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Politica

Bagno di folla per il presidente Mattarella nei giardini del Quirinale, “resista e vigili!”

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“Sei la nostra garanzia. Mantieniti per il secondo settennato. Mantieniti in forza!”. Bagno di folla oggi ai giardini del Quirinale per Sergio Mattarella che, insieme alla figlia Laura, e’ sceso dai suoi appartamenti per salutare i quasi ventimila cittadini che hanno approfittato della splendida giornata per visitare lo storico parco del Quirinale. Il presidente della Repubblica si e’ trovato un’Italia multietnica e calorosa che ha inneggiato alla Repubblica e chiesto vigilanza al capo dello Stato. Mattarella ha salutato tutti, stretto migliaia di mani passeggiando nei giardini per circa un’ora. Gentile con tutti ha salutato ed ascoltato le richieste di molti, travolto soprattutto dall’affetto dei suoi compaesani siciliani, numerosissimi tra il pubblico. “Brava donna Laura”, hanno detto alcuni di loro salutando la figlia del presidente. “Siamo anche noi italiani”, gli ha invece detto una donna di colore con la figlia. Cosi’ come un ragazzo brasiliano gli ha ricordato le sue origini italiane. Una famiglia di peruviani e’ riuscita a porgere al presidente una copia della Costituzione che Mattarella ha autografato: “siamo i tipici peruviani e meno male che abbiamo lei”, gli hanno detto. “Questo e’ anche il mio Paese”, gli ha ricordato Nasra, una donna somala che da 25 anni vive in Italia E poi fotografie, tentati selfie, applausi e tanti, tantissimi “non mollare”, “resisti” e “vigila”. “Continui cosi’, mi raccomando non molli”, gli ha detto una donna anziana. Ma anche semplici frasi di chi si augura “un futuro migliore per l’Italia”. Non sono mancati alcuni isolati appelli politici: “lei e’ l’unica persona di fiducia che abbiamo. Tenga duro – gli ha detto una signora stringendogli lungamente le mani – e mandi via Salvini perche’ ci sta facendo andare indietro di troppo. L’Italia deve andare avanti!”. Poi gran finale con un cittadino che regala un enorme tricolore a Mattarella e un applauditissimo concerto della banda dell’esercito.

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Politica

Bertinotti: a Meloni avrei tirato un libro. Ira FdI

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Nuova polemica, ma questa volta sulle parole dell’ex presidente della Camera e ex leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti. Se fosse stato seduto ancora fra i banchi di Montecitorio avrebbe reagito alle parole di Giorgia Meloni su Ventotene “tirandole un libro”. Un atto per cui poi “si sarebbe condannato” – è la consapevolezza – e che lo avrebbe fatto espellere dall’emiciclo ma “a trasgressione” si risponde con “trasgressione”, dice intervistato su LA7. Fratelli d’Italia, già insorta per la lite fra Romano Prodi e una giornalista, protesta ancora più veementemente. Parlano in tanti, fra deputati e senatori: per il numero uno di FdI a Palazzo Madama, Lucio Malan, si tratta di un’attentato all’incolumità della presidente del Consiglio, mentre per il presidente del partito di Meloni alla Camera, Galeazzo Bignami, in questo modo “la sinistra mostra il suo volto peggiore’. Nostalgia “canaglia”, interviene il ministro Tommaso Foti: “nostalgia di una sinistra che sbaglia”.

E c’è chi, come il deputato Marco Perissa, chiede alla rete televisiva di “prendere le distanze”. Le critiche del centrodestra non dimenticano però Prodi. Incalzato sulle frasi del Manifesto di Ventotene lette dalla presidente del Consiglio, il Professore è stato protagonista di un litigio con una giornalista di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici. Che – secondo quanto sostenuto dalla stessa cronista – è arrivato a tirarle i capelli. “Solo una mano sulla spalla”, è stata la replica. Il filmato andrà in onda domani sera su Rete4, fa sapere la trasmissione: esprime solidarietà il sindacato Unirai, mentre la maggioranza continua a invocare un intervento dell’ordine dei giornalisti e della Fnsi. A distanza di 24ore dall’accaduto, a difesa dell’ex premier scendono in campo Enrico Letta e Gianni Cuperlo. Il primo lancia un hashtag: ‘IoStoConRomano”, il secondo è convinto si tratti di una “polemica sul nulla”. La speranza, aggiunge, è che “il tempo di qualche saggezza presto o tardi ritorni”. Difendono “l’indifendibile”, mette agli atti Fratelli d’Italia sui social. “Le pulsioni belliche hanno fatto perdere la testa alla sinistra”, chiosa la Lega.

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Politica

Bernini, decreto legislativo su riforma Medicina a breve in cdm

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“Ho dato 20 milioni e arriveranno altri fondi, la riforma non è a costo zero, il nostro sistema universitario ha la capacità di accogliere. Ho il decreto legislativo in canna, ho tutto pronto, la legge per ora è in vacatio e tra due settimane il decreto legislativo va in consiglio dei ministri, tutto è pronto”. Lo ha detto la ministra per l’Università e la Ricerca, Annamaria Bernini, parlando a ‘Che tempo che farà’ dei decreti di attuazione della riforma di Medicina.

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La ministra Calderone e le “lauree facili”: anomalie che mettono in discussione il suo percorso accademico

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Una laurea triennale che non risulta all’Anagrafe Nazionale degli Studenti del Ministero dell’Istruzione, esami multipli sostenuti nello stesso giorno – anche di domenica – in una università che non prevedeva corsi a distanza. È il cuore dell’inchiesta de Il Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio, che mette in discussione la regolarità del percorso universitario della ministra del Lavoro Marina Calderone (foto Imagoeconomica in evidenza).

Le dichiarazioni della ministra

«Lavoro e studio da oltre trent’anni», scrive Calderone sui social, replicando all’inchiesta pubblicata il giorno prima. E aggiunge: «Oggi un quotidiano ha trovato la prova della mia laurea, ossia il libretto universitario». Ma la ministra sorvola sul fatto che proprio Il Fatto Quotidiano, già due anni fa, aveva chiesto copia del libretto e del diploma, senza ricevere risposta né da lei né dalla Link Campus University.

Cosa emerge dai documenti ottenuti da Il Fatto

Secondo quanto ricostruito dal quotidiano, il corso triennale frequentato dalla ministra non risulta registrato all’Anagrafe Nazionale degli Studenti, l’unica banca dati ufficiale dei titoli di studio italiani. La Calderone ha dichiarato di essersi laureata il 12 novembre 2012, ma nel documento interno della Link da Il Fatto visionato, risulta «in corso al primo anno» del biennio nello stesso anno accademico. Come poteva essere iscritta a due corsi di laurea contemporaneamente?

Inoltre, la Libera Università di Malta, da cui dipendeva la Link Campus in quegli anni, non aveva ancora valore legale in Italia. Solo con un decreto firmato dall’allora ministra Gelmini il 21 settembre 2011, la Link viene riconosciuta ufficialmente.

Studente-lavoratore? Ma senza vincoli

La ministra ha giustificato la rapidità con cui ha sostenuto gli esami, anche più d’uno nello stesso giorno e durante i fine settimana, dicendo di essere una studentessa lavoratrice. Tuttavia, la Link non è un’università telematica: le lezioni e gli esami dovevano avvenire in presenza nella sede di Roma. Ma all’epoca Calderone esercitava la libera professione a Cagliari, senza orari rigidi né contratto dipendente, e ricopriva incarichi onorifici o in CdA che non le avrebbero impedito di sostenere esami nei giorni feriali.

Nel documento in possesso del giornale, inoltre, l’opzione “part-time lavoratore” risulta non selezionata.

Le incongruenze sui pagamenti

Un ulteriore punto sollevato riguarda le tasse universitarie. Dai documenti relativi al biennio magistrale risulta pagato un solo euro di bollo. Nessun’altra somma versata per rette o contributi.

Perché si iscrisse alla Link?

La ministra ricorda che è iscritta all’Ordine dei consulenti dal 1994, quando non era richiesta la laurea. Ma dal 2010l’obbligo fu esteso a tutti. E Calderone, già presidente del Consiglio Nazionale della categoria dal 2005, si iscrive alla Link proprio nel 2011. Secondo Travaglio, una decisione «comprensibile», ma non per questo immune da dubbi, soprattutto sulla regolarità del percorso formativo e sulla trasparenza dei documenti.

Le domande rimaste senza risposta

Nonostante le spiegazioni social della ministra, restano molte zone d’ombra:

  • Perché i dati della laurea triennale non sono registrati al Ministero?
  • Come ha potuto iscriversi al biennio senza un titolo formalmente riconosciuto?
  • Perché non mostra pubblicamente tutti i documenti?
  • Come è possibile che per l’intero biennio sia stato versato solo un euro?

Finché queste domande resteranno inevase, l’inchiesta del Fatto continuerà a sollevare perplessità su uno dei ministri più importanti del governo Meloni.

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