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Economia

Soros, lo speculatore che fa miliardi sul debito pubblico italiano telefonava all’ex premier Monti

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Ebreo di origini ungheresi, passaporto americano, amico di banchieri, George Soros è tra gli uomini più ricchi del mondo. È anche un filantropo. Tra “i si dice”, dicono che abbia donato centinaia di milioni di dollari a Ong che si occupano di diritti umani. Molte delle navi nel Mediterraneo erano finanziate da Soros. Salvavano migranti e li sbarcavano in Italia. Negli Usa finanzia da sempre i Democratici e i suoi candidati alla presidenza, come fanno molti altri miliardari americani. Nato da una famiglia ebrea e sopravvissuto all’Olocausto, Soros riuscì a trovare riparo, insieme ai familiari, in Inghilterra, nel 1947. Allora diciassettenne, completò gli studi alla London School of Economics per poi buttarsi nel mondo delle banche d’affari.

L’ex premier. Mario Monti parla di una telefonata con Soros

Si professa paladino della open society,  società aperta, è spericolato speculatore. Fu lui a portare l’attacco alla lira del 1992. Da finanziere riccosfondato negli anni è intervenuto negli affari interni di molti paesi in difficoltà per trarne guadagni. Non c’è complotto nel mondo dove non ci sia anche il suo nome associato.

George Soros. Finanziere e miliardario con l’hobby della speculazione

Eppure le sue iniziative e le sue idee hanno ben poco di occulto. Già prima della formazione del governo giallo-verde nella Lega c’era chi puntava il dito contro i fondi americani, lamentava pressioni del mondo della finanza, agitava già lo spettro del complotto sui mercati. Per Matteo Salvini l’aumento dello spread era legato ad un altro attacco in questa direzione. Il vicepremier parlò di “una manovra di speculatori alla vecchia maniera, alla Soros, che puntano sul crollo del Paese per comprarsi a livello di saldo le aziende sane, che sono tante, di questo Paese”. Oggi, a La7, l’ex premier Mario Monti, ha raccontato una telefonata tra lui e Soros quando fu chiamato a fare il premier.  “Soros mi telefonò poco dopo che mi trovai nella posizione di presidente del Consiglio, preoccupatissimo per l’idea che l’Italia potesse cadere finanziariamente” ha rivelato l’ex premier Mario Monti nel corso della puntata di Otto e Mezzo.“Anzi – ha proseguito – mi dava il consiglio, adesso posso dirlo, di chiedere soccorso all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale. Non seguii quel consiglio, l’Italia se la cavò da sola”. La conduttrice Lilli Gruber è intervenuta osservando che “questo avrebbe significato avere in casa la Troika, come la Grecia”.

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Ambiente

Sui biocarburanti la porta Ue non è chiusa

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La partita dei biocarburanti da inserire tra le fonti di alimentazione autorizzate per le auto dopo il 2035 non è chiusa. Ad aprire alla possibile trattativa la commissaria Ue all’Energia Kadri Simson in un’intervista a Rainews 24. “Sì certo – ha detto rispondendo ad una domanda- i biocarburanti sono un argomento che verrà trattato. Noi sosteniamo le iniziative a riguardo, è mia responsabilità sostenere i produttori, il supporto c’è ed è forte” ha detto. Una buona notizia per il governo italiano che sulla carta dei biocarburanti aveva puntato fino all’ultimo nelle lunghe trattative europee, nonostante poi la voce fosse stata esclusa dall’intesa sullo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 adottata la scorsa settimana a maggioranza dai Ventisette. Il governo italiano, pur essendosi detto non soddisfatto, aveva comunque commentato con favore il fatto che non fosse stata chiusa definitivamemte la porta ai motori endotermici.

Ora “quanto affermato dalla commissaria Simson evidenzia e rafforza la svolta impressa dal governo italiano nella trattativa sull’automotive”, afferma il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso. “Si afferma il principio della neutralità tecnologica e quindi anche del biocombustibile. La strada del motore endotermico si allarga ogni giorno di più. Finalmente prevale la ragione sull’ideologia”. Nell’intervista la Commissaria spiega e ribadisce anche la scelta fatta con l’accordo sui veicoli che “è stato negoziato a lungo ed è stato raggiunto. Ora la Commissione aiuterà gli stati membri a mettere in atto le misure. Io personalmente -ha detto- ritengo che i veicoli elettrici saranno presto molto competitivi. Comunque la normativa era necessaria affinchè tutti si muovessero nella stessa direzione. Perchè un mercato unico e unito va a favore dei consumatori”.

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Economia

Ok al decreto Ponte. Il Mit, “Opera da record”

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Via libera al Decreto per il Ponte sullo Stretto di Messina. “Una scelta storica, che apre a una infrastruttura da record mondiale e con forte connotazione green”, afferma il ministero delle Infrastrutture che spiega che gli uffici hanno terminato gli ultimi approfondimenti, confermando il testo che era stato approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo con la formula “salvo intese”. Il provvedimento, si apprende, è stato firmato dal Capo dello Stato e va in Gazzetta Ufficiale. Il ministero sottolinea come il Ponte permetterà “una drastica riduzione dell’inquinamento da Co2 e un calo sensibile degli scarichi in mare”. E “significativo” è l’aspetto economico: il costo per la realizzazione del Ponte e di tutte le opere ferroviarie e stradali di accesso su entrambe le sponde è oggi “stimato in 10 miliardi”, sottolinea il Mit, facendo presente che dal 2019 al 2022, il “Reddito di Cittadinanza ha avuto un impatto per le casse dello Stato di 25 miliardi”.

Con il completamento dell’alta velocità in Calabria e Sicilia e la messa in esercizio del Ponte, si stima “un dimezzamento” dei tempi di percorrenza da Roma a Palermo “oggi pari a 12 ore, di cui un’ora e mezza per il solo traghettamento dei vagoni” e si inserisce nel tracciato del Corridoio multimodale Scandinavo-Mediterraneo. Il ministero di Porta Pia illustra quindi il progetto. L’attraversamento stabile sullo stretto è stato progettato secondo lo schema del ponte sospeso. Il progetto tecnico attualmente disponibile consiste in circa 8.000 elaborati e prevede una lunghezza della campata centrale tra i 3.200 e i 3.300 metri, a fronte di 3.666 metri di lunghezza complessiva comprensiva delle campate laterali, 60,4 metri larghezza dell’impalcato, 399 metri di altezza delle torri, 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione, 5.320 metri di lunghezza complessiva dei cavi.

L’opera è costituita da 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia (2 + 1 emergenza) e 2 binari ferroviari, per una capacità dell’infrastruttura pari a 6.000 veicoli/ora e 200 treni/giorno. E’ stata progettata con “una resistenza al sisma pari a 7,1 magnitudo della scala Richter”, con un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino a velocità del vento di 270 km/h. In concreto, conclude il Mit, l’operazione-Ponte riparte così: la società Stretto di Messina, in liquidazione, torna in bonis e si trasforma in una società in house. L’assetto societario prevede la partecipazione di Rfi, Anas, delle Regioni Sicilia e Calabria e per una quota non inferiore al 51% di Mef e Mit.

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Economia

L’occupazione cresce ma Italia scivola in fondo a Ue

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Il lavoro cresce ma non abbastanza. Il tasso di occupazione nel 2022 è cresciuto di 1,9 punti ma l’Italia resta distante di quasi dieci punti dalla media europea e scivola in fondo alla classifica a causa del sorpasso della Grecia. Secondo le ultime tabelle Eurostat l’occupazione tra i 15 e i 64 anni è passata dal 58,2% al 60,1% a fronte di una media Ue che sale al 69,9%. La Grecia che negli ultimi anni occupava il fondo della classifica ha registrato un balzo del tasso di occupazione di 3,5 punti raggiungendo il 60,7%. L’Italia è diventata fanalino di coda sia per le femmine con il 51,1% a quasi 14 punti di distanza dalla media Ue (65%), a causa della migliore performance della Grecia, sia per gli uomini con il 69,2% nonostante i 2,1 punti in più rispetto al 2021 (74,8% la media Ue). Nonostante la crescita del tasso delle donne sia stata superiore a quella media Ue (1,7 punti a fronte di 1,6) l’Ue resta lontana con il 65% di media.

La Grecia per le donne ha ingranato la marcia del sorpasso con tre punti in più passando dal 48,2% al 51,2%. Resta lontanissima la Germania che segna un aumento del 72,2% al 73,5%. Per gli uomini in Italia la crescita è superiore a quella media Ue (2,1punti contro 1,5) ma con il 69,2% è ancora a 5,6 punti dalla media Ue (74,8%). La performance è peggiore di quella greca che sfiora i 4 punti passando dal 66,4% al 70,3%. Anche per gli uomini la Germania resta lontana con un tasso di occupazione dell’80,9% (in crescita dal 79,3%). Nel complesso il divario tra il tasso di occupazione italiano e quello della media europea nel 2022 era di 9,8 punti, in calo rispetto ai 10,2 del 2021. Il divario è meno ampio nella fascia tra i 55 e i 64 anni al lavoro con il 55% in Italia e il 62,4% in Ue. Ma in Italia dal 2016 la percentuale in questa fascia è aumentata di 5,1 punti a fronte dei quasi 9 medi in Ue.

Rispetto al 2012, quando è entrata in vigore la riforma Fornero sulle pensioni, l’Italia ha recuperato oltre 15 punti (il tasso allora era al 39,9%) contro i 16 della media Ue. In questa fascia di età nel 2022 fanno peggio il Lussemburgo (46,6%) e la Romania (46,7%). Guardando alla fascia dei lavoratori più giovani, quelli tra i 15 e i 29 anni, la distanza con l’Europa si riduce rispetto al 2021 ma resta ampia con il 33,8% in Italia e il 49,2% in Ue.

Nel nostro Paese si registra comunque un aumento del tasso di 2,7 punti sul 2021 raggiungendo i massimi dal 2010 (33,8%). La Grecia resta indietro in questa fascia con il 33,1%. Sulla necessità di aumentare la forza lavoro si è espresso oggi il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico sottolineando la connessione tra il mercato del lavoro e il sistema pensionistico: “In Italia – ha detto – scontiamo un problema: parliamo troppo di pensioni ma poco di lavoro, che è ciò che sostiene le pensioni. Per avere meno problemi a livello pensionistico dobbiamo fare di tutto per aumentare il tasso di occupazione. Oggi in Italia il rapporto è di 1,4 lavoratori per 1 pensionato, non è una soglia molto alta. P

revedo che fra circa dieci anni per le prospettive demografiche il rapporto si abbasserà a 1,3. Dobbiamo far di tutto per portare questo numero a 1,5 almeno». Il numero uno della Cgil, Maurizio Landini ha fatto un appello alle forze politiche perché si occupino di più delle persone che per vivere hanno bisogno di lavorare. “Penso che esista un problema nel nostro Paese – ha detto – di riavvicinare la politica al bisogno dei lavoratori perché in questi anni troppo spesso sia di destra che di sinistra hanno fatto leggi sbagliate sulla precarietà”.

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