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Coronavirus, autorità cinesi ammettono errori: potevamo fermare prima epidemia

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Dopo giorni di dubbi e sospetti, la Cina ha ammesso i ritardi nella risposta alla scoperta del nuovo coronavirus di Wuhan, aggravando l’evoluzione dell’epidemia. “In questo momento mi sento in colpa, con rimorso e rimprovero”, ha detto Ma Guoqiang, segretario del Partito comunista cinese (Pcc) della citta’, la massima carica politica locale. “Se fossero state adottate prima le misure di controllo rigorose, il risultato sarebbe stato migliore dell’attuale”, ha detto in un’intervista all’emittente statale Cctv, diventando il primo funzionario cinese di un certo livello a fare il mea culpa a fronte di una situazione in cui oltre 50 milioni di persone sono in quarantena negli sforzi per abbattere il contagio. L’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms), pur alzando l’allerta su scala globale, ha apprezzato il lavoro svolto dalla Cina e le misure straordinarie mai tentate prima, dicendo che la chiusura delle frontiere sarebbe stata inefficace a bloccare la diffusione del virus, potendo al contrario accelerarla. Fatto sta che il cordone sanitario intorno ai confini della Cina ha visto l’adesione a vario titolo di Corea del Nord e Pakistan, mentre altre compagnie aeree, tra cui l’americana Delta, si sono unite allo stop dei voli. La gente ha preso di mira soprattutto le autorita’ locali, dell’Hubei e di Wuhan, focolaio dell’epidemia, ma nulla toglie che se l’emergenza dovesse prolungarsi, come e’ ipotizzabile, il malcontento potrebbe creare una sfida al presidente Xi Jinping, che ha definito l’epidemia un “demone” da sconfiggere. Usa, Giappone, Francia, Corea del Sud e Singapore hanno dato il via all’evacuazione dei propri cittadini da Wuhan, mentre l’Italia, come ha annunciato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, lo fara’ lunedi’ 2 febbraio. La Russia vuole riportare in patria gli oltre 2.500 suoi cittadini dall’isola vacanziera di Hainan, mentre il presidente Vladimir Putin ha offerto aiuti per fronteggiare la crisi. La stessa Cina ha inviato i voli charter in Thailandia e Malaysia per rimpatriare a Wuhan i suoi cittadini rimasti all’estero a causa “di difficolta’ pratiche”. Non e’ affatto piaciuto a Pechino l’allerta degli Usa ai suoi connazionali perche’ evitino il Paese per l’epidemia o lo lasciano quanto prima se gia’ in visita. “Alcune parole e azioni di funzionari americani non sono fattuali e appropriati”, ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying. “Proprio mentre l’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms) si e’ espressa contro le restrizioni dei viaggi, gli Usa corrono nella direzione contraria. Certamente un gesto non di benevolenza”. Intanto, crescono le difficolta’ per la carenza del materiale di prevenzione contro l’epidemia. Dal 24 al 30 gennaio, la Cina ha importato 59,18 milioni di pezzi vari, tra mascherine, occhiali e camici protettivi, scatole di medicine ed equipaggiamenti medici, negli sforzi per contrastare il contagio e compensare la carenza del Paese, anche per la concomitanza del Capodanno lunare. Il valore dei beni acquistati s’e’ attestato a 41,8 milioni di dollari, secondo le Dogane cinesi, che hanno aperto un ufficio a Wuhan per accelerare i controlli sulle donazioni mediche dall’estero che stanno arrivando numerose.

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I 5 secondi che hanno messo in ginocchio la Spagna

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Cinque secondi, il tempo di un sospiro, ma lunghissimi in termini di velocità della luce. Sono stati sufficienti per mettere in ginocchio la Spagna. E’ il lasso di tempo in cui si sono verificate “due perdite di generazione di corrente successive, che il sistema non è stato in grado di assorbire”, provocando alle 12,33 di lunedì il crollo al ‘punto zero’, il collasso totale del sistema elettrico.

La causa di quei cali di tensione, con un intervallo di appena un secondo e mezzo fra loro, seguito dopo 3,5 secondi dal collasso, è il principale nodo che si cerca di sciogliere per risalire alle origini del grande buio in cui è sprofondata ieri la penisola iberica, come ha spiegato il capo delle operazioni della Rete Elettrica Spagnola (Ree), Eduardo Prieto. “Bisognerà analizzare il perché si sono prodotte le due disconnessioni, in particolare la seconda che ha portato al collasso del sistema”, ha segnalato Prieto. Si dovranno “verificare le cause, analizzare la potenza, l’ubicazione, le condizioni in cui si è prodotta la disconnessione”.

Ma ha anche riconosciuto come “molto probabile” che la fonte di generazione interessata dal calo sia quella solare, senza dare però ulteriori spiegazioni. Lunedì, in quei cinque secondi precedenti al collasso, che ha fatto “scomparire 15 gigawatt di elettricità dalla rete”, l’equivalente al 60% della domanda di energia spagnola – come aveva segnalato il premier – si era registrato un picco di produzione di energia solare nella zona del sudovest della Spagna, in Estremadura. E le rinnovabili stavano fornendo il 78% della domanda di elettricità del Paese. Il surplus di energia disponibile avrebbe provocato uno sbilanciamento della rete elettrica iberica, rendendo impossibile assicurare la stabilità del sistema, secondo quanto ha ipotizzato l’ex presidente di Rete Elettrica, Jorge Fabra, a Tve. Un primo squilibrio sarebbe stato assorbito dalla rete, mentre il secondo con un effetto domino, avrebbe superato la capacità di risposa del sistema, facendo crollare prima la rete spagnola e poi quella portoghese. E causando il distacco della interconnessione con la Francia.

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Parigi, al via il processo ai “nonnetti rapinatori” che derubarono Kim Kardashian

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È iniziato ieri, davanti al tribunale di Parigi, il processo contro i dieci imputati – nove uomini e una donna – accusati della clamorosa rapina ai danni di Kim Kardashian, avvenuta nell’autunno del 2016. Il principale indiziato, Aomar, 68 anni, si è presentato in aula con passo incerto e bastone alla mano, fedele al suo profilo di “papy braqueur”, come i media francesi hanno soprannominato la banda: i nonnetti rapinatori.

I protagonisti della rapina

Aomar, nato nel 1956 in Algeria, è un veterano del crimine, autore dei primi furti già a 14 anni. A presentargli i complici era stata la compagna Christiane Glotin, detta Cathy, oggi 78enne, che gli fece incontrare “Pierrot il grosso”, 80 anni, altra vecchia conoscenza del mondo criminale francese.

Tra gli altri protagonisti c’è Yunice Abbas, 71 anni, che tentò una fuga rocambolesca in bicicletta portando con sé una borsa che credeva piena di armi, ma che invece conteneva gioielli e perfino il cellulare di Kim Kardashian, da cui avrebbe ricevuto una chiamata della cantante Tracy Chapman.

Spicca anche Didier “occhi blu” Dubreucq, 69 anni, con 23 anni di prigione alle spalle, che avrebbe partecipato direttamente all’irruzione nella suite della star americana.

La notte del colpo milionario

La rapina avvenne la notte del 3 ottobre 2016, in una suite di lusso nascosta in rue Tronchet, vicino alla Madeleine. Kim Kardashian, sola nella stanza, fu sorpresa da due uomini travestiti da poliziotti. Le strapparono il cellulare e, sotto minaccia, la costrinsero a consegnare l’anello di fidanzamento, un diamante da quasi 19 carati, regalo del marito Kanye West, valutato circa quattro milioni di dollari. La star fu legata, imbavagliata e rinchiusa nel bagno, mentre i rapinatori fuggivano con il bottino, comprendente anche contanti, gioielli e orologi di lusso.

La banda fu individuata grazie alle tracce di Dna lasciate nella suite.

Una rapina da fumetto

Sull’incredibile vicenda sono già stati pubblicati fumetti e libri, alcuni scritti dagli stessi imputati, che hanno contribuito ad alimentare il mito dell’«impresa dei nonnetti». Kim Kardashian è attesa in aula per testimoniare il prossimo 13 maggio.

 

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Elezioni in Canada, liberali di Carney vincono legislative e preparano la guerra a Trump

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Secondo le proiezioni dei media locali, è il Partito liberale di Mark Carney a vincere le elezioni legislative canadesi. I risultati preliminari del voto non permettono però di stabilire se il premier guiderà un governo di maggioranza o di minoranza.

Il primo ministro si avvierebbe quindi a portare i Liberali verso un nuovo mandato, dopo aver convinto gli elettori che la sua esperienza nella gestione delle crisi economiche lo rende pronto ad affrontare le mire del presidente americano Donald Trump. L’emittente pubblica Cbc e Ctv News hanno entrambe previsto che il Partito liberale formerà il prossimo governo canadese. Solo pochi mesi fa la strada per il ritorno al potere dei conservatori guidati da Pierre Poilievre sembrava spianata, dopo dieci anni sotto la guida di Justin Trudeau. Ma il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua offensiva senza precedenti contro il Canada, con dazi e minacce di annessione, hanno cambiato la situazione.

Elezioni in Canada, ecco chi è il primo ministro Mark Carney: l’uomo delle crisi

A Ottawa, dove i liberali si sono radunati per la notte delle elezioni, l’annuncio di questi primi risultati ha provocato un applauso e grida di entusiasmo. “Sono felicissimo, è ancora presto ma sono fiducioso che riusciremo ad avere la maggioranza”, David Lametti, ex ministro della Giustizia. La guerra commerciale di Trump e le minacce di annettere il Canada, rinnovate in un post sui social media il giorno delle elezioni, hanno indignato i canadesi e hanno reso i rapporti con gli Stati Uniti un tema chiave della campagna elettorale.

Carney, che non aveva mai ricoperto una carica elettiva e aveva sostituito Trudeau come premier solo il mese scorso, ha basato la sua campagna su un messaggio anti-Trump. In precedenza ha ricoperto la carica di governatore della banca centrale sia nel Regno Unito che in Canada e ha convinto gli elettori che la sua esperienza finanziaria globale lo rende pronto a guidare il Paese attraverso una guerra commerciale. Ha promesso di espandere le relazioni commerciali con l’estero per ridurre la dipendenza del Canada dagli Stati Uniti.

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