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Esteri

Bruciano le banlieue, la Francia schiera 40.000 agenti

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Bruciano le banlieue in Francia, con la morte del 17enne Nahel, ucciso da un poliziotto, che ha riacceso le braci di una rabbia mai sopita. Dopo le devastazioni della notte scorsa, con municipi, scuole, palazzi presi d’assalto, incendi ovunque, auto distrutte e persino un assalto al carcere di massima sicurezza di Fresnes, la Francia vive una terza notte di estrema tensione, da Parigi a Marsiglia, da Lille a Lione. Prendono la parola, intanto, i protagonisti del dramma: il poliziotto che ha ucciso l’adolescente “chiede perdono alla famiglia”, ha riferito il suo avvocato.

La madre di Nahel chiede giustizia, “non ce l’ho con la polizia, ma con un solo agente”. Dopo l’esplosione di violenza della scorsa notte, con la polizia quasi impotente, stanotte le forze dell’ordine sono state quadruplicate: 40.000 i poliziotti e gendarmi in campo. La situazione, però, è rapidamente degenerata a Nanterre, dove è stata data alle fiamme la filiale di una banca, con gravi rischi per i palazzi adiacenti, evacuati. A Lione è in azione stanotte un elicottero con gli uomini dei reparti speciali del RAID. Nella regione di Lille, nel nord, sono dispiegate le truppe antisommossa accanto a poliziotti e gendarmi. Ma è a Marsiglia che la situazione si è fatta difficile, con la polizia costretta ad evacuare tutta la zona del vecchio porto dopo scontri con i manifestanti. Il presidente dei Républicains Eric Ciotti ha chiesto lo stato d’emergenza nazionale – che il governo per ora esclude – ma diversi comuni (Clamart, Compiègne, Neuilly-sur-Marne) hanno dichiarato, stasera, il coprifuoco.

Dopo 5 mesi di tensione nelle piazze, con le manifestazioni contro la riforma delle pensioni che finivano quasi sempre con scontri e lacrimogeni, i giovani sono tornati a battersi contro la polizia, ma stavolta con più rabbia e senza vere rivendicazioni. Dopo l’uccisione del giovane Nahel, che il presidente Emmanuel Macron ha definito “inspiegabile e ingiustificabile”, così come ha fatto il suo ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, le proteste sembravano inevitabili, ma la situazione è precipitata in poche ore. Come nel 2005, quando ad infiammarsi per prima fu Clichy-sous-Bois – sempre nella banlieue parigina – per la morte di altri due ragazzi, Zyed Benna e Bouna Traoré, rimasti folgorati in una cabina per l’elettricità mentre cercavano di sfuggire ad un controllo di polizia. Stavolta, è stata la dinamica dei fatti a far esplodere la rabbia: la morte di Nahel, infatti, era stata spiegata ufficialmente con il ricorso alla “legittima difesa” di un poliziotto che aveva rischiato di farsi investire dal grosso Suv Mercedes in mano al diciassettenne. Un video fatto circolare immediatamente sui social ha avuto l’effetto deflagrante di una bomba: si vede il poliziotto puntare l’arma dal finestrino del conducente, il grido “ti becchi una pallottola in testa”, poi il colpo e la fuga di pochi metri dell’auto. Nahel è andato a schiantarsi su un palo dopo essere stato colpito al petto, il video non lascia spazio a dubbi. Il poliziotto, dopo due giorni di fermo, è stato arrestato ed è ufficialmente indagato per omicidio volontario.

Nei primi interrogatori ha cercato ancora di difendersi affermando di aver avuto “paura” di essere urtato dall’auto, una spiegazione che appare incomprensibile dal momento che si trovava di fianco al veicolo e non davanti. Il suo avvocato ha parlato di “perdono” chiesto ai familiari della vittima, affermando che il suo cliente “ha ritenuto necessario sparare”. Dopo i 200 fermi e 170 poliziotti feriti di ieri, il bilancio di questa notte rischia di essere ancora più pesante, con 20 persone già fermate alle 21 a Marsiglia, altrettanti a Nanterre. Tra i fatti più gravi della notte scorsa, quelli di Villeurbanne, vicino a Lione, dove un palazzo ha dovuto essere evacuato dopo un incendio appiccato alla facciata, mentre sono state date alle fiamme una scuola a Tourcoing e una ad Halluin, nel nord. Incendiate anche due elementari ad Elancourt, banlieue parigina. Mentre c’è una forte mobilitazione della polizia anche a Bruxelles, dove 15 persone sono state arrestate, nel timore di possibili violenze nella notte, in scia alle tensioni viste nelle periferie francesi.

Oggi neppure la presenza della madre di Nahel alla ‘marcia bianca’ ha frenato la violenza: quando il corteo di circa 6.000 persone è passato davanti al Tribunale di Nanterre prima di sciogliersi, in pochi secondi i black bloc hanno sfoderato i passamontagna neri e hanno preso il controllo della situazione, appiccando incendi e distruggendo tutto quello che capitava loro a tiro. Macron, che ieri aveva usato la parola “ingiustificabile” per il comportamento del poliziotto contro Nahel, l’ha ripetuta per le violenze scatenate contro “le istituzioni della Repubblica”. La tensione si respira anche nei palazzi della politica, con i ministri che hanno annullato fino a nuovo ordine tutti i loro spostamenti in programma e con le dichiarazioni di fuoco del guardasigilli Eric-Dupond Moretti contro quelli che “sputano sulla polizia e sulla giustizia”, accusandoli di essere “complici morali” della tensione. Non l’ha nominato, ma il suo obiettivo era il tribuno della gauche Jean-Luc Mélenchon, che aveva invocato “un’altra polizia” per la Francia. Mentre sulle banlieue ferite cala la terza notte dopo l’uccisione di Nahel, l’atmosfera nel Paese è carica di tensione. Il coprifuoco, i 40.000 agenti schierati sul terreno, il blocco di autobus e tram nelle banlieue dopo le 21 sono i segnali di un’estate che si annuncia caldissima.

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Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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