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Economia

Bitcoin, corso legale in El Salvador: è il primo Paese

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‘Alea iacta est’. Forse paragonare l’atto rivoluzionario compiuto da Cesare il 23 novembre del 50 a.c. di attraversare il Rubicone e marciare verso Roma contro la deliberazione del Senato con la decisione di oggi di El Salvador di conferire corso legale al bitcoin potrebbe sembrare eccessivo. E’ pero’ un dato di fatto che il progetto del paese centro-americano di introdurre la criptovaluta negli scambi commerciali interni rappresenta uno di quegli eventi che gli economisti chiamano ‘disruptive’, di rottura con il passato, che sortira’ inevitabili ripercussioni anche fuori dai confini salvadoregni. E’ il primo Paese a fare questo passo. Fredda in apparenza la reazione del mercato: a poche ore dalla chiusura dei mercati americani, il Bitcoin segna una calo dell’8% a 47.500 dollari. Ma, come e’ consuetudine, gli investitori tendono a scontare in anticipo le dinamiche future, e quindi non e’ escluso come le vendite di oggi non siano altro che un riflesso delle prese di profitto scattate dopo il rally a cui si e’ assistito dal mese di giugno che ha portato nella mattinata di oggi il prezzo a quasi 53 mila dollari non lontano dal record storico di 65 mila dollari toccati nel mese di aprile. C’e’ da dire infatti come l’annuncio non sia stato propriamente un fulmine a ciel sereno. Il provvedimento aveva ricevuto il ‘placet’ del presidente Nayib Bukele gia’ nel mese di giugno, e subito trasformato in legge dal Parlamento ampiamente controllato dalle forze filogovernative. Ma ora il mercato deve tenerne realmente conto. Gli operatori economici e gli esercizi commerciali, secondo la legislazione approvata, saranno ora obbligati ad accettare la criptovaluta e tutti i prezzi di prodotti e servizi devono essere espressi sia in dollari sia in bitcoin. Un velo di ipocrisia rimane se si considera che tuttavia stipendi e pensioni continueranno ad essere pagati in dollari, mentre il cittadino “potra’ accettarlo, ma non riceverlo”. Una cautela, quella adottata dal governo, che trae probabilmente origine dallo scetticismo con cui la popolazione ha accolto il provvedimento: secondo uno studio dell’Istituto dell’opinione pubblica (Iop), il 66,7 % della popolazione ritiene che la legge Bitcoin debba essere abrogata mentre il 65,2 % e’ contrario al fatto che il governo utilizzi fondi pubblici per finanziare la sua introduzione. Ma appunto il Rubicone oramai e’ stato superato, alimentando cosi’ tra gli operatori finanziari la fatidica domanda di chi sara’ il prossimo paese a intraprendere un’azione simile. O per meglio dire, subirla. Conferire infatti corso legale a una moneta elettronica la cui offerta non puo’ essere di fatto controllata non rappresenta forse il migliore degli scenari possibili per paesi piu’ sviluppati. Da un lato infatti la decisione per un paese in via di sviluppo come El Salvador di aprire ai bitcoin puo’ essere almeno in parte spiegato come il tentativo di creare un ecosistema in grado di attrarre cervelli e liquidita’ (anche se non sempre proveniente da canali legali) da tutto il mondo dando sostegno all’economia locale, soprattutto ora che la Cina per ragioni ambientali ha avviato un giro di vite sull’attivita’ di estrazione di bitcoin, dall’altro lato la spinta che giunge dal settore privato affinche’ le maggiori banche centrali del mondo adottino un sistema di moneta elettrico e’ sempre piu’ forte. L’esempio piu’ recente giunge dalla piattaforma social Twitter la cui funzione Tip Jar potrebbe presto integrare un’opzione di pagamento tramite criptovalute. Stando a quanto si e’ appreso, da maggio, sara’ possibile inviare ‘mance’ agli utenti del microblog in lingua inglese per particolari meriti, come la condivisione di notizie utili sulla piattaforma. Ma anche il fondatore di Tesla Elon Musk, come e’ ben noto, e’ un grande fautore dei bitcoin, sebbene lo scorso mese di maggio abbia dovuto cedere alle pressioni degli ambientalisti, sospendendo l’accettazione di moneta elettronica come forma di pagamento a causa dell’elevato consumo di energia elettrica necessario per la loro l’estrazione. Ma, appunto, il mercato punta oramai in una direzione e il modo in cui le banche centrali, soprattutto la Federal Reserve, gestira’ il fenomeno, sara’ di importanza cruciale per la tenuta del sistema finanziario internazionale basato sul dollaro, come ha evidenziato in un’analisi su Bloomberg lo storico Neill Ferguson. Se infatti da un lato paesi di stampo autocratico, come la Cina, vedono lo sviluppo della moneta elettronica come veicolo di maggiore controllo dell’economia, le banche centrali occidentali dovrebbero invece proporre un modello alternativo che inglobi le nuove applicazioni al fine di favorire innovazione e sviluppo.

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Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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