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Economia

Bce, rialzi almeno a giugno-luglio ma prepararsi a stop

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I toni restano quelli del falco ma la voce delle colombe diventa sempre più alta. Nell’ultima riunione della Bce, il 14 e 15 giugno, il board ha ritenuto necessari almeno altri due rialzi consecutivi dei tassi, uno a giugno e il prossimo il 27 luglio, ma ha anche chiarito, per la prima volta, che bisogna essere pronti anche a una pausa. E’ l’ipotesi a cui guardano sempre più membri del board, gli stessi che hanno contestato la revisione pessimistica delle stime sull’inflazione. Oltretutto, hanno fatto notare i più scettici, l’inflazione di fondo non è nemmeno stato un buon indicatore in passato, quindi bisognerebbe mettere meno enfasi sul dato.

Dai verbali della riunione di giugno emerge un “ampio consenso” sul proseguimento della stretta monetaria, ma anche un dibattito tra falchi e colombe che si fa sempre più intenso. I due rialzi erano necessari per tutti perché già incorporati nelle stime della Bce che vedono l’inflazione scendere al target solo nel 2025. Ma su settembre i giochi sono aperti, o almeno così vorrebbero i governatori che puntano ad una pausa, come Ignazio Visco che la vede vicina.

Se da una parte il Consiglio direttivo concordava nel preoccuparsi per la persistenza dell’inflazione di fondo, dall’altra qualcuno ha però sottolineato come la Bce non dovrebbe mettere troppa enfasi su questo dato, perché il suo mandato è collegato all’inflazione nominale. Inoltre, molti hanno sostenuto che l’inflazione di fondo non rappresenta i consumi delle famiglie e storicamente non è stato un buon indicatore dell’inflazione futura. La situazione a giugno, però, era ancora troppo incerta per cantare vittoria, nonostante il secondo calo consecutivo del dato ‘core’: “Non c’erano prove sufficienti o convincenti per confermare” che si fosse raggiunto un “punto di svolta”, riportano i verbali. Quindi avanti coi rialzi, specificando però che la Bce dovrebbe anche “essere pronta a fermarsi se così richiederanno i dati e la sua valutazione”.

A luglio e settembre, hanno sottolineato i membri del board, saranno disponibili nuove informazioni che consentiranno di aggiornare la valutazione delle prospettive di inflazione, la dinamica dell’inflazione di fondo e la forza della trasmissione della politica monetaria. Anche perché i membri più critici hanno contestato la revisione al rialzo delle stime dell’inflazione, che non avrebbero preso in considerazione i tassi più alti, i prezzi energetici più bassi e l’apprezzamento dell’euro. Per questo un approccio dipendente dai dati e deciso di volta in volta è considerato essenziale.

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Tassa sugli extraprofitti, scintille fra gli alleati

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Nuove scintille nella maggioranza sulla tassazione degli extraprofitti. È nulla più di una ipotesi al momento, ma comunque tocca un nervo scoperto per Forza Italia, come dimostra Antonio Tajani chiarendo che il suo partito “non voterà mai un provvedimento come quello presentato e poi modificato nell’estate del 2023”. Una presa di posizione perentoria davanti alla quale arriva la risposta quasi sarcastica di FdI, e non con un esponente qualunque ma con il presidente del Senato.

“C’è dibattito, gli extraprofitti delle banche non sono in programma, ma è pur vero che le banche di profitti, non voglio dire immotivati ma grandi, ne hanno avuti – nota Ignazio La Russa -. Non c’è bisogno di inalberarsi prima ancora che il tema sia posto. Forse deve far piacere a qualche banca? Non credo, ma stiamo attenti anche noi a quello che diciamo”. Il tema non è stato formalmente posto, “non ci sono ipotesi normative su nessuna tassa sugli extraprofitti”, assicura una fonte di governo. Ma l’argomento è tornato di attualità dopo l’ultimo vertice di centrodestra sulla manovra, giovedì scorso a Palazzo Chigi, con Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Tajani, Maurizio Lupi e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Nell’ambito delle soluzioni da valutare per individuare i 10 miliardi di euro mancanti per arrivare a una legge di bilancio da 23-25 miliardi, ogni ragionamento pare si sia limitato, eventualmente, all’ipotesi di un contributo solidale esteso a tutte le grandi imprese, anche quelle del settore energetico.

E l’indomani il tema degli extraprofitti bancari è stato sollevato all’Eurogruppo a Budapest. Dove Giorgetti ha spiegato di essere “favorevole ad aprire discussioni”, secondo fonti del Mef. “Perché irrigidirsi solo perché il ministro Giorgetti, di fronte alla proposta dell’omologo croato ha detto ‘ne parleremo’? Cosa dove fare, schiaffeggiarlo?”, l’osservazione di La Russa che, dal palco della festa di FdI a Lido degli Estensi, ha confermato come nel partito della premier il tema non sia tabù. E d’altronde un anno fa fu proprio Meloni a volere il blitz in Consiglio dei ministri, senza preavvertire Tajani, con cui fu introdotta la tassazione per le banche, che poi è stata modificata su pressione degli azzurri diventando poco incisiva. Gli azzurri per ora non replicano al presidente del Senato.

Fanno notare che la contrarietà di FI a questo tipo di imposizioni fiscali è risaputa. Ma le fibrillazioni con i meloniani restano sullo sfondo, provocate anche dai retropensieri legati all’incontro dei giorni scorsi fra Marina Berlusconi e Mario Draghi (atteso a metà settimana a Palazzo Chigi per un confronto con Meloni sul suo report sulla competitività in Ue). Lo stesso La Russa assicura che “c’è un grande rapporto tra il governo e gli eredi di Silvio Berlusconi”. Dall’opposizione, il Pd solleva però una questione sulle sue dichiarazioni sugli extraprofitti: “Non possono passare sotto silenzio – avverte Ubaldo Pagano -. A cosa allude la seconda carica dello Stato quando dice che il vicepremier Tajani deve forse fare piacere a qualche banca?”.

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Lavoro, Mattarella: c’è bisogno delle donne, basta barriere e basta divario con uomini

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“Il lavoro è motore di crescita sociale ed economica: il nostro Paese, al pari degli altri, non può permettersi di rinunciare all’apporto delle donne, che costituisce un fattore indispensabile”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una lettera inviata al Corriere della Sera, organizzatore del festival Il Tempo delle Donne in corso a Milano. “Il divario del quasi 20% tra occupazione maschile e femminile costituisce un punto critico di sistema: ogni sforzo va compiuto per ridurlo sempre di più. Il lavoro è anche libertà, dignità e riscatto. Nei rapporti di lavoro occorre rispettare i diritti di parità e di eguaglianza, previsti dalla nostra Costituzione. Ancora oggi nel lavoro femminile sono presenti ostacoli, rallentamenti e disparità, per l’accesso, nella retribuzione, nella progressione di carriera, negli incarichi di vertice” ha aggiunto il capo dello Stato. “Le barriere possono alzarsi fino a giungere a inaccettabili e odiose discriminazioni: licenziamenti, dimissioni in bianco, pressioni indebite, persino forme di stalking e di violenza, fisica o psicologica. Il rispetto delle norme e dei diritti va assicurato anche attraverso una vigilanza ferma ed efficace. Allo stesso modo, vanno rimossi gli ostacoli rendono difficile la conciliazione tra occupazione e cura della famiglia” ha continuato.

“Il lavoro non allontana la donna dalla maternità. È vero il contrario: l’occupazione femminile è un fattore che sostiene in modo decisivo la famiglia e le nascite. Per cercare di frenare l’impoverimento demografico. ma anche per venire incontro ai legittimi desideri delle giovani coppie, sarà sempre più necessario impegnarsi per una migliore gestione dei servizi, per la conciliazione dei tempi di lavoro, per una più forte cultura di sostegno della famiglia” ha proseguito. “Ringrazio il ‘Tempo delle Donne’ e tutti coloro che vi hanno preso parte in questi giorni. Anche quest’anno dall’ormai tradizionale appuntamento del Corriere della Sera dedicato all’universo femminile, sono venute idee, proposte, provocazioni utili per un dibattito sul ruolo della donna nella società all’altezza dei tempi e delle sfide a cui siamo tutti chiamati” ha concluso.

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Economia

Bonus casa al 36%, addio a sconti su mobili e verde

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Giorgia Meloni è stata esplicita: “E’ finita la stagione dei bonus”. Un messaggio politico chiarissimo che il governo dovrà declinare punto per punto entro ottobre, quando nella definizione della legge di bilancio si scoprirà quali saranno dal primo gennaio i bonus che sopravviveranno, quali saranno ridotti e quali invece del tutto eliminati. Al momento a correre il rischio è un lungo elenco di sconti ed agevolazioni, con il settore della casa che si preannuncia il più colpito. Gli italiani dovranno probabilmente dire addio al bonus mobili, al bonus verde e al bonus decoder e dovranno fare i conti con il netto ridimensionamento di tutti gli sconti per i lavori edilizi.

Ma sul tavolo ci sono anche il bonus psicologo (per il cui rinnovo il mondo parlamentare sì è però già speso) e le carte Cultura o Dedicata a te. Secondo i calcoli di Assoutenti, l’insieme dei crediti legati ai bonus edilizi in vigore da fine 2020 al 2024 ha raggiunto un costo totale di circa 220 miliardi di euro, con un peso virtuale, spalmato sulla collettività, pari a 8.527 euro a famiglia, 3.679 euro a cittadino, neonati compresi. Gli stanziamenti per i bonus non edilizi, invece, si attestano attorno ai 2 miliardi di euro solo nel 2024.

Tra quelli che rischiano di sparire l’associazione cita innanzitutto l’ecobonus al 75% riconosciuta per i lavori di riqualificazione energetica degli edifici unifamiliari o nei condomini; il sismabonus fino all’85% per lavori riguardanti misure antisismiche su abitazioni e immobili usati per attività produttive; il bonus verde, la detrazione Irpef del 36% per la sistemazione di aree verdi scoperte degli edifici privati. Il vituperato superbonus subirà invece un netto ridimensionamento, passando dal 70% al 65% e solo per i lavori di condominio approvati entro il 17 febbraio 2023, documentando le spese entro il 29 marzo 2024. In generale a sopravvivere e a raccogliere tutti gli altri sconti edilizi sarà il bonus ristrutturazioni che però passerà dal 50% su una spesa pari a 96mila euro al 36% su un massimo di 48mila euro.

Quanto basta a far scattare l’allarme dei sindacati: ridurre gli incentivi per l’efficienza energetica e per la ristrutturazione delle case, “in totale contraddizione con le stesse politiche europee e relativi fondi”, sottolinea la Fillea-Cgil, “sarebbe un errore clamoroso a danno di cittadini, lavoratori e imprese”. Tutto da vedere poi il destino del bonus mobili ed elettrodomestici, il contributo fiscale per l’acquisto di arredi e di lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi di classe superiore e meno impattante sull’energia elettrica. Su quest’ultimo nella maggioranza c’è però chi si è già mosso: la Lega lo definisce un incentivo ‘buono e virtuoso’ e per rinnovarlo ha presentato una proposta di legge che il primo firmatario Alberto Gusmeroli spera possa essere assorbita nella manovra. Situazione simile per il bonus psicologo introdotto nel 2022. L’intenzione di rinnovarlo è condivisa ma servono i soldi: l’anno scorso sono stati stanziati 10 milioni che ora andranno nuovamente reperiti.

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