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Economia

Conte vede i manager delle aziende di Stato: progetti per 20 miliardi di investimenti pubblici

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La Cabina di regia con le aziende di Stato a Palazzo Chigi serve a fare squadra. Il premier Giuseppe Conte ha voluto spiegare ai manager delle aziende di Stato che i soldi ci sono, che ci vogliono  i progetti. “L’Italia può fare sistema” è stato il primo commento di Conte, che ha voluto sottolineare che “con le aziende di Stato è emerso un piano di investimenti aggiuntivi – rispetto a quelli da loro già programmati – per il prossimo quinquennio di 15 miliardi di euro in più che potrebbero arrivare a 20 miliardi”, ha spiegato il premier davanti all’ingresso di Palazzo Chigi, al termine della riunione della prima cabina di regia con le aziende di Stato.

I manager di Stato. Riunione a Palazzo Chigi con il premier Conte

I manager di Stato. Riunione a Palazzo Chigi con il premier Conte

Era anche una riunione operativa “per spiegare le riforme – continua il premier – a quelli che sono interlocutori privilegiati. Volevamo un primo riscontro per capire se ci stiamo muovendo bene. Siamo orgogliosi e soddisfatti, dobbiamo procedere su questa linea”.
Conte ha sottolineato che l’ esecutivo punta su investimenti materiali e immateriali, oltre che sulle riforme, per rilanciare la crescita economica e creare un ambiente friendly per gli investitori. Il presidente del Consiglio ha illustrato la parte della manovra economica riguardante gli investimenti e le varie riforme strutturali e ha esposto che nella legge di Bilancio sono previste risorse pari a 15 miliardi di euro nel prossimo triennio, oltre ai 5,7 miliardi già previsti dalla manovra precedente sempre per il triennio.
Al tavolo, oltre a Conte, anche il vice presidente Luigi Di Maio, i ministri Giovanni Tria, Paolo Savona ministro per gli Affari europei, il ministro per il Sud Barbara Lezzi, Giulia Bongiorno ministro per la pubblica amministrazione, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Tra i presenti gli ad Terna (Luigi Ferraris), Cassa Depositi e Prestiti (Fabrizio Palermo), Leonardo (Alessandro Profumo), Snam (Marco Alverà), Saipem (Stefano Cao), Ansaldo Energia (Giuseppe Zampini), Enel (Francesco Starace), Poste Italiane (Matteo Del Fante), Fincantieri (Giuseppe Bono), Italgas (Paolo Gallo), Ferrovie dello Stato (Gianfranco Battisti), Open Fiber (Elisabetta Ripa). L’ad di Eni, Claudio Descalzi, ha incontrato il premier prima della riunione a causa di impegni concomitanti e ha assicurato che si è parlato solo di investimenti in Italia e non di dividendi o di acquisto di titoli di Stato da parte della major petrolifera.
Fari puntati, in particolare, su Cassa depositi e prestiti. Cdp, fanno sapere fonti interne, nel prossimo quinquiennio punta a 22 miliardi di investimenti attraverso le società collegate, ma si può salire a 35 con le riforme promesse dal governo. Tutte le partecipate, comunque, si sono dette pronte a investire in attesa delle riforme strutturali: dalla revisione del Codice degli appalti a quella del Codice civile passando alla semplificazione burocratica fino al superamento della legge Fornero. Proprio le riforme potrebbero diventare gli strumenti per favorire gli investimenti delle imprese. “Gli imprenditori, quindi chi fa impresa e non qualche burocrate, ci hanno detto che superando la legge Fornero si creeranno decine di migliaia di posti di lavoro”, ha detto il vicepremier Matteo Salvini.
“Dall’incontro con le partecipate viene fuori che con la riforma quota 100 ci sarà più di un’assunzione per ogni pensionato e molte aziende stabilizzeranno poi i dipendenti grazie al dl Dignità”, ha precisato il vicepremier Luigi Di Maio. “Non sono proporzioni realistiche”, rintuzza la titolare della riforma previdenziale del governo Monti, l’ex ministro Elsa Fornero.
Nel 2008 – è l’introduzione di Conte – gli investimenti in Italia rappresentavano il 3% del Pil, ma nel 2017 sono scesi al 2%: il governo punta nuovamente ad una loro crescita. Con questa cabina di regia e il confronto con le principali aziende del Paese, il premier cerca di capire come stimolare questi investimenti in modo da arrivare a investimenti privati aggiuntivi. Il ministero dell’ Economia, su questo fronte, è già al lavoro dal mese di luglio scorso: Giovanni Tria ha già incontrato le principali imprese controllate e partecipate per capire come valorizzare gli investimenti e per valutare insieme a loro come sollecitare gli attori privati a lavorare con le imprese pubbliche. “Cercheremo di cambiare le cose per gli investitori in una logica micro piuttosto che macro per facilitare il lavoro anche delle piccole imprese”, ha sottolineato il ministro Tria.

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Economia

Sncf sfida Trenitalia e Italo: “Porteremo 10 milioni di nuovi passeggeri sull’alta velocità italiana”

La francese Sncf vuole entrare nel mercato AV italiano con 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Investimento da 800 milioni e 300 assunzioni.

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L’operatore francese chiede spazio per 13 treni al giorno tra Nord e Sud. Ma le trattative con Rfi sono complicate: “Binari saturi, serve razionalizzare”

Milano–Roma–Napoli, ma anche Torino–Venezia: sono queste le direttrici su cui Sncf, il colosso ferroviario francese, punta per rompere il duopolio Trenitalia-Italo nell’alta velocità italiana. Dopo i primi contatti nel 2022, il debutto dei treni francesi è atteso per l’estate del 2027, ma le difficoltà non mancano.

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Caroline Chabrol (le foto sono di Imagoeconomica), direttrice generale di Sncf Voyages Italia, racconta le ambizioni del gruppo: “Non vogliamo sottrarre clienti alle aziende esistenti. Il nostro obiettivo è intercettare milioni di italiani che oggi non viaggiano in treno”.

Da Milano a Parigi: +10% di passeggeri, nonostante la frana

Sncf è già presente in Italia con il collegamento Milano–Torino–Parigi, interrotto a lungo per una frana e recentemente ripristinato. “Nonostante il viaggio sia passato da 7 a 9 ore, la domanda è rimasta alta. Le prenotazioni estive 2025 sono aumentate del 10%”, spiega Chabrol.

Con tre frequenze giornaliere, si stimano circa 700mila passeggeri all’anno. Proprio questi volumi hanno spinto la società a investire sull’alta velocità nazionale: “Abbiamo ordinato 15 nuovi TGV M a due piani adattati alle infrastrutture italiane”.

CAROLINE CHABROL DIRETTRICE SNCF VOYAGES ITALIA

Trattative difficili con Rfi: “Ci avevano dato due viaggi, poi solo uno”

Sncf ha chiesto 13 frequenze giornaliere a Rfi: 9 tra Torino–Milano–Roma–Napoli, 4 tra Torino e Venezia. Ma, secondo la dirigente, “le trattative sono state frustranti: all’inizio ci avevano dato due viaggi a direttrice, poi sono scesi a uno. Non è sostenibile”.

Sullo sfondo c’è anche un’indagine dell’Antitrust italiano, che sospetta un possibile “abuso di posizione dominante” da parte di Rfi nell’ostacolare l’ingresso di Sncf. La società che gestisce i binari respinge ogni addebito.

Un piano industriale da 800 milioni e 300 nuove assunzioni

Sncf stima 10 milioni di passeggeri all’anno, con una potenziale sottrazione del 30% agli operatori attuali, ma la strategia resta quella di “aumentare lo switch modale”, spingendo chi oggi viaggia in auto, aereo o autobus a passare al treno.

Ogni treno in doppia composizione potrà trasportare 1.300 passeggeri, con tariffe non ancora definite, anche se si smentisce l’intenzione di diventare una low cost: “Guardiamo anche al segmento corporate”, precisa Chabrol.

Il piano prevede 800 milioni di investimento e 300 assunzioni in Italia, tra macchinisti, capitreno, manutentori e addetti operativi.

“Binari saturi, il modello multi-frequenza non regge più”

La sfida non sarà solo con Trenitalia e Italo, ma anche con la capacità della rete ferroviaria. “I binari sono saturi, e questo sta causando ritardi. Il modello di alta frequenza non è più sostenibile. Serve una razionalizzazione dell’offerta”, dice Chabrol.

Sncf pagherà circa 50 milioni di euro l’anno a Rfi per l’uso dell’infrastruttura, ma chiede in cambio condizioni eque per garantire concorrenza. “Portiamo valore a tutto il sistema, anche all’Italia”, conclude.

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Economia

L’Italia perderà quasi 3 milioni di lavoratori in dieci anni: l’allarme della Cgia

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Entro il 2035 l’Italia potrebbe contare su quasi 3 milioni di persone in età lavorativa in meno. È quanto emerge dalle proiezioni della Cgia, secondo cui la fascia tra i 15 e i 64 anni passerà dagli attuali 37,3 milioni a 34,4 milioni, con un calo del 7,8%. Alla base di questo declino, il progressivo invecchiamento della popolazione che investirà l’intero territorio nazionale.

Conseguenze economiche e sociali preoccupanti

Il calo demografico avrà effetti profondi sul sistema produttivo: le imprese faticheranno a trovare forza lavoro giovane e qualificata. Neanche il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare del tutto il vuoto occupazionale. Le conseguenze più gravi potrebbero riguardare il rallentamento del PIL, l’aumento della spesa per pensioni, sanità e assistenza, con ripercussioni inevitabili sui conti pubblici.

Il Sud meno esposto, ma solo in parte

Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe reggere meglio l’urto nel breve periodo. I tassi elevati di disoccupazione e inattività consentono margini di recupero, specie nei comparti dell’agroalimentare e del turismo. Tuttavia, anche il Sud dovrà affrontare il declino, con la Sardegna in testa (-15,1%), seguita da Basilicata (-14,8%), Puglia (-12,7%), Calabria (-12,1%) e Molise (-11,9%).

Le imprese più piccole a rischio sopravvivenza

Le aziende di piccole dimensioni saranno le più esposte, potenzialmente costrette a ridurre gli organici per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Le grandi e medie imprese, invece, potranno attrarre lavoratori con salari più alti, orari flessibili, benefit e piani di welfare. Il divario tra imprese si farà quindi ancora più profondo.

I settori più colpiti

Secondo la Cgia, i settori che risentiranno maggiormente della crisi saranno immobiliare, trasporti, moda e ricettività. Poche le eccezioni: tra queste, il settore bancario, che potrebbe beneficiare di alcuni effetti positivi legati all’automazione e alla digitalizzazione.

Le province più a rischio

A livello provinciale, il calo maggiore è previsto a Nuoro (-17,9%), Sud Sardegna (-17,7%), Caltanissetta (-17,6%), Enna (-17,5%) e Potenza (-17,3%). In termini assoluti, la perdita più pesante sarà quella della provincia di Napoli, con 236.677 persone in meno. Le province meno colpite saranno Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).

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Economia

Warren Buffet lascia Berkshire a fine ’25. Attacca Trump

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Warren Buffett, il sesto uomo più ricco del mondo e l’investitore più famoso nonché di successo al mondo, lascerà a fine 2025 il timone del conglomerato Berkshire Hathaway, un colosso valutato oltre 1.000 miliardi di dollari e con attività liquide per 300 miliardi di dollari. L'”Oracolo di Omaha”, come è soprannominato per la sua capacità di analizzare e prevedere i mercati, ha annunciato il ritiro a 94 anni davanti all’assemblea degli azionisti, che gli ha tributato una standing ovation. Warren ha lanciato anche il suo endorsement per il successore designato, l’attuale vicepresidente: “È arrivato il momento per Greg Abel di diventare direttore generale della società alla fine dell’anno”.

Nel suo discorso d’addio, il guru della finanza mondiale ha attaccato anche i dazi di Donald Trump, pur senza nominare il presidente. “Non c’è dubbio che il commercio possa essere un atto di guerra”, ha detto, ammonendo però che “il commercio non dovrebbe essere un’arma”. Il suo affondo è arrivato mentre gli analisti negli Stati Uniti e all’estero esprimono crescente preoccupazione che i dazi possano seriamente rallentare la crescita globale. Due mesi fa Buffett aveva già dichiarato alla Cbs che i dazi “sono una tassa sulle merci”, e non un modo relativamente indolore per aumentare le entrate, come ha suggerito Trump. “Voglio dire che la Fatina dei denti non li paga!”, aveva ironizzato.

L’Oracolo di Omaha ha esortato Washington a continuare a commerciare con il resto del mondo, continuando “a fare ciò che sappiamo fare meglio”. Raggiungere la prosperità non è un gioco a somma zero, in cui i successi di un Paese comportano le perdite di un altro, ha ammonito sottolineando che entrambi possono prosperare. “Penso che, se il resto del mondo diventerà ricco, non sarà a nostre spese; più prospereremo noi e più ci sentiremo al sicuro”, ha detto Buffett. Quindi ha aggiunto che può essere pericoloso per un Paese offendere il resto del mondo rivendicando la propria superiorità. “È un grosso errore, a mio avviso, quando hai sette miliardi e mezzo di persone che non ti apprezzano molto e 300 milioni che in qualche modo si vantano di quanto bene hanno fatto”, ha messo in guardia, sostenendo che, rispetto a questa dinamica, le recenti oscillazioni dei mercati finanziari sono “davvero nulla”.

Nel primo trimestre Berkshire Hathaway ha registrato un utile di 9,6 miliardi di dollari, in calo del 14%. Ma finora ha sempre registrato forti crescite ed è sopravvissuto alle crisi globali peggiori. Buffett è riuscito a trasformare Berkshire Hathaway da un’azienda tessile di medie dimensioni, quando l’acquistò negli anni ’60, in un gigantesco conglomerato da oltre 1.000 miliardi di dollari, con decine di investimenti nelle assicurazioni, nelle ferrovie, nell’energia e in altri settori. Possiede aziende come la ferrovia Bnsf e l’assicurazione auto Geico, nonché azioni come Apple e American Express. Buffett prevede di donare il 99,5% del suo restante patrimonio a un fondo di beneficenza gestito dai tre figli alla sua morte.

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