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Esteri

Fuad Shukr, la mente dei missili di Hezbollah

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Ucciso o sfuggito al raid, il comandante di Hezbollah preso di mira nell’attacco aereo israeliano a Beirut è stato identificato in Fuad Shukr, noto anche come Hajj Mohsin, presentato dai portali israeliani come il numero due del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e considerato uno dei comandanti dell’organizzazione nel sud del Libano. Secondo un profilo delineato dalle autorità statunitensi, Shukr è un consigliere senior per gli affari militari di Nasrallah e ha prestato servizio nel più alto organo militare di Hezbollah, il Consiglio della Jihad. Nato nel 1962, è stato uno stretto collaboratore del defunto comandante del Partito di Dio Imad Mughniyah e ha avuto un ruolo centrale nell’attentato del 23 ottobre 1983 alla caserma del corpo dei Marines americani a Beirut, in cui persero la vita 241 militari statunitensi e altri 128 rimasero feriti.

Per il suo coinvolgimento in quell’attentato, gli Stati Uniti hanno posto sulla sua testa una taglia fino a 5 milioni di dollari per informazioni che avessero portato “alla sua localizzazione, all’arresto o alla condanna in qualsiasi Paese”. Washington lo ha infatti designato come un “terrorista globale” e ne ha sequestrato tutti i beni sotto giurisdizione Usa. Secondo le autorità americane, Shukr ha inoltre aiutato le truppe filo-regime di Assad nella campagna militare di Hezbollah contro le forze di opposizione siriane. Secondo quanto riferito dai media israeliani, diversi anni fa Shukr è stato designato dall’Idf come comandante del progetto dei missili di precisione di Hezbollah. Nel rivendicare l’attacco, le Forze di Difesa israeliane hanno affermato di aver condotto “un attacco mirato a Beirut contro il comandante” di Hezbollah “responsabile dell’omicidio dei bambini a Majdal Shams e dell’uccisione di numerosi altri civili israeliani”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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Mosca: abbattuti 115 droni ucraini, un morto a Bryansk

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Mosca afferma che di aver abbattuto stanotte 115 droni ucraini sul territorio russo e che un civile è rimasto ucciso in uno degli attacchi effettuati dai velivoli senza pilota delle forze di Kiev, quello sulla città occidentale di Bryansk.

Secondo un comunicato del Ministero della Difesa di Mosca citato dall’agenzia di stampa russa Tass i droni ucraini sono stati intercettati sulle regioni di Bryansk (102), Kursk (due) e Belgorod (uno), sulla Crimea (nove) e sul Mar Nero (uno). Il governatore del Bryansk, Alexander Bogomaz, ha scritto su Telegram che “il regime di Kiev ha compiuto un altro atto terroristico questa notte” sul capoluogo di regione uccidendo “un civile” e ferendo “una donna”. L’attacco ha danneggiato anche alcune infrastrutture civili, ha aggiunto Bogomaz.

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