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Champions, la Juventus crolla a Londra: Chelsea poker e sorpasso

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La Juventus crolla a Londra, adesso anche il primo posto nel girone di Champions e’ in seria discussione: il 4-0 di Stamford Bridge ha rovesciato la classifica, il Chelsea e’ davanti ai bianconeri in virtu’ della miglior differenza reti negli scontri diretti. Chalobah nel primo tempo, James e Hudson-Odoi nel giro di 120 secondi della ripresa indirizzano la sfida, nel recupero arriva il poker di Werner.


Per Allegri e’ notte fonda, oltre ad essere la sconfitta piu’ pesante da quando guida la Juve. Gli uomini piu’ attesi partono dalla panchina: Dybala ha recuperato ma Allegri preferisce non rischiarlo, Tuchel ritrova in extremis Lukaku al rientro dopo un mese e lo fa accomodare al fianco di Werner, in panchina. Gia’, perche’ come riferimento offensivo il tecnico preferisce al tedesco un tridente leggero con Ziyech, Pulisic e Hudson-Odoi.

La mediana e’ affidata a Jorginho, in difesa comanda Thiago Silva con Chalobah e Rudiger come braccetti del terzetto. Nella Juve, Morata vince il ballottaggio con Kean e affianca Chiesa, Cuadrado sostituisce l’infortunato Danilo come terzino destro e davanti a lui agisce McKennie. Bentancur-Locatelli e’ la coppia centrale, sulla fascia mancina giocano Alex Sandro e Rabiot. All’andata fu un dominio bianconero, a Londra la musica e’ diversa: i Blues prendono subito campo, la squadra di Allegri prova a difendersi con ordine.


Da calcio piazzato, pero’, arrivano pericoli, come sulla punizione di James deviata da Szczesny o sui corner, una situazione nella quale svettano gli inglesi. E proprio dalla bandierina nasce il gol: al 25′, Chalobah risolve una mischia firmando l’1-0 dopo un evidente tocco di mano di Rudiger non considerato irregolare dall’arbitro Jovanovic. La Juve reagisce e va vicina al pareggio con l’invenzione di Locatelli e il pallonetto di Morata, ma Thiago Silva si immola a pochi centimetri dalla linea di porta. E’ l’unico squillo dei bianconeri, poi e’ ancora Szczesny a salvare i suoi con un grande intervento su James. Prima di rientrare negli spogliatoi, Tuchel perde Kante’ e lo sostituisce con Loftus-Cheek. Nella ripresa ci si aspetta una Juve diversa, invece il Chelsea dilaga e in 120 secondi si porta sul 3-0: segnano James e Hudson-Odoi, la fase difensiva di Allegri non funziona e la sua squadra crolla sotto i colpi degli inglesi.


Dalla panchina si alza Dybala e prende il posto di Bentancur, il tecnico ci prova anche con Arthur e Kean. Ma non e’ proprio serata, la sfida si chiude tra gli “ole'” di Stamford Bridge e con il 4-0 di Werner nel recupero. Una batosta da dimenticare immediatamente, anche perche’ sabato ci sara’ l’Atalanta allo Stadium: l’ennesimo test per una Juve che proprio non riesce a decollare. E, adesso, rischia anche il primato, perche’ nell’ultimo turno dovra’ battere il Malmoe e sperare che il Chelsea impatti a San Pietroburgo.

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Economia

Nagel apre la partita sul Leone, Mps non si ferma

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Mediobanca gioca la sua mano nella partita del risiko bancario proponendo di scambiare la quota del 13% nelle Generali con la totalità delle azioni di Banca Generali. Un’operazione che da un lato trasformerebbe in un asset industriale una partecipazione finanziaria con cui i manager di Piazzetta Cuccia hanno sempre inciso sulle scelte strategiche del Leone e dall’altro aprirebbe nuovi scenari sugli assetti di controllo del grande ‘forziere’ del risparmio italiano. La mossa, di cui l’ad di Mediobanca Alberto Nagel (foto Imagoeconomica in evidenza) ha sottolineato la valenza industriale e la coerenza con il piano di Piazzetta Cuccia, ha però anche l’effetto non secondario di cercare di sottrarre la banca all’abbraccio sgraditissimo di Mps, la cui scalata potrebbe diventare più costosa se il mercato crederà alle promesse di Nagel e più complessa in uno scenario di integrazione a tre.

“L’operazione – scrivono gli analisti di Bofa – aggiunge incertezza e uno strato di complessità al progetto di un terzo polo Mps-Mediobanca”. Non la vedono così a Siena dove tira tutt’altro che aria di resa. Non solo l’offerta su Banca Generali viene giudicata non “ostativa” della scalata a Mediobanca ma viene anzi ritenuta in grado di “rafforzare il valore industriale” dell’operazione di Mps, che punta a aumentare la sua presenza nel wealth management e valuta “non strategica” e cedibile la quota nel Leone. Lovaglio può contare sul sostegno dei suoi grandi sponsor. Anzitutto del governo, dove fra i meloniani Banca Generali viene considerata la “risposta scaltra” di Nagel al Monte e si auspica che l’ops di Mps “vada in porto”.

Ma anche di Caltagirone e Delfin, che insieme hanno il 27,2% di Mediobanca e il 20% di Mps, e non appaiono intenzionati a deporre le armi, come dimostra l’astensione dei rappresentanti di Delfin nel cda di Mediobanca e la battaglia che potrebbero dare in Generali, anche sollevando il tema del conflitto di interesse di Mediobanca, i consiglieri del Leone eletti nella lista Caltagirone. Si tratterà di vedere se, alla prova del mercato, Nagel sarà in grado di convincere i suoi azionisti che è meglio una Mediobanca indipendente e con una solida presenza nel wealth management ad un matrimonio con Mps, che con Piazzetta Cuccia punta invece a diversificare il suo business e a creare il terzo polo bancario. Ma anche se saprà spingere i soci di Banca Generali, a partire dal Leone, a consegnare le azioni. A caldo la Borsa – dove viene riconosciuto il senso industriale e finanziario dell’ops per Mediobanca ma meno per Generali e Banca Generali – ha risposto con una certa freddezza, facendo scendere Piazzetta Cuccia (-0,8%) e Generali (-1,1%) e spingendo Mps (+2,1%).

Ma il piano di Mediobanca prevede anche l’addio a Trieste, con metà della quota che verrebbe rilevata dal Leone e metà che si dissolverebbe nel mercato. Per Generali – dove Delfin ha quasi il 10%, Caltagirone il 6,8% e Benetton il 4,8% – si aprirebbe l’esigenza di puntellare la compagine tricolore che ne difenda l’italianità, in una fase in cui il governo ha acceso un faro sull’accordo nell’asset management con Natixis. Una partita su cui potrebbero avere qualcosa da dire Intesa, che domani investirà il suo ceo Carlo Messina con un nuovo mandato triennale, e soprattutto Unicredit, che ha già rastrellato il 6,7% del capitale e ha votato con Caltagirone e Delfin in assemblea, auspicando un cambio di passo a Trieste. Una partita che potrebbe incrociarsi con l’ops su Banco Bpm, partita oggi con la consegna di sole 798 azioni. L’operazione è fortemente a rischio dopo i paletti imposti dal governo con il golden power, in relazione ai quali Unicredit, che per ora non ha impugnato il provvedimento, ha chiesto chiarimenti. Nel frattempo il cda di Gae Aulenti ha rinviato al 12 maggio la presentazione dei suoi risultati, inizialmente in programma il 7, stesso giorno di quelli di Banco Bpm.

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Esteri

Rubio a Lavrov: è ora di mettere fine a guerra senza senso

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Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto al ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che è il momento di mettere fine alla “guerra senza senso” in Ucraina. Rubio, in una recente intervista, ha definito la settimana in corso “cruciale” per capire le intenzioni di Russia e Ucraina, e per gli Stati Uniti per decidere se continuare o meno lo sforzo per la pace.

Nel corso del colloquio telefonico con Lavrov, Rubio ha messo in evidenza che “gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati a porre fine a questa guerra insensata”, riferisce il Dipartimento di stato. Il segretario di stato ha quindi discusso con il ministro degli esteri russo dei “prossimi passi nelle trattative di pace e della necessità di porre fine alla guerra ora”.

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Esteri

La squadra di Merz, il paladino di Kiev agli Esteri

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L’era Merkel è lontana e anche la politica, per molti troppo prudente, di Olaf Scholz è alle spalle. Friedrich Merz ufficializza la squadra dei futuri ministri conservatori e punta, per tirare la Germania fuori dalla crisi, su nomi nuovi: due top manager per l’economia e la digitalizzazione del Paese, un mastino bavarese agli Interni per la svolta sull’immigrazione, e un esperto di Difesa versato in diplomazia, fautore del massimo sostegno a Kiev, al ministero degli Esteri. Con queste scelte il cancelliere in pectore, che dovrebbe essere eletto al Bundestag il 6 maggio, si è detto pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni e le molte incognite che assillano un’Europa “minacciata” e incerta del futuro.

“Il supporto all’Ucraina è necessario per preservare la pace e la libertà in Germania”, ha scandito prendendo la parola al piccolo congresso di partito dei democristiani, che hanno approvato a Berlino il contratto di coalizione firmato coi socialdemocratici di Lars Klingbeil. “Consideriamo il nostro aiuto all’Ucraina come uno sforzo congiunto di europei e americani dalla parte dell’Ucraina. Non siamo parte in causa in questa guerra e non vogliamo diventarlo, ma non siamo neanche terzi estranei o mediatori tra i fronti. Non ci devono essere dubbi sulla nostra posizione: senza se e senza ma, dalla parte di questo paese attaccato”, ha incalzato ribadendo il rifiuto di una pace imposta. Merz ha anche ribadito di non volere alcuna guerra commerciale con gli Usa, e di esser pronto a spendersi “con ogni forza per un mercato aperto”. Sul fronte migranti, ha assicurato la svolta, che dovrà strappare la Germania alla seduzione dell’ultradestra: “Dal giorno numero uno proteggeremo al meglio le nostre frontiere, con respingimenti massicci”.

Per realizzare questi piani, Merz ha scelto Johann Wadephul, 62 anni, come ministro degli Esteri. L’uomo della Cdu che in passato ha spinto per un sostegno pieno a Kiev, contestando le remore di Scholz e spingendo ad esempio per la consegna dei Taurus, che il Kanzler uscente ha sempre negato a Zelensky. Ex riservista dell’esercito, giurista e poi deputato dal 2009, è un fidatissimo di Merz, e viene ritenuto un grosso esperto di difesa: avrebbe potuto essere anche ministro del settore che andrà invece all’SPD e resterà a Boris Pistorius. Agli Interni sarà nominato il noto volto della Csu bavarese Alexander Dobrindt, “il nostro uomo di punta a Berlino per la questione centrale della svolta sui migranti”, nelle parole di Markus Soeder che ha presentato i tre ministri in quota del suo partito.

La stampa tedesca ha accolto con interesse anche le nomine della brandeburghese Katherina Reiche, 51 anni, all’Economia – top manager del settore energetico, e proveniente dall’est – e quella di Karsten Wildberger, 55 anni, ceo di Mediamarkt e Saturn, colossi dell’elettronica, designato alla Digitalizzazione all’Ammodernamento dello Stato. All’Istruzione andrà Karen Prien, dello Schleswig-Holstein, prima ebrea a ricoprire un incarico da ministra, secondo quanto ha scritto Stern. In squadra ci sono poi Patrick Schnieder ai Trasporti, Nina Warken alla Salute, Thorsten Frei come ministro per la Cancelleria e l’editore conservatore Wolfram Weimer come ministro di Stato alla Cultura. Mentre è stato ancora Soeder a ostentare la scelta del suo partito per la ministra alla Ricerca e all’Aerospazio, Dorothea Baer, e il ministero dell’Alimentazione Agricoltura e Patria: “Dopo un vegano verde arriva un macellaio nero”. Basta col tofu, ha ironizzato il populista bavarese. Il governo di Merz sarà completo soltanto quando i socialdemocratici ufficializzeranno i loro nomi, il 5 maggio. Il partito di Klingbeil attende il referendum della base, che dovrà pronunciarsi sul patto con Merz: il risultato è atteso il 30 aprile. E solo se sarà positivo Merz sarà eletto cancelliere al Bundestag, il 6 maggio. Ma all’Eliseo non hanno dubbi: è stata già annunciata una sua visita a Parigi il 7.

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