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Biden ai leader dell’est della Nato, ‘vi difenderemo’

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Nella battaglia contro la Russia per la difesa della democrazia i Paesi del fianco est della Nato sono in trincea e vanno protetti. Ad un anno dalll’inizio della guerra in Ucraina, Joe Biden conclude la sua missione in Europa rassicurando i leader delle nazioni più esposte alla minaccia di Putin che gli Stati Uniti vegliaranno sulla sicurezza loro e di ogni centimetro di territorio dell’Alleanza. Un incontro, al quale ha partecipato anche il segretario generale Jens Stoltenberg, meno storico di quello con Zelensky a Kiev e meno simbolico del discorso dal Castello di Varsavia, ma non meno significativo. “Voi siete in prima linea nella battaglia per la nostra sicurezza collettiva. E conoscete meglio di chiunque altro la posta in gioco in questo conflitto, non solo per l’Ucraina ma per la libertà delle democrazie in Europa e nel mondo”, ha dichiarato il presidente americano parlando ai leader del gruppo Bucarest-9, fondato nel 2015 dopo il tentativo di Mosca di annettere la Crimea.

“In una delle ultime conversazioni che ho avuto con il nostro amico in Russia lo ho avvertito che invece di ottenere la ‘finlandizzazione della Nato’, come chiedeva, avrebbe ottenuto la Finlandia nell’Alleanza. E’ successo e siamo più forti di prima. Oggi, ad una anno dall’invasione da parte della Russia, è ancora più importante restare uniti”, ha sottolineato Biden promettendo ai leader di Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Lituania, Lettonia e Estonia che gli Stati Uniti “difenderanno ogni centimetro della Nato”. “L’ho detto tante volte ma voglio ripeterlo perché sia assolutamente chiaro: l’articolo 5 è un impegno sacro preso dagli Stati Uniti”, ha assicurato il commander-in-chief, bollando poi come “un grave errore” la decisione dello zar di sospendere il trattato New Start sul controllo degli armamenti nucleari. Stoltenberg ha ringraziato Biden per la sua “straordinaria leadership” e per “l’impegno di acciaio” degli Stati Uniti verso la sicurezza dell’Europa. Ma ha anche avvertito che Vladimir Putin è pronto a “nuove guerre”. “Gli alleati della Nato devono aumentare il loro sostegno all’Ucraina. Dobbiamo dare a Kiev ciò di cui ha bisogno per vincere”, ha chiesto Stoltenberg. “Non sappiamo quando la guerra finirà, ma di certo non possiamo più permettere che la Russia intacchi la sicurezza europea”, è stato il monito del segretario generale della Nato, che ha ricordato le aggressioni russe “dal 2008 con la Georgia, al 2014 con Donbass e Crimea, fino all’invasione dell’Ucraina l’anno scorso”.

I Paesi del B9, approdati alla Nato dopo aver subito il giogo del Cremlino durante la Guerra Fredda, sono dall’inizio del conflitto tra i più strenui sostenitori della necessità di inviare di armi alle forze di Volodymyr Zelensky. Alla fine del vertice, su impulso del presidente polacco Andrej Duda, hanno firmato una dichiarazione unanime nella quale “condannano la brutale e sanguinosa guerra della Russia contro l’Ucraina” e promettono “di difendersi gli uni con gli altri in caso di attacco”. “In quanto leader del fianco est abbiamo il dovere di proteggere la nostra pace”, ha dichiarato il presidente della Romania, Klaus Iohannis, sottolineando che l’Alleanza “è forte ed impegnata nel suo sostegno all’Ucraina e al suo popolo”. Per la presidente della Slovacchia, Zuzana Caputova, la presenza di Biden al vertice B9 “è stata un’ulteriore prova che l’alleanza transatlantica è più forte che mai e un’opportunità per discutere del prossimo vertice della Nato” a Vilnius in luglio. E’ necessario, ha sottolineato la leader, “fare in modo che l’Ucraina sia in grado di difendersi per tutto il tempo necessario e anche assicurarci che non ci siano zone grigie nella nostra difesa”.

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Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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