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Donne e minori, chi sono i primi palestinesi liberi

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Sono 69 donne e 21 minori i primi prigionieri palestinesi liberati da Israele a fronte del rilascio dei primi tre ostaggi allo scattare della tregua dopo il lungo braccio di ferro su liste, tempi e modi nell’ambito dell’accordo. Così a fronte delle tre donne civili israeliane per le quali nelle scorse ore sono finiti gli oltre 15 mesi di prigionia nelle mani dei militanti islamici escono dalla prigione di Ofer 90 palestinesi: 30 palestinesi per ciascun civile israeliano libero e con un ‘peso’ corrispondente. Ovvero, per il momento dalla carcere israeliano escono detenuti ‘minori’, quindi non ergastolani e non nomi legati a ruoli apicali della dirigenza di Hamas. C’è Khalida Jarrar, quasi un personaggio storico dell’attivismo palestinese: ha 62 anni ed è una componente di spicco del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, organizzazione attiva fin dagli anni ’60, protagonista anche della Seconda Intifada e che da Israele, Stati Uniti e Ue è designata come organizzazione terroristica.

Khalida Jarrar – attivista per la difesa dei diritti umani e che proprio sui diritti dei detenuti palestinesi ha guidato importanti battaglie – è stata deputata, eletta al parlamento palestinese nel 2006 e nell’ultimo decennio è stata a più riprese arrestata e rilasciata, sebbene mai condannata per coinvolgimento diretto nelle azioni militari del Fronte Popolare. Nel 2007 le è stato vietato di viaggiare all’estero, divieto poi revocato nel 2010 per consentirle di ricevere cure mediche in Giordania. Nel 2015 la sentenza è stata di 15 mesi di detenzione per incitamento e appartenenza a un’organizzazione vietata e l’arresto più recente nel dicembre 2023, con gli ultimi sei mesi trascorsi in isolamento in una piccola cella, stando ad alcune indicazioni.

Dal suo ingresso in carcere oltre un anno fa non è stato consentito nemmeno al marito, Ghassan Jarrar, di farle visita in prigione, come lui stesso ha denunciato in una recente intervista. Un precedente legato ai suoi periodi in carcere riguarda la morte della figlia Suha, nel 2021, a Khalida fu negato un permesso su basi umanitarie per partecipare al funerale. Tra le altre donne che compaiono nella lista ci sono Dalal Khaseeb, di 53 anni, sorella dell’ex vice comandante di Hamas Saleh Arouri, ucciso in un attacco israeliano in un sobborgo meridionale di Beirut un anno fa.

Poi Abla Abdelrasoul, 68 anni, moglie del leader del Fplp Ahmad Saadat, che nel 2001 uccise un ministro israeliano e sta scontando una condanna a 30 anni. Ci sono poi 21 minorenni e fra questi il più giovane ha 15 anni, si chiama Mahmoud Aliowat ed è accusato di un attacco a Gerusalemme nel 2023. Sulla base della lista pubblicata dal ministero della Giustizia, in questa prima fase dell’attuazione dell’accordo è prevista la liberazione di detenuti arrestati dal 2020, tra cui 66 solo nell’ultimo anno. Cinque sono sospettati di tentato omicidio, tre di omicidio e sette di aggressione. Dieci sono già stati condannati, 31 sono detenuti senza processo e 51 sono in attesa di giudizio. Al Jazeera fornisce altri dettagli sull’elenco e indica 76 prigionieri provenienti dalla Cisgiordania e 14 da Gerusalemme Est.

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La Francia consegna a Kiev i primi caccia Mirage 2000

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La Francia ha consegnato i primi caccia Mirage 2000 all’Ucraina: lo fa sapere il governo di Parigi. Il Mirage 2000 sarà il secondo caccia di fabbricazione occidentale ad entrare nelle forze armate di Kiev dopo l’F-16. Il ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu, ha annunciato nei mesi scorsi su X che i Mirage 2000 per l’Ucraina saranno equipaggiati con sistemi elettronici di autodifesa e subiranno modifiche specifiche che consentiranno loro di condurre missioni aria-terra.

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Santorini e il rischio sismico: cosa sta accadendo sull’isola?

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Migliaia di persone stanno abbandonando le loro case per paura dei terremoti che da giorni scuotono l’isola greca di Santorini, conosciuta nell’antichità come Thera. La domanda sorge spontanea: c’è un rischio imminente di eruzione?

Secondo gli esperti, per il momento non ci sono segnali evidenti di un’imminente attività vulcanica, ma la zona rimane geologicamente molto attiva e qualsiasi sviluppo va monitorato con attenzione.

Lo sciame sismico e la struttura tettonica

L’attuale sciame sismico si sta concentrando a Nord-Est dell’isola, nella zona del bacino di Anhydros, un’area geologicamente complessa che si estende fino all’isola di Amorgos. Si tratta di un’area caratterizzata da importanti faglie tettoniche, già responsabili in passato di terremoti di forte intensità, come quello del 1956, stimato tra 7.2 e 7.8 di magnitudo Richter.

Sebbene la presenza di fluidi profondi possa influenzare l’attività sismica, la posizione degli eventi fa ritenere che l’origine sia principalmente tettonica, piuttosto che vulcanica.

Il vulcano di Santorini: storia e pericoli

La storia geologica di Santorini è segnata da un evento catastrofico: l’eruzione del 1650 a.C., una delle più violente della storia umana. L’intera isola esplose, svuotando la sua camera magmatica dopo giorni di forti terremoti. Gli abitanti riuscirono quasi tutti a mettersi in salvo, ma la città di Akrotiri fu completamente sepolta sotto strati di cenere vulcanica, diventando una sorta di Pompei dell’Età del Bronzo.

L’eruzione provocò uno tsunami che colpì duramente anche Creta, contribuendo, secondo alcune teorie, al declino della civiltà minoica. Le ceneri di quella devastante esplosione arrivarono fino in Egitto, influenzando miti e leggende, e forse persino il racconto biblico delle piaghe d’Egitto.

Il rischio attuale: terremoti e costruzioni antisismiche

Attualmente, non ci sono prove che il vulcano di Santorini sia prossimo a una nuova eruzione. Le autorità monitorano parametri fondamentali come:

  • Temperatura e composizione delle fumarole
  • Rigonfiamento del suolo
  • Attività sismica profonda

Se il vulcano dovesse dare segni di risveglio, i sistemi di sorveglianza permetterebbero di prevedere con anticipo un’eventuale eruzione. Tuttavia, è impossibile escludere completamente la possibilità di una sua riattivazione in futuro.

Il vero pericolo, al momento, è l’edilizia. In caso di terremoti di forte intensità, non è il sisma in sé a uccidere, ma il crollo di edifici costruiti senza criteri antisismici. Con l’aumento del turismo negli ultimi decenni, si teme che alcune costruzioni possano non essere state realizzate secondo standard di sicurezza adeguati.

Conclusione: nessun allarme, ma massima attenzione

Al momento non c’è un pericolo immediato di eruzione, ma Santorini rimane una zona ad altissimo rischio sismico e vulcanico.

Le autorità stanno valutando eventuali evacuazioni come misura precauzionale, ma se le costruzioni fossero state realizzate seguendo le giuste norme, oggi non ci sarebbe alcun bisogno di fuggire.

La Terra è in continuo movimento e Santorini è uno dei luoghi dove la geodinamica si manifesta più chiaramente. Resta da vedere se, nei prossimi giorni, lo sciame sismico si attenuerà o se sarà il segnale di una nuova fase di attività del vulcano.

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Ue valuta di colpire le Big Tech in caso di dazi Usa

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Colpire al cuore le Big Tech americane, usando uno strumento che, non a caso, era stato pensato durante il primo mandato di Donald Trump. E’ questo il “bazooka” al quale starebbe pensando la Commissione Ue nel caso il presidente americano concretizzasse la sua minaccia sui dazi. A rivelarlo al Financial Times sono stati due funzionari Ue vicini al dossier precisando un dato abbastanza evidente nei corridoi delle istituzioni comunitarie: al momento qualsiasi tipo di ritorsione è affidata al campo delle ipotesi. Nella Direzione Trade di Palazzo Berlaymont, l’aria è, per usare un eufemismo, caldissima.

In attesa di Trump sul tavolo dei funzionari comunitari ci sono più modelli teoricamente percorribili, a seconda di quanta forza Bruxelles voglia imprimere alla sua risposta. In questo quadro, una ritorsione contro le Big Tech sarebbe certamente una replica ferma e netta alla guerra dei dazi di Trump. Anzi, la sola circolazione delle possibili ritorsioni di Bruxelles, nella strategia della Commissione, potrebbe essere già un anticipo della trattativa che verrà. L’appiglio giuridico per colpire le Big Tech sarebbe in questo senso lo Strumento Anti-Coercizione (Aci), varato dalla Commissione ben oltre quattro anni fa – nel pieno della guerra commerciale con gli Usa di Trump – ma entrato in vigore solo alla fine del dicembre 2023.

Lo strumento offre alla Commissione un’ampia gamma di possibili contromisure quando un Paese si rifiuta di eliminare la coercizione. Queste includono l’imposizione di tariffe, restrizioni al commercio di servizi e agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio, nonché restrizioni all’accesso agli investimenti diretti esteri e agli appalti pubblici. L’obiettivo è limitare e combattere la coercizione economica con finalità politiche di Paesi terzi. Anche per questo, negli anni di Joe Biden alla Casa Bianca, l’Aci è stato usato come deterrente nei confronti della Cina e non degli Usa.

Ursula von der Leyen, in ogni caso, non ha nessuna intenzione di chiudere le porte al dialogo con Trump. Un dialogo che, tuttavia, ad oggi resta assente. I contatti tra Bruxelles e Washington stentano a decollare, all’orizzonte non si intravede alcun incontro tra i vertici Ue e il presidente americano. Di certo, in Europa accanto alla prudenza d’ordinanza si sta facendo spazio l’intenzione di fare di tutto per farsi rispettare. Anche perché la linea della Commissione è che l’economia europea e quella americana “si completano molto bene” e non c’è un alcun atteggiamento iniquo da parte dell’Ue. Stando ai dati del 2023 sul fronte del beni l’Ue ha incassato un surplus di quasi 156 miliardi di euro rispetto agli Usa, mentre nei servizi gli Stati Uniti hanno avuto un surplus di 104 miliardi. Complessivamente (beni e servizi) il surplus a favore di Bruxelles è stato di quasi 52 miliardi di euro, ha puntualizzato Palazzo Berlaymont.

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