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Da bollette a rottamazione, parte il cantiere manovra

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 Emergenza bollette, taglio del cuneo fiscale, rivalutazione delle pensioni, contratti della p.a. La lista per la prossima manovra di bilancio è già parzialmente nero su bianco tra spese indifferibili, emergenze contingenti e (se si riuscirà) desiderata politici. Un cantiere in piena attività, visti anche i tempi stretti di questa anomala sessione di bilancio. La necessità di fare presto è visibile nell’attivismo dei partiti. La Lega, dopo la riunione di lunedì, è tornata a fare il punto sui principali temi economici in un meeting tra il leader Salvini e lo stato maggiore del partito: sul tavolo pensioni, pace fiscale, caro bollette, passati in rassegna per definire le proposte. La prima urgenza per il nuovo governo, che prima ancora di essere insediato ha già sul tavolo una serie di dossier scottanti, dalla privatizzazione di Ita alla vendita di Mps, è l’emergenza energia. Dopo il via libera del cdm all’estensione fino al 18 novembre dello sconto benzina, si prepara il nuovo pacchetto di sostegni. L’intervento dovrebbe limitarsi a prorogare fino a fine anno le misure (soprattutto credito di imposta per le imprese) in esaurimento a novembre del decreto aiuti ter: lo strumento, dovrebbe essere un emendamento allo stesso decreto, atteso a breve all’esame della commissione speciale della Camera appena istituita (il testo andrà poi in aula il 7). Altro tema sempre più caldo è quello delle cartelle esattoriali, ripartite dopo lo stop dell’emergenza covid (ci sarebbero 10 milioni di cartelle in partenza di qui a fine anno). Il dossier è sul tavolo della maggioranza, da sempre cara al tema: l’ipotesi, riportata da indiscrezioni di stampa, è una nuova rottamazione, con un forfait del 5% su sanzioni e interessi e un piano di pagamenti in 5 anni. Si ragiona anche su un possibile stralcio per le cartelle fino a 1.000 euro. Intervento che libererebbe nel tempo nuove risorse e che potrebbe arrivare con il decreto fiscale allegato alla manovra. Sulla legge di bilancio intanto il lavoro è iniziato, anche se – considerando i tempi stretti – le misure potrebbero ridursi all’essenziale. Salvini, dopo la riunione con i suoi parlamentari sui temi economici, ha assicurato che “la prossima legge di bilancio avrà uno stop definitivo, giusto e sacrosanto alla legge Fornero” e che sarà tolta l’Imu a chi ha la casa occupata abusivamente. Governo uscente ed entrante si stanno già confrontando, ma la parte consistente del programma di centrodestra non sarà in questa manovra, ha spiegato il responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli, confermando che lo scostamento resta per il partito di Giorgia Meloni l’extrema ratio. In assenza del quadro programmatico della Nadef, l’extradeficit per il 2023 è ancora un’incognita, su cui pesano peraltro le previsioni sempre più fosche sul Pil: per l’Upb l’anno prossimo si fermerebbe a +0,3%, inferiore alle stime Nadef. Ma il conto delle spese ‘obbligate’ è già proiettato verso i 40 miliardi: si parte dall’emergenza energia, con nuovi aiuti a famiglie e imprese per il primo trimestre dell’anno, che – sulla base delle misure attuate dal governo uscente – potrebbero richiedere circa 20 miliardi; a gennaio scatta poi la rivalutazione delle pensioni, con una spesa da 8-10 miliardi; va poi garantito il taglio del cuneo fiscale di 2 punti già in vigore, misura da 4,5 miliardi (difficile che si proceda subito anche solo con un primo passo verso l’obiettivo di FdI di 5 punti nella legislatura); c’è poi il rinnovo dei contratti della P.a., in parte già scontati nelle stime della Nadef, che potrebbero però lievitare se, come sembra, slittassero al prossimo anno partite fondamentali come quelle di sanità e scuola (per una spesa di 4,5 miliardi). Tutto al netto di altre possibili riforme volute dai partiti, a partire dalla flat tax. Nel capitolo delle entrate si potrebbero però già inserire i 3-4 miliardi di fondi di coesione Ue che Bruxelles ha concesso di utilizzare per il caro energia. A questi vanno aggiunte la possibile minor spesa derivante dalle modifiche al Reddito di cittadinanza o dalla rimodulazione del Superbonus e dagli avanzi di spesa del 2022 (di sicuro la parte del ‘tesoretto’ di 10 miliardi di minor deficit lasciato da Draghi che non verrà usata per il decreto aiuti ‘quater’) che verranno ‘recuperati’ col meccanismo degli anticipi di spesa già usato in passato.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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