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Esteri

Cadono anche Herat e Ghazni, i Talebani verso Kabul

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Da Herat nell’ovest a Ghazni, nell’est, uno dopo l’altro i capoluoghi di provincia afghani cadono nelle mani dei Talebani, che si stanno rimpadronendo con sorprendente velocita’ del Paese. L’avanzata ricorda quella che li vide protagonisti alla meta’ degli anni Novanta, quando arrivarono ad instaurare il Califfato guidato dal Mullah Omar. Le loro forze sono ormai arrivate a150 chilometri dalla capitale Kabul, verso la quale fuggono migliaia di civili in condizioni disperate. La caduta della capitale sembra essere ormai solo questione di tempo, e la misura del dramma e’ data dalla proposta avanzata dal governo agli insorti di una condivisione del potere in cambio della fine delle ostilita’. La Germania e gli Usa hanno invitato i propri cittadini a lasciare la citta’ e Washington, esprimendo “grave preoccupazione”, ha annunciato che inviera’ forze militari per evacuare parte del personale dell’ambasciata. La rappresentanza diplomatica rimarra’ tuttavia aperta, con lo staff ridotto all’indispensabile, mentre si valuta un suo spostamento nell’area dell’aeroporto. L’inasprirsi dei combattimenti, che secondo l’Onu solo nell’ultimo mese hanno provocato mille morti tra i civili, hanno indotto anche la Francia a sospendere i rimpatri degli afghani immigrati illegalmente, come avevano fatto in precedenza la Germania, l’Olanda, la Svezia e la Finlandia. Intanto vengono accelerate le operazioni per cercare di portare fuori dal Paese le migliaia di afghani che hanno collaborato con le forze straniere della Nato, a rischio di rappresaglie da parte dei Talebani. ” Ci stiamo muovendo insieme agli altri partner – ha detto il segretario generale della Farnesina Ettore Sequi in un’intervista a Sky TG24 – e una collaborazione fra i ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Interno ha fatto si’ che 228 afghani che hanno collaborato con l’Italia e le loro famiglie siano gia’ in Italia. Altri ce ne saranno nei prossimi giorni”. Proprio l’ex quartier generale delle forze italiane, Herat, terza citta’ afghana nell’ovest del Paese, e’ l’ultima conquistata dagli ‘studenti di religione’ (il significato letterale della parola Taleban). Il capoluogo dell’omonima provincia, confinante con l’Iran, e’ stato abbandonato dalle forze governative dopo settimane di assedio. A nulla e’ servito il sostegno fornito loro dalle milizie dello storico signore della guerra locale, Ismail Khan. Qualche ora prima era caduta Ghazni, nell’est del Paese, solo 150 chilometri a sud-ovest di Kabul, lungo l’autostrada che collega la capitale alla citta’ meridionale di Kandahar, culla dei Talebani e anch’essa investita dai combattimenti. Nella stessa Kandahar “si combatte nelle strade e una porzione importante della citta’ e’ gia’ nelle mani dei Talebani”, ha detto Alda Cappelletti, direttore dei programmi della ong italiana Intersos, all’opera per assistere gli oltre 20.000 sfollati che si sono riversati in citta’ dopo essere fuggiti dalle zone rurali circostanti, dove gli scontri infuriano da settimane. “I Talebani – aggiunge – si sono gia’ impadroniti della prigione, liberando i detenuti, dei consolati dell’Iran e dell’India e avanzano verso il palazzo del governatore”. A Kabul, riferiscono fonti locali, la situazione e’ calma, ma cresce la paura per l’avvicinarsi dei jihadisti. mentre la citta’ si sta riempiendo di sfollati fuggiti dalle aree dove infuriano i combattimenti. In meno di una settimana i Talebani si sono impadroniti di un terzo dei capoluoghi di provincia, mentre a causa della recrudescenza dei combattimenti a partire da maggio, in seguito al ritiro delle forze Usa e Nato, quasi 400.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case. Ghazni, la citta’ piu’ vicina alla capitale conquistata dai jihadisti, e’ stata consegnata in cambio di un lasciapassare dal governatore, Mohammad Davud Laghmani, che poi e’ stato intercettato e arrestato dalle forze governative mentre fuggiva. “Non accetteremo una presa del potere violenta o con la forza da parte di nuovi regimi”, ha affermato Sequi. Cioe’ del Califfato abbattuto dall’intervento anglo-americano del 2001. Ma una fonte del governo citata dall’agenzia Afp ha detto che, tramite la mediazione del Qatar, Kabul ha sottoposto ai Talebani la proposta “di condividere il potere in cambio della fine della violenza nel Paese”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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Mosca: abbattuti 115 droni ucraini, un morto a Bryansk

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Mosca afferma che di aver abbattuto stanotte 115 droni ucraini sul territorio russo e che un civile è rimasto ucciso in uno degli attacchi effettuati dai velivoli senza pilota delle forze di Kiev, quello sulla città occidentale di Bryansk.

Secondo un comunicato del Ministero della Difesa di Mosca citato dall’agenzia di stampa russa Tass i droni ucraini sono stati intercettati sulle regioni di Bryansk (102), Kursk (due) e Belgorod (uno), sulla Crimea (nove) e sul Mar Nero (uno). Il governatore del Bryansk, Alexander Bogomaz, ha scritto su Telegram che “il regime di Kiev ha compiuto un altro atto terroristico questa notte” sul capoluogo di regione uccidendo “un civile” e ferendo “una donna”. L’attacco ha danneggiato anche alcune infrastrutture civili, ha aggiunto Bogomaz.

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