Si stringe il cerchio attorno a Mohamed Deif, la primula rossa di Hamas in cima alla lista degli obiettivi di Israele. Secondo la tv Al Aqsa, espressione del gruppo integralista, un raid ha centrato nella notte l’abitazione della sua famiglia. Sarebbero morti in quattro, il padre, il fratello un figlio e una nipote. Di Deif, ovvero ‘l’ospite’ in arabo per la sua capacità di sfuggire ai radar degli 007 israeliani, nessuna traccia.
La tv di Hamas lascia intendere che non si trovasse neppure nelle vicinanze. Del resto, è assai più probabile che sia annidato in qualche tunnel insieme all’altro obiettivo numero uno dello Stato ebraico, Yahya Sinwar , il capo di Hamas nella Striscia. Deif, il cui vero nome sarebbe Mohammed Diab, è già scampato a 7 attentati dal 2001 ad oggi, che lo hanno segnato fisicamente a causa delle molteplici ferite. In uno di questi nel 2014 aveva già perso una moglie e due figli. Nel suo ruolo di comandante delle brigate Qaasam, il braccio militare di Hamas, è tornato a far sentire la sua voce nelle ore immediatamente successive all’attacco, rivendicando l’inizio dell’operazione ‘Alluvione al-Aqsa’. Il riferimento è alla “profanazione dei luoghi santi a Gerusalemme”. L’immagine pubblicata a corredo del messaggio audio ne oscurava il volto: ci sono solo tre scatti che lo immortalano, uno di lui ventenne, in un’altra è a volto coperto, nell’ultima si scorge solo la sua minacciosa ombra.
Il suo ruolo nell’attacco a Israele sarebbe stato decisivo: non solo avrebbe ideato il piano, “maturato due anni fa”, raccontano fonti anonime a Gaza, ma sarebbe stato tra i pochi nel vertice di Hamas a Gaza a conoscerne i dettagli, ad avere il quadro completo dell’operazione. Dettagli di cui “era a conoscenza ovviamente Sinwar ma non la leadership in Qatar”, a cominciare da Ismail Haniyeh capo politico di Hamas che nel corso degli anni, costretto nella strategica quanto lontana Doha, avrebbe perso mordente. Addirittura, secondo questa ricostruzione, “anche l’Iran, informato sulla preparazione di una grande operazione, non è stato messo al corrente dei particolari”.
Mentre continua la caccia alla mente delle stragi in Israele, lo Stato ebraico ha colpito altri obiettivi tra i vertici delle organizzazioni armate palestinesi. Oltre ai centri di comando delle infrastrutture militari, comprese quelle della Jihad, nelle ultime ore è stata presa di mira l’abitazione da cui il portavoce di Hamas, Abu Obeida, aveva lanciato le minacce sulla sorte degli ostaggi. Mentre due membri dell’ufficio politico, Jawad Abu Shammala e Zakaria Abu Maamar, sono rimasti uccisi nei raid a Khan Younis. Da registrare infine la morte di Abdel Fattah Dukhan, tra i fondatori di Hamas: ucciso in un raid secondo fonti vicine all’organizzazione, decesso per cause naturali secondo altre fonti.