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Camorra, scarcerata Francesca Carrino: la nipote del boss Bidognetti fu vittima di un agguato ma rimase nel clan

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Era finita in carcere con l’accusa di aver preso lo stipendio da un clan che solo pochi anni prima aveva tentato di ammazzarla, con a capo proprio quel cugino che le aveva teso il tranello facendola ferire nell’agguato. È la storia della 40enne Francesca Carrino, scarcerata ieri dal tribunale del Riesame di Napoli, cugina di Gianluca Bidognetti, il figlio del capoclan dei Casalesi Francesco, noto come “Cicciotto e Mezzanotte”, arrestato il 22 novembre scorso con altre 35 persone, perché ritenuto dalla Dda, nonostante fosse in carcere dal 2008 a scontare la pena proprio per il ferimento della cugina Francesca, a capo del ricostituito clan Bidognetti.

Una cosca riorganizzatasi, secondo gli inquirenti, attorno agli stretti familiari di Cicciotto, tra figli, nipoti e congiunti della moglie Anna Carrino, madre di tre dei cinque figli del capo (Gianluca, Katia e Teresa), che da anni collabora con la giustizia, mentre i figli e gli altri parenti di quest’ultima hanno scelto una “strada diversa”, quella di Cicciotto. Con Gianluca Bidognetti sono infatti finiti in manette nel blitz dei carabinieri di novembre le sorelle Teresa e Katia, i compagni di quest’ultime, uno dei quali, Vincenzo D’Angelo (compagno di Teresa), ha iniziato il giorno dopo l’arresto un percorso di collaborazione con i magistrati anticamorra partenopei; in manette anche la zia Emiliana Carrino (sorella della madre di Gianluca, Anna), la cugina Francesca (figlia di Maria, altra sorella della pentita Anna), il marito di quest’ultima Sergio Nicola Kader – ritenuto il capozona del litorale domizio per conto dei Bidognetti, la cognata di Kader, Annalisa Carrano. Come Francesca Carrino, anche la Carrano (entrambe sono difese da Nando Letizia) era accusata di aver percepito lo stipendio dal clan, ed è stata scarcerata.

Ma la storia di Francesca è emblematica dell’importanza dei legami familiari in un clan radicato sul territorio come i Bidognetti, spina dorsale del clan dei Casalesi insieme alle famiglie Schiavone e Zagaria; legami mai venuti meno anche dopo gli arresti e i pentimenti, o gli agguati, come quello di cui fu vittima il 31 maggio 2008 Francesca Carrino, rimasta ferita – la madre Maria riuscì a salvarsi – dai colpi esplosi dai killer guidati dall’allora capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola, che voleva uccidere le Carrino per colpire, in una tipica forma di vendetta trasversale, la pentita Anna. Fu proprio Gianluca Bidognetti a portare Setola e complici a Villaricca (Napoli), dove vivevano Maria e Francesca Carrino, e fu sempre lui – è emerso dal processo in cui è stato condannato – a bussare al citofono per far scendere le parenti e tendere loro l’agguato. La zia Maria, dopo il fatto, provò anche a difenderlo, dicendo alle forze dell’ordine che Gianluca non era lì, ma le intercettazioni e le indagini lo inchiodarono alle sue responsabilità. Mentre la cugina, nonostante il pericolo scampato, non si è mai allontanata da quell’ambiente malavitoso.

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Tragedia ad Anzola Emilia: uccisa l’ex vigilessa Sofia Stefani, interrogato ex comandante

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Un tragico evento ha scosso la comunità di Anzola Emilia, in provincia di Bologna. Sofia Stefani, 33 anni, ex vigilessa, è stata uccisa da un colpo di pistola alla testa all’interno della sede del Comando della polizia locale, conosciuta come la ‘Casa Gialla’. Il presunto responsabile del delitto è Giampiero Gualandi, ex comandante dei vigili di Anzola, attualmente sotto inchiesta.

L’incidente è avvenuto poco prima delle 16, in una stanza del comando della polizia locale dove Sofia Stefani e Giampiero Gualandi si erano incontrati. Al momento della tragedia, i due si trovavano soli nella stanza, sebbene nell’edificio fossero presenti altre persone. Le forze dell’ordine stanno conducendo un sopralluogo accurato alla ‘Casa Gialla’ e interrogando i testimoni per ricostruire esattamente quanto accaduto e comprendere la natura del rapporto tra la vittima e il sospettato.

Giampiero Gualandi, ancora in servizio presso il comando di Anzola Emilia, sarà interrogato con l’assistenza di un difensore. Le autorità stanno cercando di chiarire se il colpo di pistola sia stato un tragico incidente o se ci sia stato un movente dietro l’omicidio. Non è ancora chiaro quale fosse la relazione tra Gualandi e Stefani, ma i carabinieri stanno esplorando tutte le possibili piste, inclusa quella di un conflitto personale o professionale.

La notizia ha profondamente colpito la comunità locale, che conosceva bene Sofia Stefani per il suo lavoro come vigilessa. I colleghi della polizia locale e i residenti di Anzola Emilia sono in stato di shock, in attesa di ulteriori sviluppi dalle indagini. Il municipio, situato a pochi passi dal luogo del delitto, è diventato un punto di raccolta per coloro che vogliono esprimere il loro cordoglio e la loro solidarietà alla famiglia della vittima.

La morte di Sofia Stefani rappresenta una tragica perdita e pone interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulle dinamiche interne al comando della polizia locale di Anzola Emilia. Mentre le indagini proseguono, la comunità spera che venga fatta piena luce su quanto accaduto.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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