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Politica

Decreto rave è legge, è scontro sulle norme No vax

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Il decreto rave diventa legge in zona cesarini grazie all’escamotage della “ghigliottina” che ha bypassato il lungo ed estenuante dibattito parlamentare per andare subito al voto finale (183 sì, 116 no) . A inizio pomeriggio, dopo una nottata e una mattinata di interventi, tutti difilato, delle opposizioni, il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha usato questo escamotage – permesso dal regolamento – chiudendo la partita ed evitando che il provvedimento venisse approvato in tempo, pena la decadenza. Plateale la protesta dei deputati Pd, che hanno sventolato la Costituzione.

Ma le critiche dem hanno riguardato anche “le norme sbagliate NoVax” contenute nel decreto, come le regole meno stringenti sui sanitari non vaccinati, sull’isolamento o sui green pass per le visite nelle strutture sanitarie. Con la ghigliottina “ci ritroviamo con una mortificazione del ruolo dell’opposizione”, ha commentato il presidente M5s, Giuseppe Conte. “Con la decisione di interrompere il nostro ostruzionismo, il fallimento è tutto di questa maggioranza”, ha rafforzato la capogruppo dei Verdi-SI, Luana Zanella. La maratona oratoria delle opposizioni aveva l’obiettivo di far decadere il decreto: senza il via libera, sarebbe scaduto alla mezzanotte del 30 dicembre. Poche ore dopo il voto dell’Aula, è stato firmato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La ghigliottina – o tagliola o mannaia – è stato l’espediente traumatico, ma necessario, per chiudere un decreto che ha creato non poche frizioni. Non solo quelle scontate fra maggioranza e opposizione.

Anche in Forza Italia c’è chi ha criticato le norme sul covid. Come già successo al Senato con la capogruppo Licia Ronzulli, alla Camera è stato il presidente della commissione Affari costituzionali Nazario Pagano a prendere le distanze, non partecipando al voto: “Nel decreto c’è una norma che non condivido – ha spiegato l’azzurro – e cioè la revoca della sospensione dell’attività professionale per i cosiddetti medici ‘no vax'”. Anche dai tabulati è trapelato qualche maldipancia: non hanno partecipato al voto 13 deputati di FI su 44 (4 di loro erano giustificati, perché in missione). Sul tema covid, l’ex governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha attaccato il governo: “Ricordo al presidente Meloni che se si sbaglia la strategia contro il virus moriranno degli essere umani”.

Per il deputato dem Roberto Morassut “è il caos. Il governo toglie l’obbligo per l’uso delle mascherine da parte del personale sanitario con un decreto, ma lo proroga con la circolare del ministro Schillaci”. E il segretario Pd Enrico Letta ha rincarato: “La maggioranza pur di far approvare le sue norme NoVax usa addirittura lo strumento estremo della ghigliottina parlamentare. Ma quelle norme sono sbagliate. Contraddette dagli atti amministrativi che il ministero della Salute sta prendendo”. La replica è arrivata dal vicepremier Antonio Tajani: “Non c’è contraddizione, sono due vicende diverse e separate”. Il tema giustizia ha invece spaccato l’opposizione. La Camera ha approvato l’ordine del giorno, sostenuto anche dal governo, che era stato presentato da Enrico Costa, del Terzo polo, contro la riforma Bonafede, la cosiddetta Spazzacorrotti. “I colleghi del Terzo Polo – ha detto l’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando (Pd) – capiranno che non ce la sentiamo di dare una delega in bianco a questo governo per fare una riforma della prescrizione. Su cosa ci dovremmo basare per questa apertura di credito?”.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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