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Case milionarie e montagne di soldi, Riad corteggia figli di Khashoggi dopo averlo brutalmente ucciso

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Migliaia di dollari al mese e case multimilionarie in cambio del silenzio: e’ il patto stretto tra le autorita’ di Riad e i figli di Jamal Khashoggi, giornalista saudita ucciso a Istanbul sei mesi fa e per la cui morte e’ stato da piu’ parti accusato il principe ereditario saudita Muhammad bin Salman. La rivelazione viene da una inchiesta pubblicata oggi dal Washington Post, il giornale per cui lavorava come editorialista lo stesso Khashoggi, che da tempo aveva espresso posizioni critiche nei confronti di Ben Salman. Secondo il quotidiano americano, che cita fonti vicine al re Salman, i quattro eredi di Khashoggi hanno ricevuto abitazioni di lusso e incassano ogni mese forti rendite dalle autorita’ di Riad nel quadro di un “accordo di lungo periodo” perche’ “continuino a mostrare moderazione nelle loro dichiarazioni pubbliche”. Un mese dopo l’omicidio, l’Arabia Saudita ha formalmente accusato undici sospetti, esponenti di medio e alto livello dell’apparato di sicurezza, di essere responsabili del crimine. Cinque di loro rischiano la pena di morte.

Jamal Khashoggi. Il giornalista saudita ucciso

Se saranno condannati, Riad potra’ dire chiuso il caso. E i familiari di Khashoggi potrebbero accettare compensazioni economiche. Su questo starebbe lavorando le autorita’ saudite in contatto diretto con Salah Khashoggi, primogenito del giornalista ucciso. Salah e’ un banchiere residente a Gedda, citta’ saudita sul Mar Rosso e dove si trovano le case del valore “ciascuna di circa 4 milioni di dollari”. Gli altri tre fratelli sono negli Stati Uniti e potrebbero essere spinti a vendere le case. Due di loro, le sorelle Nora e Razan, a novembre avevano firmato, sempre sul Washington Post, un editoriale in cui affermavano che il padre non era un vero e proprio “dissidente”. Nell’articolo non avevano mai parlato delle responsabilita’ dell’uccisione del padre. La decisione dei quattro figli di accettare l’accordo con Riad sarebbe stata presa per proteggere gli interessi e la famiglia del primogenito Salah, intenzionato a rimanere nel regno. Secondo il giornale, i quattro figli di Khashoggi ricevono almeno 10.000 dollari al mese, ma potrebbero anche ottenere pagamenti maggiori per decine di milioni di dollari ciascuno. Il WashingtonPost afferma inoltre che re Salman ha approvato l’accordo affermando che bisogna riparare a “una grande ingiustizia commessa”.

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Ucraina e Russia pronte al maxi scambio di prigionieri: in ballo 2.000 vite umane

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Mille prigionieri russi in cambio di mille prigionieri ucraini. È questo l’accordo raggiunto durante i colloqui tra Mosca e Kiev a Istanbul, unico spiraglio di dialogo tra i due Paesi dopo oltre due anni di guerra. Un’intesa mediata da Emirati Arabi, Turchia, Stati Uniti e Vaticano, che potrebbe concretizzarsi già nel prossimo fine settimana.

A confermarlo è il capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov, mentre il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato: «Dobbiamo liberare tutti i nostri, incondizionatamente. Stiamo facendo il massimo». Il 17 maggio il Servizio di sicurezza ucraino (SBU) ha avviato le procedure per la creazione delle liste dei prigionieri, confermate anche dal vicecapo dell’intelligence Vadym Skybytskyi.

Scambi regolari, ma torture sistematiche

Dall’inizio della guerra, nel 2022, gli scambi di prigionieri sono l’unico contatto stabile tra le parti. L’ultimo, il 6 maggio scorso, ha visto Kiev riportare a casa 205 soldati. In totale, l’Ucraina ha rimpatriato 4.757 prigionieri, ma secondo fonti ufficiali circa 16.000 ucraini sarebbero ancora detenuti, tra cui 2.000 civili.

Il problema, però, va oltre la diplomazia. Secondo l’ONU, il 95% dei prigionieri ucraini è stato torturato. Dalle testimonianze emergono racconti agghiaccianti. Durante una conferenza della Media Initiative for Human Rights, il marine Ivan Dibrova, catturato nel 2022, ha denunciato: «Ci hanno fatto strisciare a quattro zampe sotto minaccia delle pistole elettriche, ci mordevano i cani. Eravamo feriti, ma ci hanno costretti a salire su un aereo in quelle condizioni».

Il caso Roshchyna e l’orrore delle prigioni russe

Il 29 aprile, la Russia ha restituito il corpo della giornalista Viktoria Roshchyna senza organi interni: una prassi, secondo l’accusa ucraina, per coprire segni di tortura. Le sue condizioni al momento della morte sono oggetto di un’inchiesta condotta da Ukrainska Pravda e testate internazionali.

La direttrice del giornale, Sevgil Musayeva, ha dichiarato che 186 prigioni russe o nei territori occupati ospitano cittadini ucraini, e in 29 di queste la tortura è sistematica. «I detenuti vengono immersi nell’acqua gelata fino alle convulsioni, sospesi a testa in giù, seviziati con scosse elettriche», ha affermato. «Alcuni sono costretti a giocare con ossa umane, altri picchiati in bare di metallo».

Il richiamo alla Convenzione di Ginevra

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, pur non coinvolto direttamente negli scambi, ha rivelato che oltre 50.000 persone risultano scomparse tra Ucraina e Russia. Una cifra raddoppiata nell’ultimo anno, secondo il direttore dell’Agenzia centrale di ricerca Dusan Vujasanin: «La ricerca dei dispersi durerà anni, forse decenni».

E mentre il commissario per i diritti umani ucraino Dmytro Lubinets invia lettere ufficiali all’Onu e alla Croce Rossa, resta l’urgenza di tutelare i prigionieri civili e politici, inclusi giornalisti. Zelensky ha ribadito che il prossimo scambio dovrà includerli.

Un accordo che porta speranza, ma che fotografa l’orrore silenzioso che si consuma nei campi di prigionia. E che impone all’opinione pubblica internazionale di non distogliere lo sguardo.

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Media, capo Mossad e Dermer a Roma per incontrare Witkoff

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Il capo del Mossad David Barnea (nella foto) e il ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer, il più stretto collaboratore del premier Benyamin Netanyahu, saranno domani a Roma per incontrare l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff a margine del quinto round di colloqui sul nucleare iraniano. Lo riferisce Axios spiegando che Barnea e Dermer stanno cercando di coordinare le posizioni con Witkoff e di essere informati subito dopo la conclusione dei colloqui.

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‘Falso video mostrato da Trump a Ramaphosa su genocidio bianchi’

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Il video mostrato da Donald Trump nello Studio Ovale al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa che mostrava file di croci bianche a perdita d’occhio lungo una strada di campagna era in realtà un falso. Lo rivelano i fact-checkers della Bbc secondo i quali le croci non erano “luoghi di sepoltura di oltre un migliaio di contadini bianchi”, come sostenuto dal tycoon. Il video è stato girato durante una protesta contro l’omicidio di Glen e Vida Rafferty, una coppia di contadini bianchi, uccisi a colpi d’arma da fuoco nella loro proprietà nel 2020. Il filmato è stato condiviso su YouTube il 6 settembre, il giorno dopo le proteste. “Non è un luogo di sepoltura ma un memoriale”, ha detto alla Bbc Rob Hoatson, uno degli organizzatori dell’evento. Le croci sono state poi tolte dopo la commemorazione.

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