Collegati con noi

Politica

Draghi niente bis e attacca, c’è chi parla con Mosca

Pubblicato

del

Mario Draghi mette la parola fine al capitolo dei fondi russi ai partiti italiani ma la chiusura del dossier recapitato dagli Stati Uniti non sembra affatto rassicurare il premier in carica. In quasi un’ora e mezzo di conferenza stampa, indetta per spiegare le misure contenute nel nuovo decreto aiuti, si presta a parlare di tutto, difende l’operato del governo ma, soprattutto, punta l’indice contro chi attacca il Pnrr, chi “non mantiene la parola data”, chi protesta per le sanzioni e chi “ama i russi alla follia e vuol togliere le sanzioni e parla tutti i giorni di nascosto” con Mosca. E non per tornaconto personale, visto che lui, conferma, con un perentorio “No”, che non ha la minima intenzione di tornare a palazzi Chigi per un bis. Cosa, per inciso, a cui potrebbero invece ambire i “suoi” ministri, di cui va “orgoglioso” e che vedrebbe bene “in qualunque altro esecutivo”. “Questo governo e’ stato creato per fare, e non per stare” avverte dopo aver snocciolato gli ultimi provvedimenti presi in consiglio dei ministri, con i 150 euro di aiuti ai 22 milioni di italiani, la nuova accelerazione sul Pnrr e sul rigassificatore di Piombino e rassicurato sui timori di recessione paventati dalle agenzie di rating. E’ quindi una sorta di “lascito” quello che il Presidente del Consiglio sembra offrire non tanto ai partiti ma agli italiani, quella “maggioranza” a cui guarda dal “governo che ho avuto l’onore di presiedere”. Ai partiti, in effetti, sembra impartire alcune bacchettate. Soprattutto a quelli che si candidano a governare pensando di sovvertire il lavoro fatto dall’esecutivo fino ad ora. Il nuovo decreto aiuti e’ cosi’ imponente, quota infatti 31 miliardi, che “sembra rispondere alla richiesta di scostamento, a meno che non si voglia chiedere uno scostamento ogni mese” replica a quanti, Lega in testa, gli hanno chiesto di farlo per tamponare le urgenze imposte dai rincari. E sembra proprio pensare a Fratelli d’Italia quando dal suo punto di vista stronca la possibilita’ di rimettere mano al Pnrr, un tema che relega al dibattito “da campagna elettorale”. Siccome “molto e’ stato bandito c’e’ poco da rivedere. Suggerirei di affrontare una questione non come un fatto ideologico ma pragmatico”, suggerisce forse a Giorgia Meloni. Con la quale nega di avere una particolare vicinanza (“continuate pure a ricamare ma ho rapporti normali con tutti i leader”) e che critica anche per la vicinanza ad Orban. “Noi abbiamo una certa visione dell’Europa, difendiamo lo stato di diritto, siamo alleati alla Germania e alla Francia. Cosa fara’ il prossimo governo non lo so. Ma mi chiedo, uno come se li sceglie i partner? “. E poi c’e’ il nodo Pnrr, su cui non condivide “questa visione sempre negativa. Cosa c’e’ che non va? Funziona!”. Tolta una stilettata a meta’, tra M5s e Lega, sulla questione delle armi all’Ucraina (“Nei rapporti internazionali bisogna essere trasparenti e non fare giravolte, non si puo’ votare l’invio delle armi e dire no, non sono d’accordo”), e’ sul partito di via Bellerio che arrivano poi i maggiori rimbrotti. E non solo per la questione dei rapporti con Mosca o dei dossier con cui, tutto sommato, abbiamo imparato a convivere perche’ “la democrazia italiana e’ forte, non si fa battere dai nemici esterni, dai loro pupazzi prezzolati”. Draghi dice di non condividere la posizione di Salvini sulle sanzioni (“Funzionano” e “dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina per la guerra di liberazione da chi ha invaso il paese”) ma conta pure sul ruolo dei suoi alleati: “All’interno del centrodestra ci sono tanti punti di vista. Quello di Salvini prevale? Non lo posso dire questo” sembra augurarsi. Tiene il punto sui balneari e non digerisce il dietrofront sulla delega fiscale. “C’era un accordo con tutte le forze politiche. Il governo ha mantenuto la sua parola. Tutte le forze politiche l’hanno fatto tranne una”. E “non mantenere la parola data non e’ il metodo di questo governo, c’e’ una grossa differenza tra chi la mantiene e chi no”. Tanto che il premier insiste per non lasciare il suo lavoro a meta’ e a questo scopo ha parlato con la presidente del Senato per vedere se si puo’ calendarizzare: insomma, assicura, “ancora un filo di speranza c’e'”.

Advertisement
Continua a leggere

Politica

Meloni, con morte di Ramelli tutti devono fare i conti

Pubblicato

del

I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo. Memoria condivisa “nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica” ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento ‘Le idee hanno bisogno di coraggio’ a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte “tanto brutale quanto assurda” che “forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia”, è “un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti” ha ammonito.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte – ha aggiunto Meloni – c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato del bisogno di una memoria condivisa. E come aveva già fatto ha paragonato Ramelli a Fausto e Iaio, ovvero Fausto Pinelli e Lorenzo Iaio Iannucci, esponenti del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978. “Sono tra i pochi per i quali ancora non è stata fatta giustizia, non è stato scoperto chi li ha uccisi” ha ricordato.

“Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in delle idee, non importa se di destra o di sinistra, sia un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”. Se la memoria si fa più condivisa, resta comunque uno strascico di polemiche. Sono 38 le città che a Ramelli hanno dedicato una strada, una via o comunque un luogo. Oggi è successo anche a Sesto San Giovanni, un tempo Stalingrado d’Italia, che a Ramelli e Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’Msi ucciso l’anno dopo, ha dedicato uno slargo. Inaugurazione a cui ha fatto seguito una manifestazione a cui hanno preso parte fra gli altri Anpi, Sinistra Italiana e Pd con l’idea che “è doveroso ricordare ragazzi ammazzati innocenti” ma “non può essere la scusa per riscrivere la storia e riabilitare valori neofascisti”.

Una critica alle manifestazioni con il ‘presente’ e il saluto romano (domani è in programma il tradizionale corteo per Ramelli, Pedenovi e Carlo Borsani che si conclude proprio con il ‘presente’ davanti al murale di Ramelli) è arrivata dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè: “non appartengono a Fratelli d’Italia, non è certo il nostro elemento distintivo, niente di tutto questo può essere riconducibile a noi” ha detto aggiungendo che “sbagliano e non aiutano a pacificare”. Domani la cerimonia ufficiale per Ramelli sarà comunque ai giardini a lui dedicati in un appuntamento a cui parteciperà come sempre il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Non però, come vorrebbe La Russa, con la fascia tricolore.

Continua a leggere

Politica

Mercoledì Consiglio dei ministri, si pensa a un decreto su post alluvione e Campi Flegrei

Pubblicato

del

Potrebbe approdare mercoledì in Consiglio dei ministri un decreto con ulteriori disposizioni urgenti per affrontare gli straordinari eventi alluvionali verificatisi nei territori di Emilia Romagna, Toscana e Marche, nonché gli effetti del fenomeno bradisismico nell’area dei Campi Flegrei. Il provvedimento, a quanto si apprende, è all’ordine del giorno della riunione tecnica preparatoria convocata per domani. Il governatore dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale, in questi giorni ha scritto alla premier Giorgia Meloni, al ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, e al capo Dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano (nella foto in evidenza), per chiedere la proroga di un anno dello stato di emergenza nazionale, in scadenza il 4 maggio, per le ondate di maltempo di settembre e ottobre 2024.

In esame anche un disegno di legge in materia di tutela del personale scolastico, e l’esame preliminare di due schemi di decreto del presidente della Repubblica, uno con modifiche in materia di valutazione degli studenti del secondo ciclo di istruzione, e l’altro che modifica e integra lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria. All’ordine del giorno, poi, un altro disegno di legge proposto dal ministero dell’Istruzione, in materia di consenso informato. In esame preliminare, inoltre, un decreto legislativo sulle politiche in favore degli anziani, in attuazione della delega. All’ordine del giorno c’è anche un disegno di legge di ratifica dell’accordo sulle misure di solidarietà volte a garantire la sicurezza approvvigionamento di gas tra Germania, Svizzera e Italia, fatto a Berlino il 19 marzo 2024.

Continua a leggere

Politica

San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

Pubblicato

del

San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto