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F1: Verstappen vince il gp del Belgio, Leclerc è terzo

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Un dominio che rischia di ‘uccidere’, se non lo ha già fatto, la massima categoria dell’automobilismo sportivo. Max Verstappen completa il suo weekend perfetto a Spa-Francorchamps e, dopo la gara sprint di ieri, vince anche il Gran Premio del Belgio, l’ottavo di fila, il decimo in stagione e il dodicesimo per la Red Bull (uno in piu’ del record McLaren dell’88), che conta anche su due successi di Sergio Perez. Insomma, una supremazia schiacciante.

Ma proprio questo sta diventando un problema: ormai in F1 non ce n’è per nessuno, ogni gara ha un esito scontato e si sa già chi sarà il vincitore, l’unico dubbio è se per caso Perez (oggi secondo) riesca a precedere l’olandese campione del mondo in carica, al quale manca solo la certezza matematica per succedere a se stesso. Ma e’ solo questione di tempo, visto che ora nella classifica del Mondiale conta 125 punti di vantaggio sul compagno di scuderia; intanto l’interesse per la F1 scema per mancanza di avversari per le vetture (in particolare una) che portano il nome di una bevanda energetica , anche se Lewis Hamilton cerca di riportare a livelli di competitività vera la Mercedes e se i tifosi della Ferrari non smettono di sognare un colpo gobbo della rosse di Maranello.

Intanto a Spa gli appassionati della Rosse festeggiano il terzo posto di Charles Leclerc, partito in pole, mentre Carlos Sainz si è ritirato al 23/o giro, per le conseguenze di un contratto con Oscar Piastri. “Abbiamo avuto un buon passo, ma la Red Bull è ancora lontana – le parole del pilota monegasco della Ferrari -. Oggi il nostro è un risultato decente”. Ma è ovvio che anche quella di Spa è stata una gara nel segno di Verstappen, che in 17 giri ha recuperato senza grandi difficoltà dalla terza fila (da dove era partito a causa della penalità di 5 posizioni per la sostituzione del cambio) dimostrando, su un asfalto viscido in diverse curve e asciutto nel resto del tracciato, un passo nettamente superiore alla concorrenza. Insomma, tutto come sempre, e alla fine l’olandese volante ha conquistato la 45/a vittoria in carriera, decima dell’anno e ottava consecutiva dell’anno (la terza a Spa, dopo i successi del 2021 e del 2022) cifre di un dominio che rischia di far venire meno l’interesse di chi vorrebbe dei gran premi un po’ più combattuti.

“Vinco da ogni posizione? – il commento di Verstappen -. Mi piace metterla così: abbiamo fatto una prima gara, la questione era sopravvivere alla prima curva. Ho visto che c’erano tante ‘battaglie’, ho capito che dovevo restare un passo indietro per evitare guai. Ho perso qualche giro in un treno di vetture con Drs, e una volta a pista libera ho potuto fare il mio passo ed è stato molto piacevole”. E guai a dire che nel finale ha rallentato. “No, realmente – sottolinea Max -, ma questa è una pista severa sulle gomme, ci siamo semplicemente evitati rischi inutili.

Sbandata ad Eau Rouge e Raidillion? Quelli con pista umida sono i momenti peggiori, erano giri complicati perché pioveva ma non si capiva quanto. Ho avuto un mezzo traverso, per fortuna non è successo nulla”. Soddisfatto del secondo posto Perez, il cui ritardo nella classifica mondiale (in cui è secondo) da Verstappen è ora di 125 punti: 314 contro 189. “E’ stata una buona gara per il team – diceo il messicano della Red Bull -, sono partito bene, ho avuto un ottimo spunto e ho passato subito Leclerc, che era uno degli obiettivi di oggi. Ho provato a fare la mia gara, però poi è arrivato Max che nel secondo stint era davvero velocissimo, non ho potuto farci nulla. A quel punto ho semplicemente pensato a portare la macchina al traguardo. Spero di non lasciare più il podio da qui a fine anno, ho vissuto un periodo piuttosto difficile, però abbiamo recuperato e oggi abbiamo fatto tanti punti. Per fortuna adesso c’è la pausa, ne avevo bisogno”.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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