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Beirut e crisi di un milione di sfollati, emergenza umanitaria senza precedenti

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La parola “Beirut” è tornata tristemente a essere associata al termine “profughi”. La capitale libanese, storicamente un crocevia del Levante, è oggi travolta da un’emergenza umanitaria senza precedenti, con migliaia di persone in fuga dai bombardamenti israeliani che colpiscono la periferia sud, le regioni meridionali e la valle della Bekaa.

Il grido d’allarme di Najib Mikati

Il premier uscente del Libano, Najib Mikati, ha lanciato un allarme in vista di una prossima conferenza internazionale dei donatori per la “ricostruzione del Libano”. Mikati ha dichiarato che i continui attacchi israeliani stanno provocando il più alto numero di sfollati mai registrato nel paese, con una stima che potrebbe raggiungere il milione di persone. Questo dato è stato confermato anche da Nasser Yassin, ministro libanese incaricato di coordinare la risposta alla crisi.

Beirut e il collasso sociale: migliaia di famiglie senza tetto

Beirut e le sue periferie, insieme a città come Tripoli e l’area del Monte Libano, sono ormai invase da famiglie che hanno perso tutto. Queste si sommano ai circa 100.000 sfollati che hanno lasciato le loro case nel sud del Libano dall’inizio del nuovo conflitto tra Hezbollah e Israele, iniziato nell’ottobre scorso.

Questa nuova crisi si inserisce in un contesto già gravemente compromesso: il Libano, infatti, sta affrontando la peggiore crisi economica della sua storia, con un sistema sanitario privatizzato al collasso, un servizio elettrico praticamente inesistente e la mancanza di una rete idrica potabile.

Le conseguenze degli attacchi: migliaia di vittime

In soli dieci giorni di offensiva militare israeliana, il ministero della Salute libanese ha riportato la morte di mille persone e il ferimento di oltre seimila civili. L’incapacità del governo di rispondere adeguatamente all’emergenza ha suscitato dure critiche. “Il piano di emergenza del governo è stato un totale fallimento”, afferma Mahmud H., studente di politiche pubbliche all’Università americana di Beirut. La città è ormai un rifugio disperato per famiglie costrette a dormire all’aperto.

Critiche a Hezbollah: la popolazione abbandonata a se stessa

La gestione della crisi non ha risparmiato nemmeno Hezbollah, il partito armato che controlla gran parte del sud del Libano. Rasha A., residente di Tayyoune, quartiere meridionale di Beirut colpito dai bombardamenti, critica duramente la mancanza di preparazione del partito: “Come nel 2006, Hezbollah non ha fatto abbastanza per proteggere la sua gente. Sono fuggiti dalle loro case poco prima che venissero distrutte”. Le critiche sottolineano la mancanza di un piano adeguato per affrontare i bombardamenti, lasciando migliaia di persone in balia della guerra.

Il Libano tra crisi economica e guerra: una situazione disperata

Il Libano si trova oggi a dover affrontare una delle più gravi crisi umanitarie ed economiche della sua storia recente. La combinazione tra guerra e crisi economica ha messo in ginocchio la popolazione, che deve fare i conti con la mancanza di risorse basilari come acqua, cibo e assistenza medica.

La speranza per molti è che la comunità internazionale possa intervenire in modo significativo, ma nel frattempo la popolazione libanese si trova a vivere in una situazione di emergenza estrema, senza prospettive immediate di miglioramento.

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Ft: accuse a Orban, 1 miliardo sussidi a media filogovernativi

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Due organi di informazione ungheresi, Magyar Hang e una seconda testata coperta dall’anonimato, intendono presentare oggi una denuncia alla Commissione europea, sostenendo che il governo di Viktor Orbán ha concesso più di un miliardo di euro di sovvenzioni illegali ai media filogovernativi. Lo riporta il Financial Times online. Secondo le due testate, le entrate pubblicitarie sarebbero state convogliate verso giornali, emittenti televisive e piattaforme online filo-Orbán tra il 2015 e il 2023 per per garantire il sostegno al partito al potere Fidesz e per escludere il giornalismo critico.

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Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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