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Covid, in settimana la valutazione dei dati per riaperture

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Si apre una settimana cruciale per le riaperture: se il miglioramento della situazione epidemiologica sara’ confermato dai dati nei prossimi sette giorni, il governo e’ pronto ad anticipare alcune scelte prima della fine di aprile. Con un ulteriore calo dell’incidenza e dell’Rt, con la conferma della discesa dei ricoveri in terapia intensiva e con l’aumento delle somministrazioni dei vaccini che si sono assestate sulle 300mila dosi al giorno – con 9 milioni di italiani, il 15% della popolazione vaccinabile che hanno avuto almeno una dose – potrebbero dunque essere ripristinate le zone gialle, con la conseguente apertura dei ristoranti, almeno a pranzo, ma anche di musei, cinema e teatri, con ingressi contingentati. Al momento non e’ stata presa alcuna decisione ne’ e’ stata convocata la cabina di regia nel corso della quale verranno discusse le scelte da fare. “Nessuna cabina di regia per discutere di eventuali riaperture e’ prevista in settimana” sottolineano fonti ministeriali ricordando che, “come ribadito piu’ volte, si continuano a monitorare i dati epidemiologici e a rafforzare la campagna di vaccinazione”. Ma i dati della prossima settimana, ribadisce una fonte qualificata di governo, saranno “essenziali” per capire in che direzione si procedera’. In attesa che venga decisa la data del confronto tra le forze politiche, un elemento e’ gia’ chiaro: se si decidera’ di riaprire, saranno fatte comunque scelte “selettive e ponderate”, come ribadisce il presidente del Consiglio superiore di Sanita’ Franco Locatelli. Insomma, non ci sara’ un liberi tutti e la maggior parte delle attivita’ che sono chiuse dovra’ attendere maggio. “Guai se pensassimo di essere fuori dal problema – avverte ancora Locatelli – Ci ritroveremmo nella situazione di meta’ marzo avendo vanificato settimane di sacrifici”. I dati saranno dunque fondamentali e, stando a quelli dell’ultimo monitoraggio, ad oggi diverse regioni avrebbero numeri da zona gialla, con l’Rt sotto l’1, tra cui il Lazio e il Veneto, le Marche e il Molise. Ma e’ anche vero che ci sono ben 13 Regioni e la provincia di Trento con il tasso di occupazione delle terapie intensive ancora sopra la soglia critica del 30%. L’altro elemento che va tenuto in considerazione e’ la campagna vaccinale, come ha detto chiaramente il presidente del Consiglio Mario Draghi: chi prima vaccina gli anziani prima riparte. Ad oggi il 68,20% dei quasi 4,6 milioni di over 80 ha avuto almeno una dose ma la percentuale scende sotto il 20% nella popolazione tra 70 e 79 anni. Il richiamo e’ stato invece somministrato al 38,79% degli ultra ottantenni e solo al 2,48% dei settantenni. Dunque bisogna correre di piu’, perche’ la maggioranza degli anziani e’ ancora a rischio. Ed e’ per questi motivi che le eventuali aperture potrebbero scattare non prima del 25 aprile. Per maggio invece il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha ipotizzato l’apertura dei ristoranti anche la sera: “torneremo con i colori nelle regioni, compreso il giallo. I ristoranti possono aprire da maggio e a meta’ del mese anche a cena”. Il centrodestra pero’ vorrebbe anticipare. Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani chiede a Draghi di convocare il Cdm per il 20 aprile e preannuncia un cronoprogramma con le riaperture. “E’ giunto il momento di passare dalle parole ai fatti”, aggiunge il capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto. Matteo Salvini la posizione della Lega l’ha ripetuta piu’ volte e ha anche ipotizzato una data per riaprire, il 19 aprile. “Se la scienza vale quando si torna al rosso vale anche quanto si passa al giallo”. E se anche Italia Viva chiede di “programmare le riaperture” di ristoranti, cinema e palestre a frenare e’ il Pd e lo stesso ministro della Salute Speranza. Con ancora 17mila casi e piu’ di 300 morti c’e’ bisogno della massima prudenza: si riapre quando ci sono le condizioni, e’ il ragionamento, il resto e’ propaganda sulla pelle delle categorie che stanno soffrendo e alle quali vanno invece garantiti, come dice l’ex segretario del Pd Nicola Zingaretti, “aiuti e tanti”. In attesa del confronto politico, saranno nelle prossime ore sul tavolo del Comitato tecnico scientifico le richieste delle associazioni di categoria del mondo del cinema e dello spettacolo, con il ministro dei beni culturali Dario Franceschini che punta ad un ampliamento della capienza prevista dai protocolli, attualmente ferma a 200 persone al chiuso e 400 per gli eventi all’aperto. Cinema, teatri, musei e spettacoli all’aperto potrebbero essere i primi a ripartite, assieme ai ristoranti. Su questo fronte la Fipe vedra’ martedi’ il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgietti per sottoporre nuovamente il protocollo che chiedeva l’apertura dei ristoranti in zona gialla anche la sera e in zona arancione solo a pranzo. Documento bocciato gia’ a gennaio dal Cts.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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