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Esteri

Maduro ordina manovre militari contro nave britannica

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Tensione alle stelle nei Caraibi: il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha ordinato una vasta operazione militare congiunta delle forze armate nazionali bolivariane (Fanb) nelle sue acque territoriali e a ridosso della frontiera con la Guyana. L’azione nasce in risposta alla “provocazione” del Regno Unito che ha recentemente annunciato l’invio di una nave da guerra al largo della Guyana, a sostegno alla sua ex colonia in sud America, in rotta di collisione con Caracas, che rivendica la sovranità sulla regione di Esequibo.

“Ho ordinato l’avvio di una manovra congiunta di carattere difensivo delle Fanb nei Caraibi orientali del Venezuela in risposta alla provocazione e alla minaccia del Regno Unito contro la pace e la sovranità del nostro Paese”, ha dichiarato il capo dello Stato in una trasmissione registrata all’interno del quartier generale delle forze armate. Secondo il governo, circa 5.600 soldati parteciperanno all’esercitazione che conterà anche con l’impiego di aerei da caccia F-16 e Sukhoi. La posizione venezuelana si era irrigidita nei confronti del governo britannico già dopo la visita in Guyana del sottosegretario di Stato per le Americhe e i Caraibi, David Rutley, considerata “ingerenza” di “antichi imperi che si credono ancora i padroni delle vecchie colonie”. Tuttavia Londra aveva deciso di andare avanti mostrando sostegno “all’alleato regionale e partner del Commonwealth” attraverso l’invio della nave.

Gli ultimi eventi sono destinati a infiammare nuovamente la crisi che pareva destinata a rientrare nei canali diplomatici dopo un incontro – mediato dal governo brasiliano – a San Vincent e Grenadine in cui Venezuela e Guyana avevano concordato di “non utilizzare o minacce a forza” per raggiungere un accordo sulla regione dell’Esequibo e di voler “risolvere qualsiasi controversia in conformità con il diritto internazionale”. L’accordo che fissava un nuovo round di negoziati in Brasile entro tre mesi aveva contribuito ad abbassare la tensione dopo il referendum in cui il governo venezuelano aveva ottenuto la legittimazione popolare per annettere un pezzo dello stato confinante.

La regione di Esequibo o Guiana Esequiba è contesa tra Venezuela e Guyana da più di un secolo e Caracas intende adesso appropriarsi del territorio di circa 160.000 km quadrati – ovvero due terzi del territorio nazionale della Guyana – che ospita circa 125.000 degli 800.000 abitanti del Paese. La ricchezza della Guyana amazzonica è cresciuta dopo la scoperta da parte di ExxonMobil nel 2015 di ingenti riserve di petrolio lungo il suo margine equatoriale. La stima è che il petrolio totale nel bacino raggiunga i 14,8 miliardi di barili. Un volume equivalente al 75% della riserva totale di petrolio del Brasile.

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Esteri

Naufraga barca di migranti alle Canarie, decine i dispersi

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Naufraga un’imbarcazione con migranti a bordo al largo de El Hierro, una delle isole Canarie, lasciando decine di dispersi in mare. Stando a quanto si apprende da diverse fonti, 9 persone sono state soccorse con un elicottero e portate sull’isola per fornite loro assistenza sanitaria e alcuni di essi, scrive l’agenzia Efe, hanno raccontato ai soccorritori che la barca si è ribaltata due giorni fa, e che in quel momento a bordo c’erano circa “60 persone”. In seguito, alcune di loro sarebbero riuscite a rigirarla e tornarvici sopra.

L’incidente, avvenuto a circa 60 miglia nautiche a sud de La Restinga (El Hierro), è stato notificato dall’equipaggio di una nave mercantile di passaggio, chiamata Beskidy. Secondo questa segnalazione, la barca dei migranti era in situazione di “semi-affondamento”. Il servizio di salvataggio marittimo spagnolo, che per ora non conferma cifre di morti e dispersi in questo naufragio, ha mobilitato per i soccorsi, oltre all’elicottero, anche un’imbarcazione di emergenza.

(la foto in evidenza è di archivio e non ha a che vedere con la vicenda narrata)

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Cronache

Le gang criminali in Svezia seducono la polizia e s’infiltrano

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Un’inchiesta giornalistica del quotidiano svedese Dagens Nyheter ha portato alla luce numerosi casi in cui agenti di polizia avrebbero divulgato informazioni sensibili a membri di gang criminali. Alcuni di questi agenti avrebbero agito sotto pressioni da parenti, mentre altri avrebbero avuto rapporti intimi con individui legati alla criminalità organizzata.

Il giornale ha reso pubblici estratti di lettere d’amore inviate da una poliziotta a un membro della nota gang Foxtrot: “Sono al lavoro. Quante ore del mio tempo lavorativo ho dedicato a te? Se solo la gente sapesse”, riporta una delle lettere citate. In un altro caso, la capo squadra ‘Camilla’, specializzata in criminalità organizzata, è stata licenziata dopo essere stata sorpresa uscire da una stanza d’albergo con un membro di una gang al tempo imputato per riciclaggio: “Ci siamo accorti che qualcosa non andava”, ha dichiarato l’ex capo di Camilla al quotidiano. “Abbiamo notato un cambiamento di comportamento nei criminali che stavamo monitorando. Come se sapessero. Questo è successo più volte.

“Molti dei suoi colleghi sono rimasti scioccati dall’improvviso licenziamento di Camilla, avvenuto senza alcuna spiegazione a causa della segretezza. Lo scoop giornalistico rivela che dal 2018 è stato presentato un totale di 514 denunce per presunte divulgazioni di informazioni, ma che non tutte hanno portato a sentenze e in diversi casi non si è riusciti a individuare la fonte della fuga d’informazioni. Durante questo periodo, 30 agenti di polizia sono stati giudicati un “rischio per la sicurezza” e sono stati licenziati o invitati a lasciare il loro incarico. Le informazioni divulgate comprendono dettagli su gang rivali, metodi investigativi e dettagli privati di agenti di polizia, nonché avvertimenti di arresto e perquisizioni. Dopo la rivelazione, il Ministro della Giustizia, Gunnar Strömmer, ha convocato una riunione con i vertici della polizia: “Si tratta di un fatto molto grave” ha dichiarato a Dagens Nyheter “La divulgazione di informazioni sensibili ai criminali è un reato e può avere conseguenze molto dannose per il lavoro condotto dalle forze di polizia. A lungo termine, rischia di minare la fiducia nel sistema di giustizia e ledere la democrazia”, ha concluso il Ministro.

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Esteri

‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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