Mentre il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi chiede il trasferimento per incompatibilita’ ambientale e il cambio di funzioni, sono in tanti al Palazzo di Giustizia di Milano a fare quadrato attorno al pm Paolo Storari al centro della nuova bufera che, dopo quella sorta attorno al sistema ‘Palamara’, sta investendo la magistratura. A scrivere il nuovo capitolo di questa vicenda che ruota attorno ai processi nei quali e’ coinvolta Eni, e’ il pg, con l’avvio, per la verita’ non inaspettato, dell’azione disciplinare nei confronti di Storari che, per autotutelarsi, a suo dire, dalla inerzia del Procuratore Francesco Greco e dell’aggiunto Laura Pedio, nell’aprile dell’anno scorso ha consegnato all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo i verbali degli interrogatori dell’avvocato Piero Amara su una fantomatica loggia Ungheria. Verbali che per Storari obbligavano ad aprire tempestivamente una inchiesta con anche iscrizioni mentre Greco e Pedio intendevano procedere con una linea piu’ prudente e che Davigo diede al vice presidente del Consiglio Superiore David Ermini che, a sua volta, informo’ lo stesso Salvi. “Nessuno mi chiese di formalizzare – sono le parole del ‘Dottor Sottile’ – Salvi, se riteneva irregolare la procedura poteva e doveva interrogarmi” Invece nulla si e’ mosso fino a quando, alla fine di aprile, e’ venuto a galla lo scontro all’interno della Procura e che, oltre ad una inchiesta a Brescia, ha portato, tra l’altro, la commissione disciplinare di palazzo dei Marescialli a convocare per venerdi’ prossimo Storari, che in questi mesi e ancora oggi, ha incassato la solidarieta’ e la stima di parecchi suoi colleghi, giudici compresi. “Sono senza parole. Ti conosco come un ottimo collega e la stima che tu hai fra di noi penso debba darti l’energia per superare tutto questo”, e’ uno dei messaggi di stamane. Le contestazioni del pg, a cui il pubblico ministero replichera’ anche con una memoria a cui alleghera’ una risma di documenti, riguardano l'”aver divulgato i verbali” di Amara a Davigo, violando quindi il segreto d’ufficio. E poi, il “comportamento gravemente scorretto nei confronti” di Greco e Pedio da lui accusati di ‘immobilismo’ omettendo, pero’, “di comunicare a questi il proprio dissenso per la mancata iscrizione” di Amara, e di formalizzare con una lettera agli organi competenti il suo disappunto “circa le modalita’ di gestione delle indagini”. Inoltre per il pg, che pare ricalcare la relazione inviata da Greco e Pedio, Storari doveva astenersi dal prendere parte all’indagine sulla divulgazione ad alcuni quotidiani di quei verbali. Indagine trasferita a Roma dopo che si e’ scoperto che chi ha recapitato quelle carte scottanti ai giornalisti e’ stata la ex segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto. A tutto cio’, il pm Storari replichera’ punto per punto. In queste ore sta lavorando, assieme al suo avvocato, Paolo Della Sala, a una memoria in cui, con il supporto di carte, spieghera’ i suoi motivi. Produrra’, per esempio, le e-mail inviate a Greco e Pedio in cui chiedeva di indagare senza avere risposta ed anche quella in cui a maggio, sempre dell’anno scorso, ha trasmesso ai suoi superiori una scheda per procedere alle iscrizioni, ricevendo in cambio una critica: il suo gesto sarebbe stato definito “gravissimo”. Inoltre, Storari dovrebbe anche parlare della gestione, coniderata anomala, da parte dell’aggiunto Fabio De Pasquale e del pm Sergio Spadaro dell’ex manager di Eni Vincenzo Armanna nel processo con al centro la vicenda nigeriana nel quale in primo grado sono stati assolti tutti gli imputati e che ha creato una frattura, se non uno scontro, tra i due titolari dell’accusa e il Tribunale. Insomma Storari, per quel che si intuisce, andra’ a Roma e si difendera’ mettendo sul ‘piatto’ quanto ha gia’ raccontato al procuratore di Brescia Francesco Prete, che ha indagato lui e Davigo per rivelazione del segreto di ufficio ma anche De Pasquale e Spadaro per rifiuto di atti di ufficio. Prima di lui il Csm, per avere un quadro della situazione, tra lunedi’ e martedi, sentira’ quasi tutti i procuratori aggiunti di Milano e alcuni pm e anche il presidente del Tribunale Roberto Bichi e Marco Tremolada, il giudice che ha presieduto il collegio Eni Nigeria.