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Camorra: ex sindaco Capua a processo,mai dato appalti a clan

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“Non mi sono mai occupato di appalti se non nella fase finale del mio secondo mandato per assicurarmi che le opere pubbliche avviate venissero ultimate, e non sapevo che Francesco Zagaria fosse un affiliato alla camorra, ma era un mio paziente”. Si e’ difeso cosi’ l’ex sindaco di Capua (Caserta) Carmine Antropoli, primario all’ospedale Cardarelli di Napoli, al processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere – corte d’assise – in cui e’ imputato per concorso esterno in associazione camorristica; Antropoli ha risposto alle domande dei suoi avvocati Mauro Iodice e Vincenzo Maiello e del pm della Dda di Napoli Maurizio Giordano nel corso di un esame protrattosi per parecchie ore. Antropoli fu arrestato nel febbraio 2019 e passo’ quattro mesi in carcere e tre ai domiciliari, tornando completamente libero nel successivo mese di settembre. Per la Procura antimafia, il clan dei Casalesi avrebbe condizionato le elezioni comunali di Capua del 2016 attraverso la figura di Francesco Zagaria (anch’egli arrestato con l’ex sindaco), imprenditore edile ritenuto vicino al clan dei Casalesi, in particolare alla fazione guidata dal boss quasi omonimo Michele Zagaria (i due non sono parenti), divenuto dopo l’arresto collaboratore di giustizia e accusatore dello stesso Antropoli; per la Dda inoltre l’ex sindaco avrebbe stretto un accordo non solo con Zagaria ma anche con il clan Schiavone tramite il referente sul territorio capuano Martino Mezzero, assicurando al clan appalti durante i dieci anni, dal 2006 al 2016, in cui ha governato Capua. Antropoli ha pero’ contestato tutte le accuse che gli sono state mosse, spiegando che “quando ero sindaco era comunque molto impegnato in ospedale, cosi’ delegavo assessori e dirigenti, e degli appalti non mi occupavo”. Con Antropoli sono imputati gli ex amministratori locali Marco Ricci e Guido Taglialatela e lo stesso Francesco Zagaria, che risponde anche di concorso nel duplice omicidio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco, commesso a Santa Maria Capua Vetere il 31 ottobre 2003.

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Cronache

Corruzione, il sindaco Marco Bucci: non so nulla, andiamo avanti

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“Ovviamente siamo garantisti, quindi sino a quando le cose non si sapranno, non ci esprimiamo. Io non so assolutamente nulla di quello che è successo. Ho letto solo le notizie e non ho ancora capito. Quello che so è che abbiamo fatto il lavoro come deve essere fatto. Penso che è stato dimostrato da tante cose. Continuiamo andare avanti. C’è una città da portare avanti con un piano strategico ben preciso e 7 miliardi da investire. Su questo si va avanti a velocità forse ancora maggiore”. Così il sindaco di Genova Marco Bucci sulla inchiesta per Corruzione che ha portato agli arresti domiciliari per il presidente ligure Giovanni Toti.

“Il messaggio è che bisogna fare le cose, farle ancora meglio e ovviamente stare attenti che non ci sia nessun tipo di inquinamento – ha aggiunto Bucci -. Dico solo che noi faremo tutto possibile perché non si blocchino le istituzioni, anzi deve essere un messaggio per andare avanti”.

“Poi io sono garantista, ovviamente e quindi voglio aspettare tutti i gradi di giudizio. E comunque, in ogni caso, piena fiducia nella magistratura – ha aggiunto il sindaco -. Io commento quello che è la mia parte, cioè quella della città e quello che le nostre amministrazioni devono fare per la città, che continuerà non solo alla stessa velocità di prima, con la stessa tenacia di prima e la stessa forza di prima, ma forse ancora di più, proprio per dimostrare che le cose si devono fare bene. Dal punto di vista umano non può far altro che dispiacermi, però magari poi non c’è nulla, quindi è inutile fare questi commenti adesso perché hanno poco senso. Quello che ha senso adesso è dire che bisogna portare avanti le cose e farle nel modo migliore possibile”.

“Vi ricordate quanto avevo detto dopo il crollo del Morandi? Quel giorno ho detto che la città non è in ginocchio. Anche adesso nessuno di noi è in ginocchio, Anzi, siamo in piedi e con ancora maggiore energia, perché vogliamo dimostrare che le cose si fanno bene”.

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Corruzione, arrestato il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti

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Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti è agli arresti domiciliari nell’ambito di una inchiesta della Dda genovese e della guardia di finanza. L’accusa è di corruzione.

Al Presidente della Regione Liguria si contesta di avere accettato da Aldo Spinelli e Roberto Spinelli le promesse di vari finanziamenti e ricevuto complessivamente 74.100 euro a fronte di più impegni : quelli di “trovare una soluzione” per la trasformazione della spiaggia di Punta Dell’Olmo da “libera” a “privata”;agevolare l’iter di una pratica edilizia relativa al complesso immobiliare di Punta Dell’Olmo di interesse di Aldo Spinelli e Roberto Spinelli e pendente presso gli uffici regionali; velocizzare e approvare la pratica di rinnovo per trent’anni della concessione del Terminal Rinfuse alla Terminal Rinfuse Genova S.r.l. (controllata al 55% dalla Spinelli.) pendente innanzi al Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, approvata il 2.12.2021; assegnare a Spinelli gli spazi portuali ex Carbonile ITAR e Carbonile Levante (assegnazione avvenuta rispettivamente in data 7.6.22 e in data 19.12.22); assegnare a Spinelli un’area demaniale in uso al concessionario Società Autostrade (ASPI), 3 ; agevolare l’imprenditore nella pratica del “tombamento” di Calata Concenter (approvata dal Comitato di Gestione in data 29.7.2022).

Ai domiciliari anche il terminalista genovese Aldo Spinelli. In carcere invece l’ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale Paolo Emilio Signorini, oggi amministratore delegato di Iren. Secondo l’inchiesta che ha portato ai domiciliari il presidente della Regione Liguria, coordinata dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, l’imprenditore avrebbe dato soldi a Toti per ottenere in cambio favori come la concessione a Spinelli per le aree del terminal Rinfuse.

 

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Sequestro conservativo da quasi 6 milioni di Euro ad una società nel Casertano

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Alla società Marina di Castello s.p.a. è stato notificato un decreto di sequestro conservativo ante causam di quasi 6 milioni di euro, eseguito dai Finanzieri del Comando Provinciale di Caserta. Questa azione è il culmine di un’indagine condotta dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Mondragone, sotto la supervisione della Procura Contabile partenopea, e mirata a verificare la regolarità delle concessioni demaniali marittime rilasciate dal Comune di Castel Volturno, in particolare per quanto riguarda i canoni demaniali.

Il cuore dell’indagine si concentra sulla società Marina di Castello s.p.a., che aveva ottenuto una concessione demaniale agevolata nel 2003 per realizzare un’area protetta per il bird watching e un ampliamento di un campo da golf, inizialmente a beneficio della comunità locale.

Tuttavia, le investigazioni hanno rivelato che la società non ha mai versato regolarmente i canoni dovuti al Comune di Castel Volturno né le somme aggiuntive alla Regione Campania. Inoltre, si è scoperto che l’area concessa è stata utilizzata per scopi privati, causando un danno stimato di circa 6 milioni di euro alle autorità interessate.

Di fronte a questa serie di illeciti, è stato emesso un decreto di sequestro conservativo, confermato in sede di giudizio di convalida. Tale provvedimento prevede il blocco di tutti i beni mobili e immobili della società Marina di Castello s.p.a. per un valore totale di 5.972.040,98 euro, al fine di garantire il soddisfacimento del credito accertato.

Questa azione non è solo un atto di giustizia, ma testimonia anche l’impegno costante della Corte dei Conti e della Guardia di Finanza nel contrastare fenomeni dannosi per il bilancio pubblico e per la corretta concorrenza. L’obiettivo è il recupero delle risorse pubbliche, al fine di restituirle alla collettività e assicurare un ambiente economico più equo e trasparente per tutti.

Come sempre spieghiamo, trattasi di una indagine e non di una sentenza, pertanto la società in questione e chiunque altro implicato in questa vicenda è da considerare innocente fino a sentenza definitiva.

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