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Cinema e tv, fascino non discreto della Royal Family

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Intrighi e vendette dietro perfettini quadretti familiari e clamorosi avvenimenti: da tempo la realta’ ha superato la fantasia quando si tratta di reali inglesi. L’immaginazione di uno scrittore o di uno showrunner tv arranca dietro quello che di vero accade: chi di loro avrebbe mai osato scrivere una scena in cui il nipote della regina e la sua common moglie americana sputtanavano la Royal Family in tv dandogli dei razzisti? Ecco cosi’ che il cinema e le serie tv inseguono i fatti, li mettono in scena senza nemmeno troppo bisogno di romanzarli e il pubblico fa il tifo e li aspetta. Si spiega anche cosi’, con questo fascino per i royals, il numero di produzioni in cantiere: insomma c’e’ una vera domanda di mercato. Si parte da The Crown, la serie Netflix madre di tutto il filone.

All’inizio sembrava persino eccessivo tutto quel gossip all’ora del the tra Sua Altezza Reale e l’infelice sorella Margaret e quell’astio della principessa Anna mentre una certa Diana Spencer arrivava a corte.Poi, dopo l’intervista di Harry e Meghan da Oprah Winfrey, quelle scene della quarta stagione della pluripremiata serie di Peter Morgan sono sembrate decisamente verosimili e spiegano benissimo perche’ la Royal Family inglese con la produzione della serie originale ha un rapporto decisamente conflittuale. Il principe Harry al contrario l’ha trovata autentica. La storia e’ arrivata con la quarta stagione al 1990 e sulla quinta fervono i preparativi per la messa in onda ipotizzata a fine 2021 inizio 2022 con un cast completamente rinnovato: Imelda Staunton prendera’ il posto della superpremiata Olivia Colman sul trono di Inghilterra, l’australiana Elizabeth Debicki prendera’ il posto di Emma Corrin per interpretare Diana Spencer, Dominic West sara’ il principe Carlo al posto di Josh O’Connor, Jonathan Pryce duca di Edinburgo.

Intanto c’e’ fermento per il film di Pablo Larrain ‘Spencer’ , tutto incentrato sul vero fatto di cronaca: Dicembre 1991: il matrimonio del principe e della principessa di Galles e’ diventato freddo da tempo. Sebbene le voci di affari e un divorzio abbondino, la pace e’ ordinata per le festivita’ natalizie a Sandringham Estate. C’e’ mangiare e bere, sparare e cacciare. Diana conosce il gioco. Quest’anno le cose saranno molto diverse”. E’ il plot dell’opera pronta per il prossimo autunno o per inizio del 2022, per il 25/mo della morte di Diana. Nel cast anche Timothy Spall, Sally Hawkins e Sean Harris. Le riprese, cominciate in Germania, si sono spostate in Gran Bretagna e le foto, con il contagocce, che arrivano dalla produzione rinviano ad una protagonista Kristen Stewart perfettamente calata nella parte e trasformata esteticamente. E’ una Lady Diana principessa triste decisa a rompere con Carlo (la star di Poldark Jack Farthing) e ad essere se stessa. “La chiave e’ come scopre durante la storia che cio’ di cui ha veramente bisogno e’ essere chi vuole essere”, ha detto Larrain. “E con questo, non significa che lei abbia bisogno di essere accanto a nessuno, di essere parte di qualcosa, ma di se stessa e dei suoi stessi figli. Diana era molte cose, ma soprattutto, era una grande madre”.

Il legame con i figli e’ fuori discussione e il carattere intraprendente (lo strappo con la Royal Family, la celebre intervista alla Bbc del ’95 con 15 milioni di inglesi incollati alla tv mentre lei accusava l’infedele Carlo con la storica frase ‘il nostro era un matrimonio affollato’) sembra proprio un gene trasmesso a Harry. I panni blasonati messi in piazza da loro stessi non fanno che alimentare tv e cinema: ultimo progetto in ordine di tempo Harry & Meghan: Escaping the Palace, film per la tv prodotto dalla tv cavo Lifetime. L’Italia non resta indietro: utilizzando materiali in archivio Rai Documentari sta preparando una docu-serie incentrata sui reali inglesi. Il genere dei documentari da tempo percorre le strade reali: solo su Netflix si possono trovare The Royal House of Windor e The Story of Diana, per citarne un paio.

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Morta turista italiana in un incidente a Yellowstone: sette vittime nello scontro tra pick-up e van

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Una turista italiana, originaria di Milano, è rimasta uccisa in un grave incidente stradale avvenuto giovedì 1° maggio nei pressi del parco di Yellowstone, al confine tra l’Idaho e il Montana. A confermare la notizia è la Farnesina. Secondo quanto riferito, la donna viaggiava su un van turistico coinvolto in uno scontro frontale con un pick-up nella zona di Henry’s Lake, una delle porte d’accesso al parco.

Sette delle quattordici persone a bordo del pulmino sono decedute: tra loro anche la nostra connazionale, cinque turisti cinesi e l’autista del pick-up. Il consolato italiano a San Francisco è in stretto contatto con i familiari della vittima.

Fiamme e rottami: le immagini della tragedia

Le immagini diffuse dai media statunitensi mostrano la scena devastante dell’incidente: un pick-up rosso completamente accartocciato e un van avvolto dalle fiamme. L’intervento tempestivo di eliambulanze e squadre di soccorso ha permesso di trasportare i feriti più gravi negli ospedali della regione. L’incidente è avvenuto su una strada molto trafficata, frequentata ogni giorno da migliaia di turisti diretti verso l’ingresso ovest di Yellowstone.

Yellowstone, un paradiso naturale e pericoloso

Yellowstone è uno dei parchi nazionali più iconici degli Stati Uniti e attira ogni anno milioni di visitatori da tutto il mondo. Conosciuto per i suoi geyser — tra cui il celebre Old Faithful — le sorgenti termali e i paesaggi spettacolari, si estende tra Wyoming, Montana e Idaho.

Ma la bellezza del parco si accompagna a numerosi rischi. Le strade strette e tortuose, il traffico intenso e le distrazioni causate dai panorami contribuiscono a un alto numero di incidenti stradali. Secondo lo storico del parco Lee Whittlesey, che ha documentato i decessi nel suo libro Deaths in Yellowstone, gli incidenti automobilistici sono la seconda causa di morte nel parco dopo i malori di origine medica. Dal 2007 ad oggi, almeno 17 persone sono morte per cause legate al traffico.

Turismo internazionale in ripresa dopo il Covid

Secondo i dati del Dipartimento del Commercio USA, il 36% dei turisti internazionali arrivati negli Stati Uniti in aereo inserisce la visita ai parchi nazionali tra le attività principali. Yellowstone, in particolare, registra una forte affluenza da Cina, Italia e Canada. Solo nel 2023, il parco ha accolto 4,7 milioni di visitatori, segnando una ripresa significativa dopo il crollo del turismo legato alla pandemia e alle inondazioni del 2022.

Il sindaco di West Yellowstone, Jeff McBirnie, ha sottolineato come i flussi turistici internazionali si concentrino soprattutto nei mesi di primavera e autunno: “Spesso si tratta di familiari di studenti internazionali che frequentano università americane, e approfittano della visita per scoprire le meraviglie naturali del Paese”.

La tragedia di giovedì riaccende l’attenzione sulla sicurezza stradale all’interno e nei pressi dei parchi nazionali americani, dove ogni viaggio può trasformarsi, improvvisamente, in dramma.

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Esteri

Trump vestito da Papa: il presidente Usa si mostra come pontefice in una foto virale

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Un’immagine clamorosa pubblicata da Donald Trump lo mostra vestito da Papa, con mitria e croce dorata. Un gesto simbolico che va oltre la provocazione e rivela la visione assolutista del potere del neo presidente americano.

Un gesto che comanda, non che benedice

Un solo dito alzato. Ma non è un gesto di benedizione. È un monito. Nell’immagine pubblicata sui social ufficiali, Donald Trump, da poco rieletto presidente degli Stati Uniti, appare vestito da Pontefice: mitria, abito bianco, croce al collo, seduto su un trono dorato. Il volto è austero, lo sguardo ammonitore, la posa rigida. Niente evoca spiritualità: questa è una rappresentazione imperiale del potere, non religiosa.

L’iconografia del comando assoluto

Trump non appare come il Cristo bizantino che alza due dita in segno di pace. È più simile allo Zio Sam che nei manifesti di guerra diceva “I want you”. Ma qui il messaggio è più diretto: “Io comando, voi obbedite”. Questa foto – creata verosimilmente con intelligenza artificialenon è un meme casuale, ma un’icona politica. Una proiezione simbolica del potere assoluto che Trump ambisce a rappresentare.

Trump, potere spirituale e politico

Il neo presidente americano ha sempre manifestato la sua volontà di controllo totale. In questa immagine, raffigurarsi come Papa non è una goliardia, ma una dichiarazione visiva: nessuna istituzione, nemmeno quella religiosa, è fuori dalla sua immaginazione di potere. Con questa foto Trump si mette al centro di ogni forma di autorità, oltre i confini del laico e del sacro.

La comunicazione politica dell’eccesso

Cosa fare di fronte a questa ennesima provocazione? Scandalizzarsi forse non basta più. Trump è fuori da ogni schema. Usa il linguaggio dell’eccesso come strumento politico. E questa immagine – che può apparire ridicola o grottesca – è invece potentissima: comunica una visione totalitaria, dove anche la sacralità diventa un travestimento utile al messaggio del leader.

Un uomo senza filtri, ma anche senza inconscio?

Viene da chiedersi: è tutto calcolato o è il frutto di una psiche senza confini? Donald Trump sembra privo di ogni filtro tra desiderio e realtà. Nessuna zona d’ombra, nessun inconscio. In lui tutto è evidente, dichiarato, ostentato. Anche questa immagine da Papa, che mostra l’ambizione di governare per sempre, come leader spirituale e politico del mondo.

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Riccardo Muti: «Così la musica unisce l’Europa, i popoli e la memoria»

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Due bandiere sul palco del Petruzzelli di Bari: Riccardo Muti e i Berliner Philharmoniker, alla loro prima esibizione in Puglia dal 1882. Un evento storico e simbolico, trasmesso in 80 Paesi, che ha celebrato l’unità culturale dell’Europaattraverso la musica. A raccontarne il senso profondo è lo stesso Muti in una intervista concessa al Corriere della Sera.

«Questo concerto non è solo musica, è una visione d’Europa»

Per il Maestro, il “Concerto per l’Europa” va oltre la bellezza musicale: «Non è un’esibizione di forza, ma un simbolo di ciò che l’Europa potrebbe essere se fondata sulla cultura. Come la immaginava Federico II, il “Puer Apuliae”, che scelse di vivere in Puglia e la rese un centro di cultura e bellezza».

L’omaggio a Puglia e alla Scuola napoletana

Muti sottolinea il legame storico della Puglia con la musica: «Piccinni, Paisiello, Traetta, Mercadante: tutti pugliesi che hanno influenzato la Scuola napoletana. La mia prima volta al Petruzzelli? Avevo tre anni, con i miei genitori ad ascoltare Aida».

«Il San Carlo ha dimenticato il suo passato»

Parlando dei progetti futuri, Muti auspica che l’anniversario di Piccinni sia anche un’occasione di riflessione per il San Carlo: «C’è stato molto opportunismo nel ricordare Roberto De Simone. Servirebbe una memoria culturale più autentica».

Il suono dei Berliner e il peso della tradizione

«Il suono di un’orchestra cambia con il direttore, ma resta l’identità. Quello dei Berliner è ancora segnato da Karajan e Furtwängler, potente e inconfondibile. Come accade per i Wiener o per le voci di Callas e Pavarotti».

L’Europa dei cori e delle bande

Alla musica come strumento di unità Muti dedica parole sentite: «Cantare è di chi ama, diceva Sant’Agostino. A giugno, al Ravenna Festival, 1.250 coristi canteranno Verdi per imparare ad armonizzare, a cercare insieme la bellezza e il bene comune».

E sulle bande musicali: «Sono la vera voce del popolo, strumenti di cultura per la provincia dimenticata. Io stesso ho imparato ad ascoltare con loro, a Molfetta. Oggi, quando partecipo alle feste patronali, la prima cosa che faccio è ascoltare la banda. È lì che si custodisce il cuore della musica».

«Il mio sogno? Sfilare con la confraternita di Molfetta»

Muti racconta con commozione la sua recente partecipazione alla processione dei Misteri: «Mi hanno nominato membro onorario dell’Arciconfraternita di Santo Stefano. Vorrei sfilare con loro, perché lì la gente dimentica le divisioni, si unisce nel rito e nel Mistero».

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