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Chiusi i Mondiali di scherma, Azzi ‘scommessa vinta’

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Cala il sipario su un Mondiale di scherma da record per l’Italia. Gli azzurri chiudono la rassegna iridata di Milano solo sfiorando il primato di medaglie, complice la precoce eliminazione della squadra del fioretto maschile ai quarti nell’ultima giornata di gare (l’unica senza podi italiani), ma è solo un inciampo al termine di una settimana in cui i successi sono stati tanti. Il medagliere infatti si tinge di tricolore, con 10 medaglie per l’Italia, a -1 dal record di Cairo 1949 e Catania 2011, con quattro ori conquistati (che mancavano dal 2018), quattro argenti e due bronzi. Risultati in cui emergono in particolare l’en plein nel fioretto femminile tra individuale e squadra oltre all’oro nella spada a squadre maschile che mancava addirittura da 30 anni.

“Al termine di questo Mondiale la nostra federazione può dire missione compiuta. Abbiamo onorato questa gara a livello sportivo, ma i numeri parlano anche della grande riuscita di questo grande evento. È stata una scommessa vinta”, il commento del presidente della federazione italiana scherma Paolo Azzi. “Nove giorni di soldout con oltre 40mila spettatori, l’Italia ha vinto tanto, anche gli ascolti ci hanno premiato: c’è stato pubblico, c’è stato spettacolo e anche la parte sportiva ha funzionato”, gli ha fatto eco Marco Fichera, presidente del comitato organizzatore dei Mondiali. “L’assalto più bello vinto è quello contro la diffidenza. Mi era sempre stato detto che a Milano non si sarebbe potuto organizzare nessun evento di scherma perché non c’erano impianti e interesse, ma è stato dimostrato il contrario”, ha aggiunto Giorgio Scarso, ex presidente federale e oggi presidente della federazione europea di scherma.

Non sono mancate le emozioni nemmeno nell’ultima giornata di gara, con l’Italia del fioretto maschile (formata da Alessio Foconi, Daniele Garozzo, Filippo Macchi, Tommaso Marini) che, ad un passo dalla semifinale, ha subito la rimonta di Hong Kong con tanto di finale polemico per l’esultanza di Cheung Ka Long: dopo l’ultima stoccata si è rivolto alla tribuna portandosi il dito alla bocca e scatenando in particolare la reazione di Macchi, trattenuto dai compagni. “Non è piaciuto il gesto di un campione verso il nostro pubblico. È stato un attimo ma è stata gestita nei migliori dei modi”, il commento nel post gara di Macchi, con gli azzurri che hanno chiuso poi quinti nel tabellone.

“Non siamo abituati a questo pubblico, forse ha vissuto situazione come provocazione. Non mi va di accusarlo, ha fatto un gesto spontaneo ma si è risolto tutto lì”, ha aggiunto Foconi. È sfumata nella finale per il bronzo invece la medaglia per l’Ucraina della sciabola femminile guidata da Olga Kharlan. Dopo le polemiche dei giorni scorsi, con la squalifica per il mancato saluto alla russa Anna Smirnova e la seguente riammissione, Kharlan ha trascinato le compagne in semifinale con una rimonta all’ultimo assalto ai quarti contro gli USA, venendo però poi sconfitte dalla Francia in semifinale e dalla Corea del Sud nella finale per il bronzo.

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A Bocca della Selva l’urlo di Paret, Pogacar resta rosa

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Sembra quasi non credere a quello che gli sta succedendo, Valentin Paret-Peintre, mentre taglia da solo il traguardo ai 1400 metri di Bocca della Selva. Tra le montagne del Sannio note per il ritrovamento di Ciro, il fossile di cucciolo di dinosauro di 113 milioni di anni fa, il 23enne francese coglie il suo primo successo da professionista staccando il connazionale Bardet di 30 secondi e lo sloveno Tratnik, terzo a un minuto dopo aver coltivato sogni di gloria, in fuga solitaria per quasi 30 chilometri prima di essere ripreso da Paret a meno di tre dall’arrivo.

A oltre tre minuti il gruppo della maglia rosa, con lo sloveno Tadej Pogacar che resta padrone della corsa. Immutata la classifica generale, almeno nelle prime posizioni. Tiberi, sesto, è il primo degli italiani. La prima vittoria importante del più giovane dei fratelli Paret Peintre ha il volto dell’incredulità: Valentin scuote la testa, fa no con le dita, poi si batte i pugni sul capo fino a sfogare la gioia con un urlo liberatorio. L’anno scorso era toccato al fratello maggiore Aurelien vincere una tappa al Giro. “Vorrà dire che verremo tutti gli anni al Giro -scherza a fine gara il francese -. E pensare che alla partenza non mi sentivo bene. E invece con la salita le gambe hanno cominciato a girare. Non avevo mai vinto in una grande corsa, è una gioia immensa”. Lucida fino alla fine la condotta di gara della maglia rosa: “Abbiamo lasciato andare la fuga – dirà lo sloveno – e tenuto il nostro passo. Giusto essere pazienti, il Giro è lungo ventuno giorni. La gara di oggi è di buon auspicio per le prossime montagne”.

Dopo l’arrivo sul lungomare di Napoli e la giornata di pausa, doveva essere una tappa frastagliata, la Pompei-Cusano Mutri, 142 km in buona parte pianeggianti ma con l’arrivo ai 1400 metri della Bocca della Selva dopo una salita lunga 18 km. E così è stato. Il gruppo alla partenza saluta Olav Kooij, vincitore della tappa di Napoli domenica, che abbandona per febbre. L’andazzo della corsa è fedele alle aspettative sin dalle prime battute. A provare per primi la fuga sono Hermans e Clark raggiunti presto da De Marchi: i tre accumulano oltre un minuto di vantaggio sul gruppo. A circa 80 km dall’arrivo restano De Marchi e Clarke con 1’20” di vantaggio.

Le distanze si annullano quando comincia la salita che porta a Camposauro. In venticinque, staccatisi dal gruppone, raggiungono i due per formare una nuova fuga a ventisette: mancano 45 km al traguardo. Del gruppo al comando i corridori dalla classifica migliore sono Zana 13/mo a 7’12″e Bardet 14/mo a 7’51”. Con loro c’è anche Paret, che vincerà la tappa, e che in classifica sconta 26 minuti dalla maglia rosa. Troppi perché Pogacar debba preoccuparsi. Il vantaggio sul gruppo arriva a toccare i 5 minuti a circa 40 km dall’arrivo. Dal gruppo di testa si stacca lo sloveno Tratnik: su di lui si lanciano i francesi Paret e Bardet e gli italiani Frigo e Bagioli. Tratnik accumula fino a un minuto di vantaggio sulla salita che conduce a Bocca della Selva, ma il vantaggio si riduce man mano che si avvicina al traguardo.

A meno di tre chilometri dall’arrivo l’epilogo, con Paret che rientra sullo sloveno e lo stacca per chiudere, confuso e felice, braccia alzate al cielo. Domani l’undicesima tappa: da Foiano di Val Fortore a Francavilla al Mare, sorride ai velocisti. Il Giro, intanto, perde la Cima Coppi sullo Stelvio. Le recenti nevicate, e l’aumento delle temperature, hanno fatto crescere il rischio di slavine. Motivo per cui l’organizzazione ha deciso di modificare il percorso della 16/a tappa, Livigno-Santa Cristina Val Gardena. La Cima Coppi viene spostata sul Giogo di Santa Maria a quota 2489 metri.

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Internazionali: Zverev batte Borges, va ai quarti contro Fritz

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Il tedesco Alexander Zverev e il cileno Nicolas Jarry si sono qualificati ai quarti di finale degli Internazionali di Roma. Il n.5 al mondo si è imposto in due set (6-2, 7-5) sul portoghese Nuno Borges e al prossimo turno se la vedrà con lo statunitense Taylor Fritz. Il sudamericano ha battuto per 7-5, 6-3 il francese Alexandre Muller e affronterà il greco Stefanos Tsitsipas o l’australiano Alex De Minaur.

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Cessione Monza, sfuma la trattativa Fininvest-Orienta

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Nessun passaggio di quote tra Ac Monza e Orienta Capital Partner, il fondo che fa capo ad Augusto Balestra e che nelle scorse settimane era indicato come prossimo socio di maggioranza del club. Un’operazione che, nelle stesse previsioni di Orienta delle scorse settimane, avrebbe dovuto concludersi nel mese di maggio, comunque prima della fine del campionato in corso. Nelle scorse ore la fase di interlocuzione si è interrotta, seppur senza alcuno strappo, dopo che il discorso si era arenato su posizioni differenti in termini di ripartizione della partecipazione ma anche di visione per il club. Per il Monza, di fatto, poco cambia: nel senso che alla finestra era, in attesa di nuovi partner pronti ad entrare nel capitale del club, e alla finestra resta. Il club brianzolo, dopo la matematica certezza della salvezza nel suo secondo anno consecutivo di Serie A, vivrà nella prossima stagione il terzo campionato nella massima serie.

Dopo il rinnovo nei giorni scorsi del consiglio di amministrazione, con scadenza all’approvazione del bilancio 2024, la società biancorossa prosegue così nel solco di Fininvest e di Adriano Galliani, vicepresidente vicario e amministratore delegato del club. Chiamato, innanzitutto, a decidere la guida tecnica per la prossima stagione: sul piatto anche la possibilità di proseguire con l’attuale allenatore, Raffaele Palladino, in scadenza di contratto a giugno. Nei mesi scorsi erano stati accostati al club della famiglia Berlusconi anche grandi attori internazionali: i nomi emersi erano stati quelli di Red Bull (già proprietario di club come il Lipsia e il Salisburgo, ma anche associabile alla Formula 1 che ha in Monza un circuito di riferimento), poi dell’armatore greco Evangelos Marinakis, azionista di maggioranza dell’Olympiakos e del Nottingham Forest, e dei fondi arabi.

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