie e riceveranno le cure mediche necessarie. Con sé hanno portato un sacchetto ricevuto da Hamas con “doni e souvenir” da Gaza, inclusa una foto della Striscia. Fuori, centinaia di persone le hanno aspettate applaudendo e srotolando grandi bandiere israeliane. Fonti palestinesi hanno reso noto che nella giornata 552 camion con aiuti umanitari sono entrati a Gaza. Resteranno nella memoria collettiva le foto diffuse dalle autorità in cui si vedono le tre ragazze liberate felici tra le braccia delle loro mamme.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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