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Economia

Duello su fisco, taglio di 6 miliardi all’Irpef e 2 all’Irap

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Per la prima volta Governo e Parlamento hanno otto miliardi di euro per tagliare le tasse agli italiani, e a decidere come strutturare le riduzioni sara’ il tavolo convocato dal ministro dell’Economia Daniele Franco. La prima seduta, con i responsabili economici dei partiti di maggioranza, e’ durata oltre due ore e mezza ed ha permesso di mettere almeno due punti fermi: Irpef e Irap devono calare. Sebbene nessuna decisione sia ancora presa, e i conti vadano ancora fatti, si lavora ad una riduzione di sei miliardi dell’Irpef, e di due dell’Irap. Per stabilire nel dettaglio le modalita’, serviranno le simulazioni che il Tesoro portera’ al tavolo lunedi’, in una nuova riunione che provera’ a fare una sintesi ma che molto probabilmente dovra’ passare la palla al livello superiore del confronto politico, cioe’ ai leader dei partiti. Tra le diverse opzioni allo studio del Mef, quelle sull’Irpef guardano al ceto medio: dalla riduzione dell’aliquota del 38% (che pero’ aiuta anche i redditi alti) alla revisione delle detrazioni. Per l’Irap, invece, l’idea e’ di fissare una soglia per esonerare le Pmi. La convergenza delle forze di maggioranza su Irpef e Irap e’ quasi obbligata, visto che i due interventi sono contenuti all’articolo 2, comma 1, della manovra stessa. La legge di bilancio prevede proprio di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali effettive, da realizzarsi sia attraverso la riduzione di una o piu’ aliquote, sia con una revisione organica del sistema delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo. E prevede poi la riduzione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive. I due interventi, pero’, non esauriscono ancora le richieste dei partiti, che restano numerose e variegate. Alcune sono bandiere politiche, come quella della Lega che proprio al tavolo e’ tornata a chiedere non solo l’azzeramento dell’Irap per partite Iva, persone fisiche e societa’ di persone, ma anche la cancellazione dell’Iva sui beni di prima necessita’ come pane, latte, verdure, perche’ sarebbe “un aiuto da circa 3 miliardi per le famiglie”. Il Pd, poi, non e’ ancora pronto a rinunciare al taglio del contributo cassa unica assegni familiari (Cuaf) che vale circa due miliardi e che grava sui datori di lavoro, appesantendo il cuneo. “E’ un esame di maturita’ per le forze politiche. Per vedere se siamo in grado di decidere insieme sul fisco nell’ambito di un progetto serio e coerente, e non solo parlarne in campagna elettorale per prendere voti”, ha detto il presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin, presente alla riunione per il suo partito Italia Viva. Per la Lega c’era Alberto Bagnai, per Leu la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra, i 5 Stelle erano rappresentati con la viceministra Laura Castelli, il Pd con il senatore Antonio Misiani e Forza Italia con il viceministro al Mise Gilberto Pichetto. A tutti, il ministro Franco ha chiesto il massimo riserbo in queste ore, in attesa che il suo ministero metta a punto quelle due-tre opzioni che lunedi’ mettera’ sul tavolo. Ci saranno diversi tipi di intervento con i relativi costi. L’obiettivo e’ fare una scrematura delle diverse possibilita’ presentate dai tecnici, quindi gia’ testate a livello di coperture, per poi scegliere la strada da percorrere. Se nella prima riunione non si e’ registrata alcuna tensione ma, anzi, c’era l’impegno di tutti a trovare una mediazione, lunedi’ il confronto potrebbe salire. Messi alle strette sulle ipotesi, i partiti dovranno rinunciare ai loro ultimi paletti. Motivo per cui, quasi certamente, la palla passera’ dai responsabili economici ai loro leader.

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Economia

Trump: non rimuoverò Powell prima della scadenza

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Donald Trump ha dichiarato in un’intervista a Nbc che non rimuoverà Jerome Powell (foto in evidenza Imagoeconomica) dalla carica di presidente della Fed prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026, definendo il banchiere centrale una persona “completamente rigida” e ripetendo gli appelli alla Fed ad abbassare i tassi di interesse.

rump ha affermato che Powell non è un suo fan, ma si aspetta che la Fed abbassi i tassi di interesse a un certo punto. “Beh, dovrebbe abbassarli. E a un certo punto lo farà. Preferirebbe di no perché non è un mio fan”, ha detto, sostenendo di non piacere a Powell perché lo ritiene una persona totalmente rigida e incapace. Alla domanda se avrebbe rimosso Powell prima della fine del suo mandato come presidente nel 2026, Trump ha rilasciato la sua smentita più decisa, dicendo: “No, no, no… perché dovrei farlo? Potrò sostituire quella persona tra poco tempo”.

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Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

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L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

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Economia

L’Italia perderà quasi 3 milioni di lavoratori in dieci anni: l’allarme della Cgia

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Entro il 2035 l’Italia potrebbe contare su quasi 3 milioni di persone in età lavorativa in meno. È quanto emerge dalle proiezioni della Cgia, secondo cui la fascia tra i 15 e i 64 anni passerà dagli attuali 37,3 milioni a 34,4 milioni, con un calo del 7,8%. Alla base di questo declino, il progressivo invecchiamento della popolazione che investirà l’intero territorio nazionale.

Conseguenze economiche e sociali preoccupanti

Il calo demografico avrà effetti profondi sul sistema produttivo: le imprese faticheranno a trovare forza lavoro giovane e qualificata. Neanche il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare del tutto il vuoto occupazionale. Le conseguenze più gravi potrebbero riguardare il rallentamento del PIL, l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza, con ripercussioni inevitabili sui conti pubblici.

Il Sud meno esposto, ma solo in parte

Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio l’urto nel breve periodo. I tassi elevati di disoccupazione e inattività consentono margini di recupero, specie nei comparti dell’agroalimentare e del turismo. Tuttavia, anche il Sud dovrà affrontare il declino, con la Sardegna in testa (-15,1%), seguita da Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%), Calabria (-12,1%) e Molise (-11,9%).

Le imprese più piccole a rischio sopravvivenza

Le aziende di piccole dimensioni saranno le più esposte, potenzialmente costrette a ridurre gli organici per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Le grandi e medie imprese, invece, potranno attrarre lavoratori con salari più alti, orari flessibili, benefit e piani di welfare. Il divario tra imprese si farà quindi ancora più profondo.

I settori più colpiti

Secondo la Cgia, i settori che risentiranno maggiormente della crisi saranno immobiliare, trasporti, moda e ricettività. Poche le eccezioni: tra queste, il settore bancario, che potrebbe beneficiare di alcuni effetti positivi legati all’automazione e alla digitalizzazione.

Le province più a rischio

A livello provinciale, il calo maggiore è previsto a Nuoro (-17,9%), Sud Sardegna (-17,7%), Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%). In termini assoluti, la perdita più pesante sarà quella della provincia di Napoli, con 236.677 persone in meno. Le province meno colpite saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

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