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Esteri

F-16 e intese Ue per convincere Erdogan sulla Svezia

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Garanzie sulle forniture di F-16 Usa e un’espansione degli accordi di libero scambio con l’Ue: è quello che incasserà Recep Tayyip Erdogan, secondo i media americani, in cambio del suo disco verde all’adesione della Svezia alla Nato, su cui aveva messo il veto per l’ospitalità ai militanti curdi. Alla vigilia del vertice Nato di Vilnius, il leader di Ankara aveva chiesto un “messaggio chiaro e forte” sull’adesione alla Ue, anche se essa probabilmente resterà a lungo un miraggio. Ma qualche segnale è arrivato. “Il presidente Biden ha sempre appoggiato l’aspirazione della Turchia ad entrare nell’Unione Europea. Gli Stati Uniti non fanno parte di questa organizzazione e quindi non hanno voce in capitolo, ma quella resta la nostra posizione”, ha detto in un briefing il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan. E il presidente del consiglio europeo Charles Michel, dopo “l’ottimo incontro” con Erdogan, ha twittato che “sono state esplorate le opportunità per riportare la cooperazione Ue-Turchia in primo piano e rivitalizzare le nostre relazioni”.

Dietro a tutto c’è la regia di Joe Biden, che ha suggellato il ruolo di statista internazionale del presidente turco e lanciato il disgelo con lui in un bilaterale clou (il quarto finora) a margine di un summit già definito “storico”. “Voglio ringraziarti per la tua azione diplomatica, per il coraggio che hai avuto e per la tua leadership”, lo ha lodato. “Credo che il nostro incontro di oggi sia il primo passo in avanti, i nostri incontri precedenti erano semplice riscaldamento”, ha risposto il neo rieletto Erdogan alludendo all’apertura di un nuovo capitolo. “Questa nuova fase è una fase di cinque anni e ora ti stai preparando per le prossime elezioni”, ha aggiunto, augurandogli “il meglio”. “Non vedo l’ora di incontrarti nei prossimi cinque anni”, ha fatto gli scongiuri Biden, che potrebbe invitare il leader turco alla Casa Bianca entro fine 2024. La spietata rivalità con la Russia e la Cina non consentiva a Biden il lusso di mantenere la sua social distancing verso Ankara e “l’autocrate” Erdogan, nonostante le violazioni dei diritti umani. Così il commander in chief ha messo sul piatto (non subito) gli F-16 ammodernati che chiedeva Ankara, dopo lo stop agli F-35 per l’acquisto degli S-400 russi. E ha convinto i leader del Congresso più ostili, con in testa il presidente dem della commissione Esteri del Senato Robert Menendez, che è meglio tenere la Turchia sotto la tenda Nato: l’ingresso della Svezia apre la possibilità che Ankara si allinei ulteriormente sull’Ucraina, e che contrasti Mosca in Siria e nel Mar Nero.

La Casa Bianca ha negato che sia uno scambio ma Biden lo ha in qualche modo ammesso in una intervista alla Cnn, fornendo assicurazioni anche alla Grecia (in rapporti tesi con l’ingombrante vicino). Il presidente americano inoltre ha agito dietro le quinte perché l’Ue allarghi gli accordi commerciali con la Turchia: la Svezia ha già detto di sì e altri Stati sarebbero aperti ai negoziati. Erdogan sapeva che, dopo la sua rielezione, il summit Nato era il momento in cui poteva ottenere le massime concessioni dall’Occidente e si era preparato la strada nell’incontro con Volodymr Zelensky, dicendosi a favore dell’ingresso di Kiev nell’Alleanza e rimpatriando alcuni comandanti ucraini detenuti a Istanbul come parte di uno scambio di prigionieri con la Russia: mosse che hanno irritato il Cremlino. Il leader turco sapeva anche che il suo continuo equilibrismo geopolitico e il suo flirt con Putin gli stavano alienando il sostegno dell’Occidente: da buon pragmatico, con una Russia più instabile al confine e un’economia in forte difficoltà, ha preferito migliorare le relazioni con Europa e Usa, che sono il primo e il secondo mercato dell’export di Ankara.

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Esteri

Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Esteri

Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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Esteri

Mosca: abbattuti 115 droni ucraini, un morto a Bryansk

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Mosca afferma che di aver abbattuto stanotte 115 droni ucraini sul territorio russo e che un civile è rimasto ucciso in uno degli attacchi effettuati dai velivoli senza pilota delle forze di Kiev, quello sulla città occidentale di Bryansk.

Secondo un comunicato del Ministero della Difesa di Mosca citato dall’agenzia di stampa russa Tass i droni ucraini sono stati intercettati sulle regioni di Bryansk (102), Kursk (due) e Belgorod (uno), sulla Crimea (nove) e sul Mar Nero (uno). Il governatore del Bryansk, Alexander Bogomaz, ha scritto su Telegram che “il regime di Kiev ha compiuto un altro atto terroristico questa notte” sul capoluogo di regione uccidendo “un civile” e ferendo “una donna”. L’attacco ha danneggiato anche alcune infrastrutture civili, ha aggiunto Bogomaz.

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