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Dopo inchiesta dossier stretta su accessi a banche dati

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Dopo l’inchiesta di Perugia sugli accessi abusivi alle banche dati, le migliaia di file scaricati dal finanziere Striano e i presunti dossier arriva dal governo una stretta e maggiore controllo sugli accessi alle banche dati. In un vertice a Palazzo Chigi con, fra gli altri, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il governatore di Bankitalia Fabio Panetta, il procuratore antimafia Giovanni Melillo, i vertici di Polizia e Gdf e dell’intelligence sono stati individuati iter amministrativi e organizzativi con controlli periodici e “adeguati alert atti a scongiurare gli abusi”. A parlare della necessità di una vigilanza più stringente su banche dati e accessi anche il sottosegretario Alfredo Mantovano, intervenuto alle commissioni riunite Affari costituzionali-Giustizia della Camera, dove inizia l’iter del disegno di legge del governo sul rafforzamento della cybersicurezza.

Considerata la necessità di difenderci dagli attacchi cyber, cresciuti in maniera “preoccupante” – 1.411 eventi con impatti su soggetti nazionali nel 2023, circa 117 al mese – e di vigilare sugli accessi alle banche dati, puniti ora “meno del furto in un supermercato”, Mantovano considera “cruciale” il disegno di legge del governo sul rafforzamento della cybersicurezza nazionale. Il ddl, ha spiegato Mantovano, prevede “sanzioni più adeguate per chi compie accessi illeciti alle banche dati”. L’obiettivo è proprio quello di “rendere più seri i presidi contro questi comportamenti, rendendo più stringenti le indagini in caso di violazioni, utilizzando strumenti investigativi correlati a delitti puniti con pene più elevate, con la possibilità anche di applicare le norme previste per i collaboratori di giustizia nel caso di resipiscenza”. E’ l’articolo 11 a modificare il codice penale intervenendo in particolare sull’articolo 615 ter, quello del delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico, punito con la reclusione da 1 a 3 anni.

Nel caso il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale (è l’ipotesi che la procura di Perugia valuta per Striano) scatta l’aggravante e le pene salgono a 1-5 anni. Il disegno di legge inasprisce l’aggravante raddoppiando la reclusione a 2-10 anni. E le pene sono innalzate anche nei casi in cui l’oggetto delle condotte delittuose siano sistemi informatici militari o relativi all’ordine o la sicurezza pubblica, alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico. Per l’ipotesi base si prevede la pena della reclusione da 3 a 10 anni, mentre per le fattispecie aggravate da 4 a 12 anni. Viene inoltre ampliato a due anni il termine per le indagini preliminari, qualora il fatto sia commesso in danno di sistemi informatici militari o relativi all’ordine o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico. Prevista anche l’estensione della disciplina dei collaboratori di giustizia e dei testimoni agli autori dei reati informatici per i quali è stato attribuito il coordinamento al procuratore nazionale antimafia. Il tema della sicurezza cibernetica è poi importante, secondo il sottosegretario, nell’anno della presidenza italiana del G7. E l’accresciuto numero degli attacchi segnala l’urgenza dell’intervento normativo.

Nei Ddos (Denial of service, si blocca un sito inondandolo di richieste di accesso), ha rilevato Mantovano, “sono particolarmente attivi gruppi filorussi e filopalestinesi”. Poi “ci sono i ransomware, la versione informatica dell’estorsione, altrettanto preoccupanti. Sono colpite le piccole e medie imprese, ma anche aziende sanitarie locali e privati cittadini. C’è chi paga il riscatto richiesto, spesso in bitcoin, senza denunciare, lasciando così il fenomeno sottotraccia”. Si tratta, ha proseguito l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, “di azioni di pericolosità elevata, che possono fermare una sala operatoria o una linea ferroviaria”. Il testo, ha rimarcato Mantovano, “non è blindato, ma aperto all’arricchimento del lavoro parlamentare che sono certo ci sarà. La materia è estranea alle contrapposizioni ideologiche: tutti abbiamo necessità di un adeguamento dei livelli di sicurezza cibernetica”.

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Ferito da un colpo di pistola, 14enne in ospedale all’Aquila

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Un ragazzo di 14 anni è finito in ospedale, all’Aquila, dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola. Il giovane ha una ferita da arma da fuoco alla gamba ed è stato sottoposto ad un intervento chirurgico; le sue condizioni non destano preoccupazione. Poco chiara al momento la dinamica dei fatti, che sono avvenuti attorno alle 18 in località Cese di Preturo. Il ragazzo, ricostruiscono i media locali, avrebbe raccontato che, mentre era con degli amici, da un’automobile, sembra un’Audi nera, che li ha affiancati, sarebbe partito un colpo di pistola. E’ stato lo stesso 14enne, una volta tornato a casa, a raccontare quanto accaduto alla madre, che poi lo ha accompagnato in ospedale. Sull’episodio e sulla versione fornita dal ragazzo sono in corso indagini da parte della polizia.

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Blackout ferma anche il tennis a Madrid ma Arnaldi passa

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Anche il torneo di tennis di Madrid si è dovuto arrendere al black out che ha colpito poco dopo le 12.30 di oggi ma l’intera penisola iberica e parte del Sud della Francia. Dopo sole tre partite giocate, il programma è stato sospeso in attesa di un ritorno dell’energia elettrica, lasciando giocatori e pubblico in un limbo fatto di attesa e incertezza, un po’ come in una stazione o in un aeroporto per uno sciopero improvviso. Intorno alle 16.30, gli organizzatori hanno infine deciso di cancellare tutti gli incontri ancora da disputare, nel pomeriggio e in serata, per motivi tecnici e di sicurezza, scombinando i programmi di tante stelle della racchetta già stressate, anche se lautamente ricompensate, dai ritmi infernali del circuito.

Una delle poche eccezioni ha riguardato Matteo Arnaldi. L’azzurro stava portando a casa il secondo set contro il bosniaco Damir Dzumhur quando si sono spenti i tabelloni e tutte le apparecchiature a servizio del match. I due giocatori sono rimasti interdetti e la partita è stata sospesa ma quello che sembrava un inconveniente localizzato alla Caja Magica, sede del torneo, si è rivelato un problema di ben altra dimensione. L’azzurro ha però potuto in qualche modo finire opera, battendo il rivale per 6-3, 6-4 per accedere agli ottavi di finale, ma della sua vittoria non resterà traccia se non nella memoria dei due protagonisti e dello scarso pubblico presente, perchè tutto era andato in tilt. Nel primo set, Arnaldi e Dzumhur hanno faticato mezz’ora per completare i primi sei game, poi l’italiano ha fatto il break per chiudere 6-4.

Nel secondo, Arnaldi non si è fatto distrarre dall’interruzione, guadagnando la sua prima volta agli ottavo in un Masters 1000 e anche qualche ora di riposo in più rispetto al prossimo avversario, che sarà uno tra lo statunitense Tiafoe e il francese Muller. Non è andata altrettanto bene al bulgaro Grigor Dimitrov, che stava avendo la meglio sul britannico Jacob Fearnley: lo stop energetico ha lasciato una telecamera pericolosamente sospesa sul centro del campo, obbligando a sospendere definitivamente l’incontro. Dopo qualche ora di attesa, i giocatori che dovevano scendere in campo hanno avuto la notifica della cancellazione del programma e tra loro ci sono Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti, che domani, si presume, dovranno affrontare rispettivamente il britannico Jack Draper e il greco Stefanos Tsitsipas. Nel torneo Wta 1000 hanno potuto completare la partita la statunitense Coco Gauff, che ha battuto la svizzera Belinda Bencic, e la sua prossima avversaria, la russa Mirra Andreeva, che ha eliminato l’ucraina Yuliia Starodubtseva. Tutto rinviato invece per la n.1 e la n.2 al mondo, la bielorussa Aryna Sabalenka e la polacca Iga Swiatek, che è la campionessa uscente. (ANSA). 2025-04-28T18:10:00+02:00 RI ANSA per CAMERA04 NS055 NS055

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Prete indagato a Bari, su auto tracce di sangue: è indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso

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Le tracce presenti sull’auto di don Nicola D’Onghia, il 54enne sacerdote indagato a Bari per omicidio stradale e omissione di soccorso nel caso della morte della 32enne Fabiana Chiarappa, erano di sangue. Lo dimostrano i primi risultati degli accertamenti svolti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all’incidente. Ora, per gli inquirenti, resta intanto da capire se quel sangue sia quello della 32enne, rugbista e soccorritrice del 118, ma soprattutto se il possibile impatto tra la auto del sacerdote e Chiarappa abbia causato la morte della giovane o se questa, invece, sia avvenuta prima.

Secondo quanto ricostruito finora, la sera del 2 aprile Chiarappa era in sella alla sua moto Suzuki sulla provinciale 172 che collega i comuni di Turi e Putignano quando, per cause ancora da chiarire, avrebbe perso il controllo del mezzo e sarebbe finita fuori strada, colpendo anche un muretto a secco. Compito della pm Ileana Ramundo, che coordina le indagini dei carabinieri, è ora quello di capire – anche grazie ai risultati dell’autopsia, il cui deposito è previsto tra oltre un mese – cosa effettivamente abbia causato la morte della 32enne, se lo schianto contro il muretto o il successivo impatto con l’auto.

Il parroco, agli inquirenti, ha raccontato come quella sera, mentre percorreva quella strada, ha avvertito un rumore provenire dal pianale della propria auto (“come se avessi colpito una pietra”) ma di non essersi accorto né della moto né della ragazza, anche a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore, intorno alle 20.30, si è quindi fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa. Il parroco ha detto di aver appreso dell’incidente dalla stampa il giorno dopo e per questo, dopo aver consultato i propri legali (è assistito dagli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota), ha deciso di raccontare il tutto ai carabinieri.

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