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Economia

Conte a Taranto: questa città ritornerà a essere la “Perla del Mediterraneo”

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Taranto e’ una “perla del Mediterraneo” che ogni giorno fa sentire il suo grido di sofferenza e a cui il Governo vuole dare risposte concrete, proprio come e’ successo per il Ponte di Genova. Prima di addentrarsi completamente nelle vicende del nuovo Dpcm sull’emergenza coronavirus, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, accompagnato da cinque ministri, un viceministro e due sottosegretari, ha trascorso buona parte della sua giornata a Taranto. Anche perche’ – ha spiegato – “non possiamo permettere ad un Paese che ha tante ambizioni che una sua perla possa essere degradata al punto da non riuscire piu’ ad essere un faro nel Mediterraneo, nel Mare Nostrum”. Al suo arrivo nella Citta’ dei Due Mari, accolto dal governatore Michele Emiliano, il premier si e’ recato nell’area dove sorgera’ il nuovo ospedale San Cataldo, con un appalto da 22 milioni e 715 posti letto. “E’ come per il ponte di Genova: bisogna fare presto. Le squadre lavoreranno notte e giorno.

A Taranto e nel Mezzogiorno il Governo ha preso degli impegni e non sono annunci ma passaggi concreti, operativi”. Poi l’inaugurazione del Corso di laurea in Medicina e Chirurgia nella ex sede della Banca d’Italia a cui, tra gli altri, hanno partecipato anche i Ministri dell’Universita’ e del Sud, Gaetano Manfredi e Giuseppe Provenzano, il Viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Mario Turco. Una cerimonia segnata dalle lacrime di Francesca, la giovane intervenuta in rappresentanza degli studenti. Il suo e’ stato il grido di sofferenza di tutta la citta’ jonica, e in particolare di quei giovani che lottano ogni giorno per restarci. “La tua commozione – le si e’ rivolto il premier durante il suo intervento – non ci e’ sfuggita. Io ci ho letto la rabbia e il dolore per una comunita’ che ha accumulato tante e troppe delusioni nel tempo. Quello che vi posso garantire – ha evidenziato Conte – e’ che la politica continuera’ a perseguire questo progetto di rilancio del territorio. Ci rivedrete qui talmente tanto spesso che la nostra presenza finira’ per risultarvi quasi molesta”. Il premier si e’ quindi spostato nella Prefettura tarantina per l’incontro per la sottoscrizione di alcuni accordi nell’ambito del Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) per Taranto, che ha una dotazione di oltre un miliardo di euro. Con i Ministri della Difesa, dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, Lorenzo Guerini, Stefano Patuanelli e Paola De Micheli, e con il Sottosegretario ai Beni culturali, Lorenza Bonaccorsi, si e’ parlato di molti progetti, tra i quali l’insediamento nell’area dell’ex Yard Belleli del gruppo Ferretti, l’accordo tra amministrazioni per la dismissione dagli usi militari ed il recupero e la valorizzazione culturale e turistica dell’area “Stazione torpediniere” nel Mar Piccolo e l’avvio di sei bandi per la riqualificazione della Citta’ vecchia. Inevitabili, nell’ultima parte della giornata tarantina, le domande dei giornalisti sul futuro dell’ex Ilva: “Chiudere un polo siderurgico in Italia – ha risposto il premier – e’ un problema di sistema, ma noi vogliamo accelerare la transizione energetica, la svolta verde. Arrivano anche i soldi del Recovery Fund e e abbiamo la possibilita’ di farlo”. E Conte ai sindacati ha inoltre ribadito che “bisogna attuare quanto sottoscritto nell’accordo 4 marzo” ma che al tempo stesso “senza partner industriale qualsiasi operazione diventa molto a rischio per il rilancio dello stabilimento”. Anche da li’ passa il futuro di una perla del Mediterraneo.

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Economia

Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Economia

Inflazione, Codacons: con record cacao e caffè rischi rincari

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E’ boom per le quotazioni di cacao e caffè, con i prezzi delle due materie prime che sui mercati internazionali stanno raggiungendo nuovi preoccupanti record, aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. L’allarme arriva oggi dal Codacons, che ha monitorato l’andamento delle quotazioni negli ultimi mesi. A inizio gennaio il prezzo del cacao era pari a circa 4.250 dollari la tonnellata, mentre ieri, mercoledì 24 aprile, le quotazioni sui mercati avevano raggiunto quota 10.800 dollari, con un incremento del +154% da inizio anno, riporta il Codacons. Trend analogo si registra per il caffè, con il Robusta che è passato dai 2.800 dollari la tonnellata dello scorso gennaio ai 4.250 dollari del 24 aprile, segnando un +51,8%, mentre l’Arabica nello stesso periodo sale da 190 a 224 centesimi alla libbra (+18%).

Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti, lancia l’allarme il Codacons. Basti pensare che solo per i prodotti a base di cacao e caffè gli italiani spendono oltre 10,2 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: il giro d’affari del cioccolato nel nostro Paese è di circa 2 miliardi di euro, con un consumo procapite di circa 2 kg. Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di cacao e caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno – aggiunge il Codacons. Ipotizzando un rincaro medio dei listini al dettaglio del +5% come effetto dei rialzi delle materie prime, i consumatori andrebbero incontro ad una nuova stangata da 510 milioni di euro solo per i consumi di caffè e cioccolato.

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Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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