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Gara di aiuti per Kavaan, l’elefante “più solo al mondo”

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Veterinari e studiosi stanno sottoponendo a visite ed esami accurati Kavaan, l’ultimo elefante rimasto nello zoo di Islamabad, in Pakistan, per il quale e’ stata lanciata una campagna mondiale in vista di un suo trasferimento in Cambogia. Divenuto popolare sui social come ‘l’elefante piu’ solo del mondo’ dopo la morte della sua compagna otto anni fa, l’animale ha attirato l’attenzione di diverse organizzazioni animaliste che hanno lanciato anche una raccolta i fondi. Una squadra di team di Four Paws, un’organizzazione mondiale per il benessere degli animali, e’ a Islamabad per valutare le condizioni fisiche e mentali dell’elefante prima del trasferimento.

 

“Per conto delle autorita’ pakistane, abbiamo eseguito esami medici sull’elefante per garantire che Kaavan stia abbastanza bene da essere ricollocato”, ha affermato l’organizzazione in una nota. “Ora – ha aggiunto – verranno intrapresi i passi necessari per finalizzare il suo trasferimento in un santuario di animali in Cambogia “. Amir Khalil, leader della missione Four Paws composta da veterinari ed esperti della fauna selvatica, ha affermato che, a causa della malnutrizione e della mancanza di esercizio fisico, Kaavan mostra segni visibili di obesita’. Inoltre, le sue unghie sono incrinate e deformate, probabilmente a causa dell’inadeguatezza della pavimentazione e della struttura del suo recinto. Per risolvere questo problema, dovra’ sottoporsi a un programma di cura dei piedi a lungo termine, che non puo’ essere eseguito nello zoo di Islamabad. Muhammad Aslam, funzionario dell’amministrazione cittadina, ha detto all’ANSA che la data per il trasferimento di Kavaan non e’ stata ancora definita. Kavaan era stato portato in Pakistan dallo Sri Lanka alla tenera eta’ di un anno, ha ricordato, e ha vissuto dal 1990 allo zoo di Islamabad insieme alla sua compagna, morta nel 2012. Gli attivisti per i diritti degli animali si sono battuti a lungo per il trasferimento dell’elefante, denunciando le cattive condizioni anche di altri animali ospitati nella struttura. Tuttavia, per un lungo periodo, il governo del Pakistan ha ignorato gli appelli. Nel maggio scorso, pero’, l’Alta Corte di Islamabad ha ordinato la chiusura dello zoo a causa delle pessime condizioni di manutenzione. In precedenza, due leoni erano morti durante un tentativo di trasferimento a causa dei loro ormai irreversibili problemi di salute. A seguito dell’ordine, il consiglio di amministrazione della fauna selvatica di Islamabad ha invitato l’organizzazione Four Paws a farsi carico del problema. Gentle Giant, un’organizzazione senza scopo di lucro che aiuta gli elefanti in cattivita’ in tutto il mondo, ha avviato una campagna online per raccogliere donazioni per dare a Kavaan una nuova vita e una nuova casa al Cambodia Wildlife Sanctuary.

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Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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