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Cronache

Bimbo caduto nel Modenese, la confessione della babysitter

Ad una svolta l’inchiesta sul bimbo caduto nel Modenese. La babysitter avrebbe confessato. La vicenda è legata a un profondo malessere psicologico

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Ha confessato senza fornire spiegazioni. “D’altronde – dira’ il suo avvocato dopo la convalida dell’arresto – lei stessa non riesce a trovarne”. Il giudice per le indagini preliminari di Modena Andrea Scarpa ha convalidato l’arresto di Monica Santi, la babysitter 32enne che martedi’ scorso a Soliera ha fatto cadere dalla finestra un bimbo di tredici mesi affidatole dai genitori, che e’ ancora ricoverato al Maggiore di Bologna in prognosi riservata. Tentato omicidio, l’ipotesi, e il Gip ha riconosciuto il rischio della reiterazione. Per la prima volta, nel carcere di Sant’Anna dove ad attenderla c’erano anche il suo avvocato Francesca Neri ed il Pm titolare delle indagini, Pasquale Mazzei, lei e’ entrata nel merito dell’accaduto, interrompendo quel silenzio che proseguiva dal dramma consumatosi alle dieci e venti del mattino di tre giorni fa: “Ho preso il bambino e l’ho lanciato dalla finestra. Non so perche’ l’ho fatto. Ho avuto un malore, una sorta di catalessi”. Confessione a tutto tondo, insomma, ma soltanto l’accurato lavoro di un perito potra’ completarla, dando anche una chiave di lettura psicologica al momento mancante. Succedera’ in fase di incidente probatorio, con una perizia pronta ad essere richiesta gia’ nei prossimi giorni. In ogni caso un’idea sul momento di sofferenza che la 32enne stava attraversando, l’udienza di convalida, al termine della quale e’ stata confermata la custodia in carcere, l’ha comunque fornita, come l’avvocato Neri ha avuto modo di spiegare: “La mia assistita ha confermato di essere stata lei a far cadere il bambino dal secondo piano, aggiungendo che non si e’ trattato di un gesto premeditato, bensi’ istintivo. Una reazione istintiva, diciamo. Ha aggiunto che – le parole del legale – viveva un malessere interiore che l’aveva ridotta ad uno stato di catalessi, come se stesse affrontando una realta’ che non le apparteneva. Lei stessa non riesce a darsi una spiegazione dell’accaduto, in questi giorni ha sempre chiesto informazioni sulle condizioni del bambino. Ha riferito – aggiunge Neri in merito al passato recente della sua assistita – di una insoddisfazione lavorativa per una precedente esperienza, non andata a buon fine, che le aveva provocato forte stress, in un’azienda dove era segretaria amministrativa. Anche per questo ritengo importante una consulenza con uno psicologo che possa stabilire se cio’ abbia influito”. Parole che si incastrano senza troppe difficolta’ con il racconto reso ai Carabinieri dalla testimone principale, la donna delle pulizie. Pur non avendo visto la caduta del piccolo da quella finestra alla palladiana sul retro dell’abitazione, dato che martedi’ mattina stava lavorando al piano inferiore, la colf e’ stata la destinataria di una frase senza senso apparente pronunciata da Monica Santi poco prima che sul posto arrivassero i sanitari del 118 ed i mezzi dei Carabinieri: “Ora il bimbo e’ libero”. Un primissimo tassello che ha immediatamente portato i militari dell’Arma a ipotizzare qualcosa di ben differente da una caduta accidentale da subito difficilmente sostenibile. “La stessa colf – fa notare l’avvocato Neri – a precisa domanda ha spiegato che mai la mia assistita in precedenza aveva assunto atteggiamenti non congrui con il bambino, che, al contrario, lo ha sempre trattato con premura”. Monica Santi, laureata e incensurata, avrebbe, in sostanza, agito al culmine di un profondo malessere psicologico, provocato, con ogni probabilita’, da una recente delusione lavorativa e da una successiva crisi interiore. Sofferenza che sarebbe maturata al punto da farle perdere, martedi’ scorso, la ragione. Questo il quadro che si delinea dopo le dichiarazioni spontanee che stamattina la babysitter finita in manette ha voluto consegnare al giudice. Gip, Pubblico Ministero e avvocato hanno convenuto sulla necessita’ di una custodia cautelare confermata nella misura detentiva in carcere: “Non mi sono opposta – la conclusione dell’avvocato Neri – perche’ ritengo che in questo momento lei sia maggiormente tutelata in carcere che all’esterno”.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Cronache

Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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