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Conte accetta la mediazione di Fico e Di Maio, ma dice che non accetta una diarchia con Grillo

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A un passo dalla rottura, Luigi Di Maio e Roberto Fico raggiungono Beppe Grillo nella sua casa di Marina di Bibbona. Bisogna scongiurare una scissione che precipiterebbe il Movimento 5 stelle, e tutti i suoi protagonisti, in un futuro incerto. E in extremis, venerdi’ sera a cena con il fondatore, in una triangolazione con Giuseppe Conte che e’ al mare poco lontano, i due esponenti piu’ rappresentativi del Movimento delle origini ottengono un mandato a trattare. Un comitato di sette che garantisce tutte le anime pentastellate avra’ pochi giorni, al massimo una decina, per trovare un difficilissimo equilibrio tra le prerogative che il garante vuole conservare e la liberta’ di manovra politica che l’ex premier chiede. “Nessuna diarchia”, e’ la condizione minima che Conte pone. Le posizioni sono lontane, i due non si parlano. Ma Di Maio si mostra ottimista: “Non e’ semplice ma io ci credo, troveremo una soluzione per ripartire”. Grillo mette in stand by la votazione del comitato direttivo che segnerebbe la fine del progetto contiano del M5s. Conte, che raccontano in pace con se stesso per aver fatto tutto il possibile per trovare una sintesi ed evitare spaccature o scissioni, benedice il “tentativo di mediazione”. Ma il fondatore invoca tempi “brevissimi” per riscrivere statuto, codice etico e carta dei valori, tanto che circola l’ipotesi – smentita dai diretti interessati – che abbia dato solo tre giorni ai mediatori. E l’ex premier, parlando con chi gli e’ piu’ vicino, pone l’accento sulla necessita’ di rilanciare il M5s dando vita a un nuovo corso, tenendo fermi “quei principi fondamentali espressi con chiarezza” anche nella conferenza stampa di qualche giorno fa. Accettera’ la leadership (e archiviera’ l’ipotesi di un nuovo partito) se ci sara’ chiara separazione tra gli organi di garanzia e di gestione politica del Movimento. L’ipotesi di lavoro – ancora tutta da costruire – da cui “i sette” potrebbero partire e’ stabilire che in casi eccezionali il garante possa intervenire e indire votazioni degli iscritti. Di sicuro c’e’ la necessita’, osserva un dirigente, che entrambi facciano mezzo passo indietro. “Puntiamo a chiudere entro sette-dieci giorni ma ci prenderemo il tempo che servira’”, confida un mediatore. Dal palco di un’iniziativa a Sorrento Di Maio, che ha portato a casa l’avvio di una trattativa fortemente voluta ma tutt’altro che scontata, ha un sorriso disteso quando dichiara: “E’ un momento molto delicato, proprio per questo credo che si debba parlare pochissimo e lavorare per una soluzione comune”. “E’ il momento della generosita’, ho sempre creduto che” mediare “fosse l’unico metodo per superare lo stallo, con l’aiuto di Grillo, Conte, i nostri portavoce e gli attivisti”, twitta il ministro Federico D’Inca’ e anche il viceministro Laura Castelli si dice ottimista. Ma c’e’ chi si spinge oltre: “La scissione e’ di fatto archiviata, la mediazione passera’ anche perche’ rompere non conviene a nessuno, ne’ a Grillo che ne uscirebbe indebolito ne’ a Conte, che dovrebbe partire da zero, con numeri incerti”, ragiona un dirigente pentastellato. Il lavoro dei mediatori e’ pero’ ancora alle battute iniziali, con i primi contatti tra i sette, che potrebbero incontrarsi all’inizio della prossima settimana. Del comitato fanno parte Di Maio e Fico, protagonisti dell’iniziativa che ha portato a sbloccare l’impasse, il presidente del comitato di garanzia Vito Crimi, il capogruppo di Camera e Senato, Davide Crippa e Ettore Licheri, la capogruppo in Parlamento europeo Tiziana Beghin, il ministro Stefano Patuanelli. Patuanelli e Licheri sono considerati piu’ vicini a Conte, Crippa e Beghin piu’ in sintonia con Grillo. La presenza dei capigruppo da’ prova di coinvolgimento ai parlamentari che negli ultimi mesi hanno lamentato esclusione dalle decisioni interne. Le assemblee di deputati e senatori ipotizzate per parlare con Grillo e Conte a questo punto sono in stand by. Saranno i sette a tessere la tela tra i due: se intesa sara’, dovra’ poi essere presentata ai gruppi e vidimata da un voto degli iscritti. A cena con gli enfant prodige del Movimento, con sullo sfondo la vittoria degli azzurri contro il Belgio, Grillo ferma le lancette della scissione e scrive sul suo profilo Facebook il post in cui tanti speravano. A chi lo sente un giorno dopo, Conte ribadisce che la contesa non e’ personale ma che non potra’ dire no al progetto se non pensera’ che sia la strada giusta. Gli alleati di governo tifano unita’. La via e’ stretta, ma e’ stata imboccata.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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