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Esteri

Cina, le città blindate dalla polizia dopo le proteste

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La Cina difende ad oltranza la linea della ‘tolleranza zero’ al Covid e blinda le città con migliaia di agenti dopo le proteste anti-lockdown che si sono diffuse in tutto il Paese. A Shanghai, dopo due giorni di turbolenze e scontri, la polizia ha arrestato due persone: anche il reporter della Bbc Edward Lawrence è stato fermato, portato via in manette e picchiato. L’episodio, il cui video è finito sui social, ha provocato l’ira di Londra, causando anche altre reazioni internazionali, tra cui l’appello del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier (che ha affermato di “capire” i manifestanti), quello dell’Onu alle autorità cinesi affinché sia rispettato il diritto di manifestare in modo pacifico e la “ferma” condanna della Federazione dei media europei (European Broadcasters Union) contro “le intollerabili intimidazioni e aggressioni ai danni di giornalisti in Cina”.

A Pechino, invece, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha riferito che l’arresto di Lawrence era avvenuto “perché non si è identificato come giornalista”, mentre in precedenza una nota della Bbc aveva addirittura riferito che, secondo la polizia, “era stato portato via per non fargli contrarre il Covid tra la folla”. Sulle manifestazioni Zhao ha poi assicurato che la “lotta contro il Covid-19 avrà successo” grazie alla guida del Partito comunista e al sostegno del popolo cinese, accusando “forze con secondi fini” di collegare le 10 vittime per l’incendio divampato la scorsa settimana a Urumqi alle draconiane misure anti-virus che avrebbero rallentato i soccorsi. Come invece sostengono migliaia di post sui social media in mandarino e all’estero. I media ufficiali hanno ignorato le proteste, le maggiori dalle tragiche vicende di Piazza Tienanmen del 1989.

Nulla sulla Cctv e sul Quotidiano del Popolo, la voce del Pcc, che ha dedicato piuttosto uno dei suoi articoli alle direttive della leadership per “attuare con rigore scientifico l’incremento dell’efficienza dei lavori di contenimento della pandemia”, mentre il Paese continua a registrare casi in aumento, saliti domenica per la prima volta oltre quota 40.000. A partire da Pechino e Shanghai, le manifestazioni si stanno trasformando nel test più duro per la leadership cinese e per lo stesso Xi dalla sua salita al potere nel 2012. L’esasperazione sociale si è mischiata con la radicata paura per il virus e a Shanghai i manifestanti nel fine settimana hanno chiesto apertamente per la prima volta un passo indietro del Pcc e dello stesso Xi, insieme a una maggiore libertà. L’area di Urumqi Road della città, epicentro delle proteste, è stata transennata e presidiata dalle forze dell’ordine per evitare nuove turbolenze dopo quelle che nel weekend, secondo i calcoli della Cnn, sono state registrate in 16 città.

I fogli bianchi, diventati il simbolo della rivolta, sono però apparsi ancora in iniziative individuali e diffuse nel Paese, fino a diventare una prova di condivisione del disagio sui social media, anche in mandarino. Un allentamento della ‘tolleranza zero’ era attesa dopo il Congresso del Partito comunista di metà ottobre che ha affidato al presidente Xi un inedito terzo mandato di fila alla segreteria generale. La nuova scommessa di Goldman Sachs è che la Cina potrebbe smetterla con i lockdown prima di aprile 2023, con qualche possibilità di un’uscita “disordinata”, ha sostenuto Hui Shan, capo economista cinese della banca d’affari Usa: una svolta nel secondo trimestre ha la più alta probabilità di verificarsi, pari a circa il 60%. Una previsione che non è affatto detto possa bastare a placare la frustrazione diffusa contro una politica che da modello di lotta al Covid è diventata per lo stesso Xi un innegabile motivo di imbarazzo mondiale.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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