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Assedio ai Pronto soccorso,’migliaia attendono ricovero’

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Assedio ai Pronto soccorso, al Nord come al Sud. L’aumento dei casi di influenza e di Covid ha fatto andare in tilt il sistema delle emergenze in varie realtà, e sono migliaia i pazienti in attesa di ricovero costretti a sostare ore o giorni proprio nei Pronto soccorso (Ps), sempre più affollati. I posti letto ospedalieri ormai scarseggiano ed è riesploso il fenomeno preoccupante delle ‘barellopoli’: ambulanze del 118 bloccate davanti ai nosocomi con le barelle che diventano letti provvisori per i malati. È una situazione critica quella descritta, in questi giorni di festività natalizie, dai medici del 118 e della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu). Costretti a turni no stop per fronteggiare l’emergenza, per la maggioranza le ferie sono “un lusso”.

La Regione Lazio ha chiesto ai direttori generali delle Asl di richiamare i medici al lavoro dalle ferie per ridurre i disagi. Solo nel Lazio, spiega il presidente Simeu Fabio De Iaco, “i pazienti in attesa di ricovero nei Ps sono al momento oltre 1.100; arrivano a 500 in Piemonte, mentre in Lombardia i ricoveri ordinari sono stati sospesi proprio a causa del sovraffollamento”.

A Napoli, l’ospedale Cardarelli è sotto pressione: solo il primo gennaio sono stati 209 gli accessi al Pronto soccorso, di cui 16 codici rossi. “A livello nazionale – rileva De Iaco – stiamo registrando una fortissima pressione su tutti i Ps ed in varie regioni sono stati attivati i piani contro il sovraffollamento. Sono mirati al reperimento di ulteriori posti letto ma, dal momento che i posti letto ospedalieri sono cronicamente insufficienti, in pratica non si può fare altro che sottrarre letti ad altre specialità come ad esempio la chirurgia. Il problema, ovviamente, non si risolve in questo modo e chiediamo misure strutturali”.

Soprattutto durante queste festività natalizie, avverte il presidente Simeu, “stiamo cercando di garantire il servizio, ma ci troviamo in una situazione di difficoltà estrema”. Basti pensare che sono moltissimi i medici di Ps che non hanno potuto riposarsi nè a Natale nè a Capodanno: “A Torino ad esempio – prosegue – non abbiamo previsto ferie nel periodo natalizio. I medici non bastano e non c’era possibilità di mandarli in ferie. In alcuni casi, si è potuto garantire il riposo almeno per una delle festività, ma nella grande maggioranza i medici a Torino hanno lavorato senza interruzioni in tutto questo periodo. Le ferie, se qualche azienda ospedaliera è riuscita a prevederle, rappresentano ormai un lusso”. Ma per ridurre la pressione sui Ps, propone il presidente della Toscana, Eugenio Giani, “una strada sarà quella di aprire centri di primo soccorso nelle Case di comunità”.

Intanto, la richiesta continua a crescere ed a prevalere sono le patologie respiratorie, soprattutto tra gli anziani: “Il Covid è in leggera flessione nell’ultima settimana, mentre l’influenza imperversa”. Da qui l’invito di De Iaco a vaccinarsi: “C’è ancora tempo, sia contro l’influenza che il Covid, ed è importante farlo. Dopo la festa della Befana riapriranno infatti le scuole e prevediamo un ulteriore incremento dei casi”. De Iaco invita anche ad “essere responsabili”: “Non andare in Ps per febbre o tosse, ma rimanere a casa e contattare il medico di base. Venire solo per difficoltà reali”. Critica pure la situazione del 118. A dicembre, rispetto al mese precedente, si è registrato “un aumento di almeno il 50% delle richieste di soccorso a causa del Covid ma, soprattutto, per casi di influenza gravi con complicanze respiratorie”, sottolinea il presidente della Società italiana sistema 118, Mario Balzanelli.

Le persone chiedono soccorso al 118 e questo “sta determinando una situazione di intasamento con il fenomeno delle ‘barellopoli’: le ambulanze arrivano cioè negli ospedali – spiega – ma non possono lasciarvi i pazienti per mancanza di posto. I pazienti restano così sulle barelle nei mezzi di soccorso fuori dagli ospedali per ore e questo porta di fatto ad un blocco dell’attività del 118”. Attese e disagi che accrescono la tensione nei confronti dei medici che, anche in questi giorni, sono stati il bersaglio di inaccettabili violenze: 6 le aggressioni a medici e sanitari nei Ps, denuncia il sindacato degli infermieri Nursing up, solo fra Natale e Capodanno.

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Prostituzione: adescavano minorenni, 10 arresti a Bari

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Avrebbero indotto, favorito, sfruttato, gestito ed organizzato la prostituzione di tre ragazze minori d’eta’. Per questo dieci persone – quattro donne e sei uomini, tutti finiti in carcere – sono stati arrestati dagli agenti della squadra mobile di Bari. Per due clienti, di anni 47 e 42 che, consapevoli della minore d’eta’ delle ragazze non hanno esitato a consumare rapporti sessuali con loro, in cambio di danaro, sono scattati gli arresti domiciliari.

Per un terzo cliente 55enne l’obbligo di dimora nel Comune di residenza. Medesima misura cautelare e’ stata disposta nei confronti di un 45enne barese, gestore di una struttura ricettiva nella quale tollerava l’esercizio abituale della prostituzione. Le indagini sono partite nel marzo 2022 a seguito della denuncia presentata dalla mamma di una 16enne, che ha notato comportamenti anomali nella figlia e riscontrato la sua frequentazione con una maggiorenne, descritta dalla voce pubblica come escort operativa nelle Marche.

I pedinamenti, gli appostamenti, le intercettazioni, una pluralita’ di audizioni, comprese quelle delle minori coinvolte nella prostituzione, eseguite con l’ausilio di psicologhe, hanno consentito di acquisire gli elementi investigativi. I fatti si sono consumati in alcune strutture ricettive, anche di lusso, delle province di Bari e BAT, a partire dal mese di ottobre del 2021.

Le minorenni, all’epoca 16enni, sono state adescate ed introdotte nel mondo della prostituzione con la promessa, riscontrata, di facili guadagni, ove si consideri che alcuni clienti hanno pagato anche centinaia di euro per singole prestazioni sessuali. Il danaro guadagnato con la prostituzione veniva utilizzato, dalle ragazze, per acquistare abiti, borse e cenare in ristoranti costosi, adottando le cautele utili a non far scoprire ai propri parenti le cospicue disponibilita’ economiche e gli acquisti eseguiti.

Per la gestione dell’attivita’, venivano utilizzate utenze telefoniche dedicate, inserite in appositi annunci on line; vi era chi provvedeva alla prenotazione delle strutture ricettive, chi accompagnava le ragazze nelle camere e chi riceveva le telefonate dei clienti, fissando gli appuntamenti. Le maggiorenni arrestate e il 29enne barese sfruttatore attendevano in stanze attigue che le minorenni terminassero le loro prestazioni, per ricevere personalmente il danaro dai clienti e corrispondere alla ragazze la quota loro spettante, corrispondente al 50% della somma ricevuta.

Tra gli indagati anche professionisti.

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Ergastolo per Alessia Pifferi, ‘ha ucciso la figlia’

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Ergastolo. Alessia Pifferi (nella foto sotto) è stata condannata al massimo della pena per l’omicidio della figlia Diana di un anno e mezzo, lasciata a casa da sola per sei giorni e morta di stenti. Lo ha stabilito la Corte di Assise di Milano, accogliendo la richiesta del pm Francesco De Tommasi. “È un dolore atroce”, ha commentato la mamma di Pifferi, Maria Assandri, subito dopo la lettura del dispositivo. “Si è dimenticata di essere una madre. Deve pagare per quel che ha fatto. Se si fosse pentita e avesse chiesto scusa… Ma non l’ha fatto”. La piccola Diana era stata trovata morta il 20 luglio del 2022, quando Pifferi era rientrata nella sua abitazione di via Parea a Milano dopo quasi una settimana.

Il tardo pomeriggio del 14 luglio era partita per la provincia di Bergamo, dove abitava il suo fidanzato dell’epoca, lasciando la bimba nel lettino con soltanto un biberon e una bottiglietta d’acqua. Tra le aggravanti che le venivano contestate, la Corte ha escluso quella della premeditazione, riconoscendo invece quelle dei futili motivi e dell’aver commesso il fatto ai danni della figlia minorenne. I giudici, presieduti da Ilio Mannucci Pacini, hanno poi condannato la 38enne a versare provvisionali da 20mila e 50mila euro rispettivamente alla sorella Viviana e alla madre Maria, entrambe parti civili nel processo. L’udienza si è aperta questa mattina con l’intervento dell’avvocato di parte civile Emanuele De Mitri, al quale è seguita l’arringa del difensore Alessia Pontenani. Il legale, che aveva chiesto l’assoluzione perché “è evidente che non volesse uccidere la bambina”, ha ricostruito la storia di Pifferi dall’infanzia al giorno in cui è uscita di casa, lasciandola sola per l’ultima volta. “Non ha mai voluto uccidere la figlia. Esiste il reato di abbandono di minore ed è il nostro caso”.

Pifferi, che già in passato aveva lasciato a casa la bimba per andare dal compagno per il weekend, “lo ha commesso più volte”. Per il difensore, “non è una psicotica, ma una ragazza che è cresciuta in assoluto isolamento morale e culturale”. Da piccola “ha subito abusi, è stata vittima di violenza assistita, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, è vissuta senza avere un lavoro, era in condizioni di estrema indigenza. Partorisce in un bagno, non sa di essere incinta. Una donna cresciuta in questo modo può non avere problemi?”. La perizia psichiatrica eseguita nel corso del processo dallo specialista Elvezio Pirfo aveva però accertato che la 38enne era capace di intendere e volere al momento dei fatti. Un aspetto, questo, che è stato sottolineato anche dal pm Francesco De Tommasi, replicando che Pifferi “non ha nessun deficit”. Per il pm “c’è una sola vittima e si chiama Diana. E c’è una bugiarda e un’attrice, che è Alessia Pifferi”. Lo stesso pubblico ministero, fuori dall’aula dopo la condanna, ha sottolineato che si tratta di “una sentenza giusta, la prima tappa per l’accertamento della verità. Ci ho sempre creduto – ha detto – e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima”. Della stessa idea è la sorella Viviana Pifferi: “penso che i giudici abbiano fatto quello che è giusto – ha osservato -, perché per me non ha mai avuto attenuanti, non è mai stata matta o con problemi psicologici”. L’avvocato Alessia Pontenani ha già fatto sapere che farà ricorso e che chiederà “la riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia”. Pifferi “era molto dispiaciuta per l’atteggiamento della sorella e della mamma” le quali “quando il presidente ha detto ‘ergastolo’ hanno festeggiato”. “Alessia – ha riferito – ha pianto tantissimo”.

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Errore del macchinario, falso alert blocca aeroporto Bologna

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Cancellazioni e ritardi in partenza, voli in arrivo dirottati su altre destinazioni. È il bilancio del pomeriggio di passione dell’Aeroporto Marconi di Bologna, le cui operazioni sono state sospese dalle 15 fino alle 16.15 dopo che è scattato un allarme sicurezza. Tutto è nato da “un errore di lettura”, come ha poi spiegato la Questura di Bologna, di un controllo di un bagaglio, “causato da un nuovo macchinario arrivato di recente” allo scalo bolognese. “Per un errore umano o tecnico”, a quanto ha precisato la polizia, è stato “creato un alert” perché sembrava che nel bagaglio di un passeggero “ci fosse la sagoma di una pistola”. Nella valigia, però, non è stato trovato nulla, anche se poi sono continuati gli accertamenti da parte della polizia di frontiera. Pesanti le conseguenze sull’operatività dello scalo. Sono stati bloccati tutti i voli in partenza dopo le 14.30 e alcuni sono stati cancellati, mentre diversi sono partiti con pesanti ritardi. Alcuni voli in arrivo sono stati dirottati su altri aeroporti. Complessivamente, comunica la Questura di Bologna, sono stati cancellati nove voli. Altri undici sono stati dirottati su altri scali nazionali e diciotto voli hanno subito un paio di ore di ritardo: in totale, quindi, hanno subito disagi di vario genere i passeggeri di almeno 38 aerei. Il pomeriggio di passione del Marconi è arrivato in un periodo in cui l’Aeroporto si trova ad affrontare diversi cantieri, tra cui la riqualificazione dell’area di sicurezza a passaporti: qui si sta portando avanti l’inserimento delle nuove macchine radiogene standard 3, che consentono di non togliere liquidi dai bagagli, e la riqualificazione dell’area partenze Schengen. Disagi che hanno portato il Marconi a chiedere ai passeggeri di presentarsi con tre ore di anticipo: in cambio, dall’1 maggio, l’Aeroporto offre il caffè a chi deve presentarsi tra mezzanotte e le 4.

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