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Cronache

Desirèe Mariottini, Salvini sul luogo dell’omicidio contestato dai centri sociali: tornerò qui con la ruspa

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Al suo arrivo a San Lorenzo, il quartiere dove è stata violentata e uccise la 16enne Desirèe Mariottini, il ministro Matteo Salvini è stato accolto al coro di “sciacallo, sciacallo”. Era una contestazione organizzata dai centri sociali davanti al palazzone abbandonato di San Lorenzo. Il ministro, consigliato dalla scorta, ha rinunciato ad entrare nello stabile. Rivolto ai giovani che urlano slogan contro di lui, ha detto “ci sono trenta ragazzotti che preferiscono gli spacciatori ai cittadini, sono affari loro”, ha detto Salvini. “Tornerò”, ha poi assicurato il ministro. E sullo stabile il vicepremier precisa: “C’è una proprietà: i privati o lo valorizzano o lo mettono in sicurezza o lo abbattono. Ci sono solo queste tre possibilità”.

 

Salvini in Prefettura. Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica a Roma

Per lui c’erano anche tante persone che applaudivano. “Se il buon Dio lo permette io torno” ha detto Salvini rispondendo alle persone che gli hanno chiesto di farsi rivedere a San Lorenzo nello stabile abbandonato.  Il ministro ha parlato con i presenti, alcuni gli hanno detto “siamo tutti con te”. “Tornerò qui a incontrare i residenti, ma da ministro mi impegno a fare pulizia e a tornare con la ruspa. Ci sono cento palazzine a Roma in queste condizioni con delinquenti che difendono le occupazioni abusive e lo spaccio” ha detto Salvini.

“Andiamo a chiedere conto a chi ha mal gestito Roma per anni” ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha chiesto ai cittadini di “segnalare” le situazioni a rischio. “Ho chiesto al procuratore della repubblica di usare il pugno di ferro”, ha aggiunto. E ancora: “C’è una scaletta per gli sgomberi in base alla pericolosità sociale”. “Salvace da ‘sta giungla, da ‘sti sciacalli, devi tornare” gli hanno detto alcuni cittadini.Poi è andato via. Ma nel pomeriggio il ministro si è fatto rivedere nel quartiere per deporre in via dei Lucani una una rosa bianca davanti all’ingresso del palazzo dove è stata uccisa Desirèe. “Non l’avevo portato a termine per non creare altri problemi ai residenti perbene”, spiega il ministro, facendo riferimento alle proteste dei centri sociali. “Si sta lavorando per mettere in galera questi vermi, queste bestie. La procura e la questura hanno già le idee chiare, stanno facendo i riscontri del caso, temo che anche questa volta siano tutti cittadini stranieri” ha detto

Per i prossimi mesi, a Roma e provincia, sono previsti 154 poliziotti in più. Così ha deciso il Viminale. Mentre per quanto riguarda i carabinieri è stato programmato l’arrivo di 100 unità entro novembre. Questo il primo risultato dopo la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che si è svolto in prefettura a Roma dopo l’omicidio di Desirée Mariottini morta in uno stabile abbandonato a San Lorenzo. Al vertice hanno partecipato il ministro dell’interno Matteo Salvini, la sindaca di Roma Virginia Raggi e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Nel vertice è stata analizzata anche la situazione degli sgomberi di immobili occupati e il ministro dell’Interno ha annunciato un piano straordinario per gli stabili occupati.  “La Lega Nord forse non conosce Roma. Non c’è solo San Lorenzo come quartiere difficile. Abbiamo zone più periferiche come San Basilio, Tor Bella Monaca, Corviale, Centocelle in cui è necessario che l’azione dello Stato sia più incisiva. Servono più forze dell’ordine, accompagnerò il ministro Salvini a conoscere Roma in modo che si possa passare finalmente dalle parole ai fatti”. Così la sindaca di Roma Virginia Raggi replicando alle parole di Salvini che, a proposito della morte di Desiree Mariottini, ha detto che “non si può morire stuprata nel cuore di Roma”

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Ambiente

La Sicilia in crisi: l’estate della grande sete

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Laghi ridotti a pozzanghere, cittadini in fila per rifornirsi d’acqua dalle autobotti private, due milioni di persone costrette a fare i conti con i razionamenti, il 20% dei bacini a secco, fino al 75% di perdite in agricoltura, allevatori costretti a macellare il bestiame e, sullo sfondo, il business del mercato nero. È l’estate della grande sete in Sicilia.

L’emergenza idrica in Sicilia, causata dalla mancanza di piogge – le più scarse dal 2002 – e dal caldo torrido, è il risultato di decenni di inefficienze, reti idriche colabrodo mai riparate e sprechi. La Conferenza Stato-Regioni ha riconosciuto le “condizioni di forza maggiore”, permettendo alle imprese agricole e zootecniche dell’Isola di usufruire di deroghe alla Politica agricola comune. A Licata, la nave cisterna “Ticino” della Marina militare ha consegnato 1.200 metri cubi d’acqua per mitigare la sete nell’area di Gela e dell’Agrigentino, dove la distribuzione avviene ogni 20 giorni.

Il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, ha rivendicato di aver completato il 50% delle opere del Piano da venti milioni di euro per l’emergenza idrica. Tuttavia, non ha risposto alle accuse del ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, che ha ricordato che solo il 30% dei fondi del Pnrr è stato speso. Il Pd ha criticato il governo per aver sottovalutato la crisi e ha denunciato le responsabilità della Regione, accusandola di favorire speculazioni senza regole.

A Caltanissetta, dove l’acqua manca da 46 giorni, il sindaco Walter Tesauro ha chiesto ai privati di mettere a disposizione i loro pozzi. Ad Agrigento, dove l’acqua arriva ogni 15 giorni, i cittadini hanno organizzato un corteo di protesta per il 2 agosto. Il sindaco Franco Miccichè aveva chiesto un dissalatore ad aprile, minacciando di rinunciare al titolo di Capitale della Cultura 2025 se la crisi idrica non fosse risolta.

Il lago di Pergusa, nel territorio di Enna, è quasi scomparso. Anche i laghi Rosamarina, Poma e Fanaco sono in condizioni critiche. A Trapani, gli agricoltori sono costretti a mettersi in fila davanti al Consorzio di Bonifica per prenotare l’irrigazione, nonostante le condutture siano piene di buchi.

A Palermo, l’Amap ha ridotto la pressione dell’acqua per risparmiare, ma non esclude razionamenti ad agosto. A Messina, si destinano le risorse all’uso potabile sacrificando quello irriguo, mentre a Taormina si multano coloro che innaffiano fuori dagli orari stabiliti. A Catania è in atto la turnazione dell’acqua “per prudenza”, e a Siracusa i livelli delle falde non sono ancora allarmanti, ma si potrebbe limitare l’uso di acqua per ville e piscine.

La situazione rimane critica, e l’intervento tempestivo delle autorità è essenziale per affrontare una delle siccità più gravi degli ultimi 50 anni.

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Cronache

Giffone (RC), i Carabinieri scoprono e distruggono la quinta piantagione di marijuana in pochi giorni

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Continuano le operazioni di contrasto alla coltivazione illegale di marijuana nel comune aspromontano di Giffone. I Carabinieri della Compagnia di Taurianova, supportati dallo squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto e distrutto un’altra vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.

Durante l’ultimo intervento, i militari hanno rinvenuto oltre 2500 piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza e si trovavano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. Sul posto, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.

L’operazione ha impedito la produzione di oltre 70 mila dosi di marijuana, che avrebbero avuto un valore di mercato di circa 600.000 euro. Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, prevenendo così l’immissione sul mercato illegale degli stupefacenti.

Attualmente, il procedimento è nella fase delle indagini preliminari. La responsabilità del giovane arrestato sarà valutata nel corso del successivo processo, in base alla fondatezza delle accuse mosse a suo carico. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona indagata.

L’impegno dei Carabinieri nel contrastare la coltivazione e il traffico di droga continua a dare risultati significativi. La scoperta e la distruzione di queste piantagioni rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro il mercato illegale degli stupefacenti, contribuendo a proteggere la salute pubblica e la sicurezza della comunità.

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Cronache

Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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