Mille prigionieri russi in cambio di mille prigionieri ucraini. È questo l’accordo raggiunto durante i colloqui tra Mosca e Kiev a Istanbul, unico spiraglio di dialogo tra i due Paesi dopo oltre due anni di guerra. Un’intesa mediata da Emirati Arabi, Turchia, Stati Uniti e Vaticano, che potrebbe concretizzarsi già nel prossimo fine settimana.
A confermarlo è il capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, mentre il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato: «Dobbiamo liberare tutti i nostri, incondizionatamente. Stiamo facendo il massimo». Il 17 maggio il Servizio di sicurezza ucraino (SBU) ha avviato le procedure per la creazione delle liste dei prigionieri, confermate anche dal vicecapo dell’intelligence Vadym Skybytskyi.
Scambi regolari, ma torture sistematiche
Dall’inizio della guerra, nel 2022, gli scambi di prigionieri sono l’unico contatto stabile tra le parti. L’ultimo, il 6 maggio scorso, ha visto Kiev riportare a casa 205 soldati. In totale, l’Ucraina ha rimpatriato 4.757 prigionieri, ma secondo fonti ufficiali circa 16.000 ucraini sarebbero ancora detenuti, tra cui 2.000 civili.
Il problema, però, va oltre la diplomazia. Secondo l’ONU, il 95% dei prigionieri ucraini è stato torturato. Dalle testimonianze emergono racconti agghiaccianti. Durante una conferenza della Media Initiative for Human Rights, il marine Ivan Dibrova, catturato nel 2022, ha denunciato: «Ci hanno fatto strisciare a quattro zampe sotto minaccia delle pistole elettriche, ci mordevano i cani. Eravamo feriti, ma ci hanno costretti a salire su un aereo in quelle condizioni».
Il caso Roshchyna e l’orrore delle prigioni russe
Il 29 aprile, la Russia ha restituito il corpo della giornalista Viktoria Roshchyna senza organi interni: una prassi, secondo l’accusa ucraina, per coprire segni di tortura. Le sue condizioni al momento della morte sono oggetto di un’inchiesta condotta da Ukrainska Pravda e testate internazionali.
La direttrice del giornale, Sevgil Musayeva, ha dichiarato che 186 prigioni russe o nei territori occupati ospitano cittadini ucraini, e in 29 di queste la tortura è sistematica. «I detenuti vengono immersi nell’acqua gelata fino alle convulsioni, sospesi a testa in giù, seviziati con scosse elettriche», ha affermato. «Alcuni sono costretti a giocare con ossa umane, altri picchiati in bare di metallo».
Il richiamo alla Convenzione di Ginevra
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, pur non coinvolto direttamente negli scambi, ha rivelato che oltre 50.000 persone risultano scomparse tra Ucraina e Russia. Una cifra raddoppiata nell’ultimo anno, secondo il direttore dell’Agenzia centrale di ricerca Dusan Vujasanin: «La ricerca dei dispersi durerà anni, forse decenni».
E mentre il commissario per i diritti umani ucraino Dmytro Lubinets invia lettere ufficiali all’Onu e alla Croce Rossa, resta l’urgenza di tutelare i prigionieri civili e politici, inclusi giornalisti. Zelensky ha ribadito che il prossimo scambio dovrà includerli.
Un accordo che porta speranza, ma che fotografa l’orrore silenzioso che si consuma nei campi di prigionia. E che impone all’opinione pubblica internazionale di non distogliere lo sguardo.