Collegati con noi

Economia

Donatella lascia Versace, al suo posto Dario Vitale

Pubblicato

del

Non è un addio, ma segna comunque la fine di un’epoca: dal primo aprile non sarà più un Versace il direttore creativo della maison della Medusa, oggi controllata da Capri Holdings. Dal primo aprile Donatella lascerà il posto a Dario Vitale, che era Design and Image Director da Miu Miu, brand del gruppo Prada. Una nomina che pare quindi confermare le voci sempre più insistenti che vorrebbero ormai imminente il passaggio della casa di moda fondata da Gianni Versace al gruppo Prada. Le voci su un possibile cambio ai vertici della creatività del brand, parallelamente a quelle della sua vendita, avevano iniziato a circolare da tempo, quando era emerso che il contratto della direttrice creativa era in scadenza a febbraio.

Oggi la conferma, con una nota di Capri Holdings: Donatella, che il prossimo due maggio compirà 70 anni, non abbandonerà definitivamente la maison, di cui aveva preso la guida nel 1997, dopo la morte del fratello Gianni, ma ne diventerà la Chief Brand Ambassador, sempre dal primo aprile. In questo nuovo ruolo, si dedicherà a sostenere le iniziative filantropiche e di beneficenza di Versace e rimarrà advocate del brand a livello globale. “È stato il più grande onore della mia vita – scrive l’iconica designer – portare avanti l’eredità di mio fratello Gianni. Lui era il vero genio, ma spero di avere un po’ del suo spirito e della sua tenacia. Nel mio nuovo ruolo di Chief Brand Ambassador, rimarrò la più appassionata sostenitrice di Versace, che è parte del mio DNA ed è sempre nel mio cuore”.

“Sostenere la prossima generazione di designer è sempre stato importante per me” dice ancora Donatella, che lo scorso mese alla Milano fashion week ha svelato la sua ultima collezione fall-winter 2025/26. Oggi si dice “entusiasta che Dario Vitale si unisca a noi” per “guardare Versace attraverso nuovi occhi”. Da parte sua Vitale, che dopo anni nell’ufficio stile di Miu Miu nel gennaio 2023 era subentrato a Fabio Zambernardi, si dice “onorato di far parte di questa unica e potente casa di moda di lusso creata da Gianni e Donatella. C’è in questa maison un’eredità che è un lessico orgoglioso e inconfondibile da investigare, un patrimonio che ha attraversato i decenni e la storia della moda, verso cui sento una grande responsabilità unita al desiderio di costruire insieme un nuovo inizio”.

“Un sincero ringraziamento a Donatella – scrive ancora il nuovo direttore creativo della maison fondata nel 1978 – per la fiducia e l’instancabile lavoro con cui ha custodito e fatto evolvere questo brand che è oggi Versace. È un privilegio contribuire alla crescita futura di Versace e al suo prestigio attraverso la mia visione, esperienza e dedizione”. Dal punto di vista economico, gli annunci di oggi, afferma John D. Idol, Presidente e Amministratore Delegato di Capri Holdings, che nel 2018 aveva rilevato il brand dalla famiglia Versace e da Blackstone per oltre 1,8 miliardi di euro, “fanno parte di un attento piano di successione per Versace”. Vitale, aggiunge, “è un eccezionale design leader e siamo certi che il suo talento e la sua visione saranno fondamentali per la crescita futura di Versace.”

“Ho fiducia nell’azienda e nel suo posizionamento attuale, poiché – aggiunge Emmanuel Gintzburger, CEO di Versace – siamo ben preparati per scrivere questo nuovo capitolo di Versace”. Un capitolo che presto, oltre a un nuovo volto e a una nuova direzione artistica, potrebbe avere una nuova proprietà: secondo gli esperti, l’acquisizione della maison da parte del gruppo Prada dovrebbe essere finalizzata entro la fine di marzo per una cifra intorno a 1,5 miliardi di euro. Di certo c’è il tentativo di Capri Holdings di cedere l’azienda fondata da Gianni Versace, così come Jimmy Choo, per concentrarsi sul brand Michael Kors. Oggi secondo le ultime indiscrezioni il dubbio non è più se la trattativa andrà in porto, ma se Prada – che detiene i marchi Miu Miu, Church’s, Car Shoe, oltre a Luna Rossa e Marchesi 1824 – acquisirà dagli americani anche Jimmy Choo, per una cifra totale di 2 miliardi di euro. Se l’operazione andasse in porto il gruppo guidato da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, secondo gli analisti, riuscirebbe a creare un colosso del lusso italiano in grado di competere con big come Kering e Lvmh.

Advertisement

Economia

Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

Pubblicato

del

Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

Continua a leggere

Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

Pubblicato

del

In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

Continua a leggere

Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

Pubblicato

del

Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto