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Assist di Fauci per la riconferma di Trump alla Casa Bianca: il vaccino anticovid? Arriverà a ottobre

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“La sorpresa d’ottobre del vaccino” negli Usa “e’ possibile”. Cosi’ il super virologo della Casa Bianca, Anthony Fauci, rimette Donald Trump in partita, con un assist che potrebbe catapultare il presidente dritto al suo secondo mandato, a dispetto dello svantaggio a doppia cifra nei sondaggi contro lo sfidante democratico Joe Biden, a 98 giorni dall’Election Day. “Otterremo la vittoria sul virus sguinzagliando il genio scientifico americano”, dichiara trionfalmente il capo della Casa Bianca, dopo l’annuncio dell’americana Moderna sull’avvio della fase finale dei test, seguito a stretto giro di boa da quello di Pfizer. Le due societa’ hanno ricevuto quasi due miliardi di dollari di fondi federali nell’ambito della “Operation Warp Speed” lanciata da Trump per vincere la corsa al vaccino ed assicurarsi la rielezione. Che il ‘commander in chief’ puntasse al colpo grosso contro il Covid-19 non e’ un segreto. La novita’ e’ l’apertura sul vaccino disponibile tra ottobre e novembre del massimo esperto in materia: l’immunologo a capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases.

Anthony Fauci. Capo virologo della Casa Bianca

“Non posso garantire il successo – puntualizza Fauci – per questo si fanno i test clinici. Ma le premesse sono buone”. Attualmente sono circa 25 i vaccini nella clinica, quella dei test sull’uomo, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanita’ mentre le infezioni negli States sono oltre 4,2 milioni e i morti quasi 150 mila. In gara ci sono pure i cinesi, la corsa alle armi contro il coronavirus e’ una questione di supremazia geopolitica. Morgan Stanley stima che il vaccino potrebbe garantire a chi lo scopre per primo fino a 30 miliardi di entrate all’anno nella fase iniziale di immunizzazione. In America “abbiamo fatto incredibili progressi”, dichiara Trump, volato ieri nella sede della Fujifilm Diosynth Biotechnologies a Morrisville, nella Carolina del Nord, poche ore dopo la notizia della positivita’ di uno dei suoi piu’ stretti collaboratori, l’advisor per la sicurezza nazionale Robert O’Brien. Il luogo della visita non e’ stato scelta a caso: la societa’ biotech del North Carolina si e’ aggiudicata un contratto finanziato dalla Casa Bianca per sviluppare il vaccino sperimentale di Novavax, con l’obiettivo di portare sul mercato 300 milioni di dosi entro gennaio del prossimo anno. I senatori repubblicani hanno intanto accolto la proposta del presidente di finanziare (con quasi 2 miliardi di dollari) la costruzione di un nuovo palazzo per l’Fbi, al posto dell’edificio Edgar Hoover che si trova proprio di fronte al Trump Hotel di Washington. “Non hanno i soldi per i buoni pasto ma hanno i soldi per un nuovo edificio dell’Fbi in modo tale da ridurre la concorrenza al Trump Hotel, in modo tale che nessuno possa costruire un albergo dall’altra parte della strada”, insorge la Speaker della Camera Nancy Pelosi, bocciando il pacchetto di aiuti da circa mille miliardi presentato dai Senatori repubblicani e definito dai dem “totalmente inadeguato”.

Il piano vale un terzo rispetto a quello licenziato dalla Camera. Prevede 16 miliardi di nuovi fondi per i test, 105 miliardi per la riapertura delle scuole, 5 anni di scudo legale per cause legate al coronavirus, nuovi prestiti agevolati per le piccole imprese e un taglio da 600 a 200 dollari a settimana dei sussidi federali straordinari per chi ha perso il lavoro. Confermati gli ‘Helicopter Money’ con un nuovo round di assegni a pioggia fino a 1.200 dollari. “I repubblicani al Senato hanno proposto un’altra coraggiosa misura per aiutare la nostra nazione”,afferma il leader di maggioranza Mitch McConnell, che prima ancora di convincere i dem deve guadagnarsi il sostegno dell’ala destra del suo partito. “Il focus del provvedimento e’ sbagliato”, ammonisce il texano Ted Cruz, “per come si presenta ora penso che ci sara’ un bel numero di repubblicani contrari”, praticamente la meta’. Il nuovo pacchetti di stimoli economici, il quinto dall’esplosione della pandemia negli Usa lo scorso marzo, e’ probabilmente l’ultimo prima delle elezioni di novembre e nei prossimi 98 giorni puo’ ancora succedere di tutto, soprattutto quando di mezzo c’e’ The Donald. Solo nel 2016 le sorprese d’ottobre furono almeno quattro. L’8 ottobre il Washington Post divulgo’ un audio volgare e sessista dell’allora candidato Trump per il quale fu costretto a chiedere scusa. Il 10 ottobre il tycoon rispose organizzando una conferenza stampa con una donna che aveva accusato l’ex presidente Bill Clinton e allora aspirante ‘first husband ‘ per poi rilanciare le accuse durante in dibattito presidenziale contro Hillary.

La vera bomba arrivo’ il 28 ottobre quando l’ex capo dell’Fbi, James Comey, comunico’ al Congresso l’apertura di un nuovo dossier sulle email inviate da Hillary Clinton utilizzando un server di posta personale mentre era segretario di Stato. “Se l’elezione si fosse svolta il 27 ottobre – commento’ poi Hillary – oggi io sarei presidente”, ossia, per dirla con l”autostoppista intergalattico’ Douglas Adams, “tutto cio’ che accade, accade” e “non necessariamente in ordine cronologico”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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